«Ho pianto di più per il mio cane»

«Ho pianto di più per il mio cane» «Ho pianto di più per il mio cane» Il nipote: la mia famiglia ha pagato troppo Litio Abbate PALERMO «Basta. Per noi è un argomen�to chiuso, non ci interessa, non vogliamo più saperne di quell'uomo a cui sono legati i ricordi più atroci della nostra famiglia». Il tono deciso di Arturo Buscetta, 54 anni, ni�pote di don Masino sembra non lasciare spazio alle do�mande dei giornalisti. Nell'uf�ficio della vetreria dove il 29 dicembre 1982 furono assassi�nati Vincenzo Buscetta, fra�tello del pentito e il figlio Benedetto, fratello di Arturo, il lavoro prosegue regolar�mente, la notizia della morte di don Masino non li ha sconvolti, né li ha turbati, anzi, Arturo Buscetta tiene a sottolineare di essere «tran�quillo e indifferente». «Ripeto dice il nipote del pentito a noi non ce ne frega proprio nulla che quell'uomo sia morto. Pregheremo per la sua anima. Nei giorni scorsi ho pianto per la morte del mio cane, sa era uno chowchow a cui mi ero affeziona�to. Adesso dirle che ho pianto per la morte di quest'uomo le darei troppa confidenza... Quando muore una persona, certo, dispiace ma la cosa più importante è che non faccia danno anche da morto». Sono parole dure che il vetra�io scarica con rabbia sulla memoria dello zio che non lo chiamerà mai per nome. Ma più che di don Masino il nipote ha un groppo alla gola per i suoi affetti più cari: «Mio padre, mio fratello, mio zio Pietro ed i miei cugini, per loro certo che ho pianto...». «La mia famìglia ha pagato il prezzo più alto continua prima la guerra fra le cosche per la quale sono stati assassi�nati i suoi due figli e poi la vendetta per il pentimento che ha prodotto nella nostra famiglia vittime innocenti. Eppure anche Leoluca Bagarella aveva un pentito in famiglia, ma non gli è stato fatto nulla. O ancora Salvato�re Cancemi ha tanti familiari a Palermo che continuano a lavorare senza subire vendet�te trasversali». Non crede che la decisio�ne storica che Tommaso Buscetta ha preso nell'ai, iniziando la collaborazio�ne con Falcone, è stato un atto di grande coraggio? «Questo lo pensa lei. Lui ha pensato solo a se stesso. Noi siamo rimasti qui, come carne da macello. E a distanza d�tredici anni dall'ultimo delit�to hanno assassinato mìo cugi�no Domingo, uno strano omici�dio che non penso sia stato fatto per vendetta. In fondo però, vada come vada sono sempre Buscetta ad aver paga�to». Quando avete interrotto i rapporti? «Neir82 subito dopo la scom�parsa dei miei cugini, cioè dei suoi figli. Ma questa decisione di slare per i fatti nostri, di non essere coinvolti nelle sue vicende non ha salvato la mia famiglia. Qualche mese dopo cominciarono le vendette tra�sversali». Eda allora non avete mai avuto nessun contatto, una telefonata, una lette�ra... «Mai. Forse perché lui sapeva che noi non lo avremmo mai accolto a braccia aperte. Non avevamo interesse a parlare con quest'uomo di cui ho solo il vago ricordo di quando nel '72 era rinchiuso nel carcere del Lucciardone ed io avevo appena sedici anni. Da allora ha girovagato per le carceri italiane e por il mondo. I miei ricordi di quest'uomo sono legali solo ad atroci fatti di cui ha sofferto la mia fami�glia». La morte di don Masino rappresenta l'ultimo capi�tolo di questa storia? «Ripeto, e una vicenda che non mi interessa. Questa sto�ria stiamo cercando, ed è difficile, d�lasciarcela alle spalle anche se sono convìnto che anche quando non ci sare�mo più se ne continuerà a parlare». Suo zio desiderava essere sepolto a Palermo. Se le avessero chiesto di trova�re un posto nella tomba di famiglia cosa avrebbe ri�sposto? «Non ci penso proprio. Non è un problema che mi sono posto. Credo che il suo corpo sìa distante da Palermo ore e ore di aereo e poi ci sono tanti cimiteri in cui può trovare sepoltura». «Lui ha pensato solo a se stesso, noi siamo rimasti qui come carne da macello» ì*r mIl luogo dove (u ucdso Domenico Buscetta

Luoghi citati: Falcone, Palermo