Dal «tintinnar di sciabole» al «Pappa-golpe» di Filippo Ceccarelli

Dal «tintinnar di sciabole» al «Pappa-golpe» Dal «tintinnar di sciabole» al «Pappa-golpe» Il colpo di Stato «bianco», intramontabile mito italiano Filippo Ceccarelli PECCATO. Ancora 24 ore e la rivelazione dell'ennesimo golpe sarebbe splendidamen�te caduta il primo d�aprile. Scherzare sui colpi di Stato, per fortuna, in Italia ancora si può. Quest'ultimo presunto o preteso putch si presta anche dal punto di vista nominale, suonando «Pappagolpe» in modo addirittura rassicu�rante. La formulazione, oltretutlo, ha una sua rinomanza, anche postuma, che rinvia all'inìzio de�gli anni Novanta e al povero onore�vole de Vittorio Sbardella, allora potente e assai disinvolto capo della de romana (il «partito del mattone» si diceva) che, incrocia�to l'allora colonnello Pappalardo in certe indagini su amministrato�ri tangentari di Ostia e dei castelli, prese a chiamarlo con irridente rassegnazione «Pappadopulos». Com'è ovvio, prima d�diventa�re sindacalista dei carabinieri, poi politico lanche sottosegretario per pochi giorni) e d�nuovo sindacali�sta. Pappalardo faceva semplice�mente il suo dovere investigativo: quanto bastava tuttavia a Sbardel�la, detto anche «lo Squalo», per associarlo a Geofgios Papadopulos, leader d�quei colonnelli che in una notte del 1969 avevano tra�sformato la Grecia in una spietata dittatura militare. Qui in Italia, invece, di dittatu�ra militare non s'era vista nean�che l'ombra. O almeno: molto, forse troppo s'era parlato di golpe all'indomani delle rivelazioni del�l'Espresso sul piano Solo, il genera�le De Lorenzo e i tentativi d�piegare il Psi durante la crisi di governo dell'estate del 1964,quan\ do il vicepresidente del Consiglio Pietro Nonni, che era pure lui un grande giornalista, straordinario coniatore d�formule destinate a colpire la fantasia, denunciò un generico «tintinnare di sciabole» ai vertici della Repubblica (la lettu�ra dei diari nenniani, per la verità, risulterà poi piuttosto deludente). E tuttavìa il colpo d�Stato entrò nella seconda metà degli Anni Sessanta nell'immaginario politico italiano: processo, com�missione Sifar, omissis, misterio�sa lista degli «enucleandì», che poi sarebbero stati quelli da deporta�re nelle ìsole Eolie o a Capo Marrargìu, non s'è mai capito bene. Per certi versi fu una paranoia soprattutto d�palazzo. Pare che una delle figlie d�un polente uo�mo d�governo democristiano si coricasse con un fucile flobeit sotto il letto; e che d�tanto in tanto, sulla base d�misteriosi avvi�si che probabilmente arrivavano dai soldati d�leva iscritti al Pei, diversi capi comunisti andassero a dormire fuori casa. Eppure se ne rideva pure allora, alludendo a riuscite scuse per scappatelle, o recitando la barzelletta del mìniSiro socialista che informato su un riuscito colpo d�mano dei generali chiedeva: «E a noi quanti ce ne toccano?». Per la verità, un po' le stragi raffreddarono l'umorismo. Ma quando in modo abbastanza for�tuito (pare ne slessero parlando due giudici mentre facevano pip�nei bagni del Palazzo di Giustizia, e un giornalista ebbe la rivelazio�ne) si venne a sapere del golpe architettato per la notte dell'Im�macolata Concezione (8 dicembre) del 1970 dal principe nero Valerio Borghese, beh, insomma, non è che ci fosse proprio da tremare perla democrazia in Italia. Avvenne certamente qualcosa di poco chiaro: un'invasione del Viminale, un mitra rubalo come prova, un «contrordine» giunto all'ultimo minuto non si sa da chi, una strumentalizzazione falla di notìzie spifferate, dossier conse�gnati e politici alla ricerca d�nuo�ve collocazioni. Ma di quel golpe lì, dove molli congiurali avevano una certa età, e ingannavano l'at�tesa in certe palestre per pugili suonati, resta soprattutto la foto dell'unico corpo militare che allo�ra certamente si mosse: la Guar�dia Forestale d�Cilladucale guida�la dall'indimenticabile colonnello Berti, fotografalo mentre sfilava marziale, con pizzelto e spadone. Quindi un grande film d�Luciano Salce «Vogliamo i colonnelli» con un grandissimo Tognazzi, nei panni dell'uomo d'azione alle pre�se con nobildonne procaci, genera�li svaniti e manovalanza fascista di inaudita stupidità. Ma come avviene spesso in Italia, l'aspetto graziosamente pa�rodistico non imped�l'entrata a pieno titolo del golpe nella cultura politica del Paese. Accesso agevo�lato dall'aggettivo «bianco», cioè non cruento, ai limiti dell'islituzionalilà; aggettivo che, utilizzato per la prima volta ai danni di Edgardo Sogno, presto si rivelò l'indispensabile lasciapassare per il successivo e compiuto slravolgimenlo del concetto. Da un ceno momento in poi, infai li, e per il ventennio a seguire il golpe diventa in Italia altro da se: un grido d'allarme, una minac�cia strumentale, im richiamo an�siogeno e preventivo, insomma un modo per denunciare che gli altri sono cattivi e stanno facendo o hanno fatto qualcosa di losco. Per intendersi: nell'ottobre scorso, all'indomani della senten�za che assolse Andreotti, sia pure nelTindiiTerenza generale Buttiglione chiese conio «del colpo di Stato giudiziario che ha terremota�to la politica italiana». Indifferen�za, c'è da aggiungere, ampiamen�te giustificata; e non solo perché lo slesso Buttighone quattro anni prima aveva denunciato il rischio di un golpe («bianco») nel caso come reclamava il Polo fossero stale anticipato le elezioni. Se si esclude Gianfranco Fini, che una volta ha confessato d�provare fastidio perla panila, non c'è leader e non c'è partito o partitino che negli ultimi sette-ot�to anni non abbia gridato, come nella favola, «al golpe! al golpe!». Occhetto e D'Alema non si rispar�miarono di fronte alle picconate di Cossiga; un po' tulli, anche ai vertici delle istituzioni, saltarono su con la stessa parola dopo l'as�sassinio di Lima (il Viminale, sulla base di un nolo pallonaro, fece una circolare su un piano di desta�bilizzazione); i leghisti potevano mancare? scattarono su certe manovre militari («operazione Superga»); quindi part�Craxi contro Mani Pulite, «golpe travestito da rivoluzione» e poi Mancuso, che dilatò e adattò il concetto di colpo di Stato a un'alleanza Pds-procure. Lo stillicidio, comunque, non imped�nel frattempo il lancio in grande stile e il rilancio a più riprese del golpe evocato da Dona�tella Di Rosa, non a caso «Lady Golpe», con ricaduta anche di veli in tv e su Playmen. V. la denuncia, poco dopo, di un golpetto un [xi' slral.inato che prevedeva lo sgan�ciar tento ili una bimba al neutro�ne su Montecitorio e un assalto di Mig a Saxa Rubra In attesa del «Pappa-golpe» pre-elettorale del�l'anno Duemila. Tutto cominciò negli Anni 60 con le rivelazioni dell'Espresso su De Lorenzo e il «piano Solo» Scoppiò la psicosi e pare che diversi capi comunisti andassero a dormire fuori casa E negli ultimi 7-8 anni non c'è partito o partitine che non abbia gridato all'allarme. Occhetto e D'Alema reagirono cos�alle picconate di Cossiga, Craxi a Tangentopoli, Mancuso all'alleanza tra il Pds e le procure Un'immagine di carabinieri

Luoghi citati: Grecia, Italia, Lima