«Noi serbi, avvelenati nell'anima e nel corpo» di Giuseppe Zaccaria

«Noi serbi, avvelenati nell'anima e nel corpo» IL GRIDO DELL'ECOLOGISTA UN ANNO DOPO LA GUERRA DEL KOSOVO «Noi serbi, avvelenati nell'anima e nel corpo» personaggio Giuseppe Zaccaria invialo a BELGRADO-" OGCI la Patria ó come una madre violentala: non puoi condannarla ma non riosci ad amarla dol tulio. E' una frase di Djordjo Halasovic, il cantautore, e secondo me rappresenta la sintesi perfetta dol momento che viviamo», liceo un rappresentante della terza, grande categoria umana nella quale, a un anno dalla guerra, i serbi si sono naturalmente suddivisi. Quella dogli sperduti. «Siamo il Paese più inquina�lo dol mondo, avvelenalo nello nienti e nell'aria, nell'acqua, nel cibo e nello speranze. Pochi giorni fa ho visitato la raffinerìa di Novi Sad, bombardala ventuno volto, ho visto i prospolli d'interazione biologica, li' una cata�strofe che non si formerà più...». Dojan Zagorac, 35 anni, ecologista, oggi incarna la sintesi dell'uomojugoslavo nel dopoguerra, un miscuglio perfettamente dosato di disperazio�ne, povertà e smarrimenlo. Forse il suo sguardo è più sconsolato di ([nello degli altri perché incornicia le trage�die personali in un dramma ancora più irreparabile e complessivo, quello di un Paese che, come dice lui, «era uno sterminato succedersi d�oasi naturali e oggi è un tappeto di veleni. Una sorta di paradiso naturale é slato condotto a forza verso l'unico tipo di globalizzazione che sia mai toccala all'Est Europa: quella dei disastri ambientali». La rivista che dirige, «Zaslila» ossia «protezione», unico giornale ju�goslavo che si occupi di ecologia sull'ullima copertina ha una verde foresta dalla quale spuntano enormi fiori radioattivi. «Ho cercato a lun^o di capire se e fino a che pimlo l'uranio impoverito disseminato attraverso il Paoso influirà sul nostro futuro. Pochi giorni fa il segretario generale della Nato ha ammesso che sulla Jugosla�via sono slate lanciate 31 mila testate a uranio impoverito. Un carico radio�attivo potenzialmente più grande di quello di Hiroshima ma di cui nessu�no ha ancora spiegato la reale perico�losità. Quel che sono riuscito a capire è solo che in questo senso il governo esagera e l'Occidente minimizza. Nes�suno però vuole sapere la verità, per ragioni opposte nessuno valuta esallamonle il rischio...». Quando aveva vent'anni, Dejan Zagorac si era trasferito a Belgrado da Nis con un discreto bagaglio di ambi�zioni. Usava venire spesso in Italia, e quei soggiorni hanno lasciato qualche traccia nel suo linguaggio. «Penzavo fosse possibile essere non un comuni�sta o un nazionalista, ma un zittadino». Adesso che ha una moglie, una bambina e un reddito pietoso, cento marchi al mese («sì, proprio zentomila lire») ha visto le certezze sgretolar�si una dopo l'altra, i sogni tramutarsi in cumuli ordinati d�maceri-.«Sono arrivato a 35 anni d'età per sbarcare il lunario con l'aiuto di mia madre, che è ima pensionata e mi regala quei pochi dinari che ogni tanto ricove. Per vedere mia figlia Marta, d�cinque anni, scampare mentalmente agli or�rori della guerra per sprofondare nel�la depressione di questa non-pace. Durante �bombardamenti la piccola era slata molto disciplinata, forse si sentiva responsabile anche degli umo�ri di mamma e papà. Oggi vorrebbe scatenarsi, giocare, magari sui prati, il solo svago che ci si possa permette�re. Però proprio quei prati sono impre�gnati di diossima e chissà d�cos'altro ancora». Continua: «Negli ultimi mesi, at�traverso la mia rivista ho cercato più volle di tracciare un bilancio adegua�to di quanto è successo. Non sul piano politico, quello non è il mio mestiere, e neanche su quello umano, su questo versante ogni serbo ha già tirato i propri consuntivi. Pensavo e penso a ciò che resta, dovrebbe restare del bene comune, a ciò che sopravviverà a questa generazione. E sono giunto da poco a una conclusione che elimi�na tulle le altre e rende ridicole ogni idea, qualsiasi proiezione. La prima forma d'inquinamento ambientale è la poverti�degli umani. A chi è stato ricondotto brutalmente ai bisogni pri�mari, alla pura sopravvivenza è assur�do chiedere di nspettare l'ambiente che lo circonda, di non tagliare gli alberi per riempire la stufa, non lescare il pesce al cianuro del Dann�ilo, bere solo acqua minerale o non comperare la verdura le rare volte che arriva al mercato». Scuote la testa; «E' completamen�te folle attendersi che il governo trovi la voglia e �fondi per limitare gli avvelenamenti ambientali o solo per tentare un primo recupero delle ac�que del Danubio. Per questo non esistono le leggi e soprattutto non c'è neanche un dinaro: occorrerebbero anni di lavoro e forse qualche miliar�do di dollari... Inutile è perfino sognar�lo. La Serbia oggi è sfibrata nella politica, azzerata nell'economìa eppu�re forse, un giorno molto lontano, tulle queste cose si riveleranno recu�perabili. Dal punto di vista dell'ambiente invece s�scoprirà presto che siamo piombati ai livelli dell'India o della Cma». Il vzittudinon Dejan Zagorac a 35 anni s�scopre padre di famiglia senza prospettive e persona costretta a so�pravvivere in un ambiente avvelena�to. «Andarsene? E' il sogno di tutti, oggi, in Jugoslavia. Ma i visti per l'estero vengono concessi con il conta�gocce. E poi andare dove, inventarsi che cosa? Viviamo circondati da due muri, uno costruito dal regime, l'altro dalla comunità intemazionale. In si�mili condizioni questa società non ha alcuna possibilità di svilupparsi. Or�mai vedo questo Paese come un enor�me e torbido acquario in cui i pesci si muovono sempre più lentamente, co�me quelli uccisi dal cianuro lungo il corso del Danubio. Non ho più speran�ze né illusioni, come la maggior parte della gente che vedo intomo a me. Comincio a guardare alla Russia co�me al solo modello che si potrà mai realizzare nei fatti, un Paese in cui molti criminali e pochi spregiudicali businessmen continueranno a fare soldi sulla pelle della gente». Il suo sguardo fissa il vuoto: «Pen�so con terrore a nuove produzioni inquinanti che potrebbero essere mes�se in piedi in cambio di aiuti russi, bielorussi o cinesi. Quando ero ragaz�zo amavo molto la musica heavy metal: mai avrei pensato che quei "metalli pesanti" sarebbero entrati a far parte della mia vita in un modo cos�diverso. Attraverso l'acqua, il cibo, l'aria che respiro...». Dejan 2!agorac, direttore di «Zastita»

Persone citate: Dejan Zagorac, Zagorac

Luoghi citati: Belgrado, Europa, Hiroshima, India, Italia, Jugoslavia, Kosovo, Russia, Serbia