Fenomenologia del palco di sinistra

Fenomenologia del palco di sinistra UN SIMBOLO DELLA POLITICA SOPRAVVISSUTO ALL'ERA DELLA TELEVISIONE Fenomenologia del palco di sinistra Litigi, drammi e canzonette da Menni a De Gregari là storia Filippo Ceccarelli VA da sé che il palco con D'Alema è una cosa; montr" quello senza D'AJema come dimostrano le recrimina�zioni di quest'ultimo, lasciato solo solo al Bottegone mentre Prodi e Veltroni brindavano sul palco, ap lunto, di piazza Santi Apostoli la notte della vittoria dell'Ulivo è tutta un'altra cosa. Dell'allora segretario del Pds i due vincitori si ricordaro�no con qualche ritardo, il che senz'altro contribu�a farlo sent ire meno vincitore. Inoltre il palco con D'Alema che parla sarebbe stata, in astratto, una prima variante; mentre il palco con D'Alema che c'è, ma sta zitto, avrebbe costituito un'altra sotto-varian�te che comunque conferma l'im�portanza e il potenziale fattore di litigiosità di queste emintenti costruzioni in tubi Innocenti ricoperte di drappi e compensa�ti, autentici ripiani di sorprese, croce e delizia delle coalizioni. Se di solilo, infatti, i palchi riescono a far litigare anche dopo le vittorie, figurarsi pri�ma delle elezioni. Giusto per restare a piazza Navona, dove venerd�si riuniranno i segreta�ri del centrosinistra, è bene sapere che proprio qui si river�sò quasi spontaneamente un fiume entusiasta di folla dopo il trionfo referendario del 18 apri�le 1993, alba fondante della Seconda Repubblica. Ebbene, l�sotto, al momento di decidere chi doveva montare sul palco, e chi doveva parlare, si pose il problema di Occhetto, di Pan�nella e di troppi altri che intima�vano al povero Segni: «Se parla lui, scendo io». Fini che a parla�re fu il solo Segni, mentre De Gregori cantò «Addante, adelante, c'è un uomo al volante». Quanto a palchi acrimoniosi, del resto, piazza Navona non ha mai deluso. Sempre qui venne a riunirsi, nel maggio del 1974, il fronte vittorioso dei divorzisti, con i pannelliani in testa. Sennonché la loro presen�za risultò ai comunisti cos�ostica, nel', stile di vita e nelle convinzioni politiche, da ispira�re a Maurizio Ferrara addirittu�ra un sonetto in cui si descrive�vano i radicali come «'na mani�ca de gente assai lasciva/ finoc�chi e vacche ignudo alla Godiva». Quindi il poeta del Pei incontrò il «sor Paolo» Bufalini, cui attribu�la seguente consta�tazione: «Ce tocca vince pure pe' sti strnz»... A piazza del Popolo, alla chiusura della campagna, era andata meglio. Non c'era Pan�nella, ma per la prima volta tutti gli altri leader laici: Non�ni, Berlinguer, La Malfa, Saragat, Malagodi. Quest'ultimo fu fischiato, ma quello fu il primo vero palco trasversale. L'anti�divorzista Fanfani si guardò bene di organizzare un palco con i missini di Almirante. Altri palchi, violenti, dram�matici, o tragici, accompagna�rono la vita della Prima Repub�blica. Il palco mobile, montato all'università di Roma su un camioncino rosso (1977), dal quale il capo dei sindacati Lu�ciano Lama fu costretto a fuggi' re sotto una pioggia di bulloni, sassi, bastonate. Palchi di fune�rali dopo stragi, folle livide, fischi di rabbia alle autorità, ministri pallidi come cenci, e Pertini (a Bologna, piazza Mag�giore, 1980) con tutte e due le mani sulla balaustra, quasi a proteggere il sindaco Zangheri. Poi quel palco di Padova (1984), e Berlinguer che si sen�te male, ma continua a parlare, estrema testimonianza della nobiltà e dei costi terribili della politica. I cui palchi, di li a poco, cominciarono ad animarsi, a colorarsi, a stravolgersi nella musica, nello spettacolo, negli effettacci. L'onorevole Cicciolina (1987) fa vedere la teltina; «Cavallo pazzo» Appignani, di�sperato, si spoglia nudo, i jeans alle caviglie, prima che gli agenti se lo portino via. Ci si potrebbe quasi scrivere la sto�ria d'Italia, sui palchi, dai pal�chi e intorno ai palchi, seguen�done le evoluzioni, pure nel senso delle acrobazie arcìnlettoniche: dalle povere tribune, però altissime, ai piani-scenici congressuali che s'infittivano di simboli, templi, piramidi, muri, arcobaleni, maxi-scher�mi, fino a sagomarsi definitiva�mente sulle esigenze televisi�ve. Per cui oggi l'ultimo vero palco è quello del «Costanzo Show», preferibilmente nella formula rnonocratica e iperpersonalizzala «Uno contro tut�ti». L'impressione è che nella Seconda Repubblica ci siano sì, ormai, mezzi-palchi e palchi usa-e-getta, ma che proprio tale caratteristica ne incremen�ti le potenzialità teatrali, riser�vando ai nipotini dei gloriosi tavolati di una volta la garan�zia dell'imprevisto e dell'imprevedibile visivo. Così, ecco, al congresso del Cdu Buttiglione sparecchia e viene un prete e gli celebra la messa; la Pivelli si presenta a sorpresa in cami�cia verde (ma in seguito, a Venezia, per la fondazione del�la Padania Bossi pretende l'abi�to scuro); e Cossiga, dribblata la vigilanza con la scusa della pipì, sale ed espugna il palco del congresso di An a Verona; e Berlusconi ha un malore e poi: «Mi dispiace per chi ci ha sperato, ma sono nel pieno delle forze»; e Di Pietro, un giorno, a Sannicandro Garganico addirittura sparisce, nel bel mezzo di un palco, con un mazzo di fiori ki mano, inghiot�tito in una specie di botola. E c'è anche «Striscia la notizia». I casi sull'altro fronte: i malori di Berlusconi II «trucco» di Cossiga per dare l'assalto alla tribuna di An 13 maggio 74: il correlo dopo la vittoria al referendum sul divorzio in piazza Navona Enrico Berlinguer si sente male durante un comizio a Padova il 7 giugno 19B4

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