Petrolio, sì all'aumento della produzione di Maurizio Molinari

Petrolio, s�all'aumento della produzione Petrolio, s�all'aumento della produzione L'Opec si spacca.in dieci votano a favore, l'Iran invece è contro Maurizio Molinari inviato a VIENNA Dieci paesi produttori hanno rag�giunto l'accordo su un aumento della produzione del greggio, ma l'Iran non ci sta e l'Opec esce spacca�la dal vertice di Vienna. L'annuncio della rottura irania�na è arrivalo a notte fonda dopo la formale conclusione dei lavori del summit, "In nomo di Dio misericor�dioso ha esordito il ministro irania�no del petrolio Namdar Zangeneh non vi sono In più elementari ragio�ni economiche per un aumento della produzione e l'Opec è una organizza�zione economica e non politica, dun�que noi siamo favorevoli solo ad un minimo aumento di un milione di barili al giorno a condizione che sia graduale nel tempo". Poi l'affondo contro gli altri paesi dell'Opec: "l'articolo 12 dello statuto prevede l'unanimità nelle decisioni, oggi l'Iran è contrario per principio alla decisione che è stata presa". Come dire: l'aumento della produzione viola le norme dell'Opec e ne incrina la sua legittimità. Il drammatico passo iianiano ha concluso la seconda giornata del vertice fra gli undici paesi dell'Orga�nizzazione dei paesi produttori di petrolio (Algeria, Arabia SauSita, Nigèria, Inin, Libia, Emirati Arabi Uniti, Venezuela, Kuwait, (Mar, Indonesia e Iraql che ha visto l'Ara�bia Saudilii protagonista di un for�cing negozialo nell'inutile tentativo di convincere anche l'Iran ad accet�tare l'accordo di aumentare dal pri�mo aprile la produzione del 7,4 per cento ovvero di 1,7 milioni di barili al giorno. 11 ministro del Petrolio saudita. Ali Naimi, dopo aver passato l'inte�ra giornata di luned�a tentare di trovare un compromesso con il colle�ga iraniano Namdar Zangeneh ieri è andato pesantemente al contrattac�co. «Gli iraniani non hanno proso in considerazione un compi omesso spiega una fonte del Golfo ma hanno difeso rigidamente la richie�sta di un aumento minimo pari a poco più di un milione di barili ovvero alla quantità fuori quota già immessa sul mercato». La rigidità di Zangeneh ha cambiato la posta in palio: l'Arabia Saudita si è trovala a battersi non più solo per difendere gli interessi dei paesi consumatori dell'Occidente ma per tutelare il proprio ruolo di paese guida del�l'Opec. Si spiega così, nel primo pomeriggio di ieri, il passo di Naimi che ha comunicato senza troppi complimenti agi iraniani che «com�promessi» non se ne sarebbero più falli. A chi gli chiedeva se Riad era ancora disposta a discutere di un aumento inferiore alla soglia di 1,7 milioni di barili Naimi ha risposto seccamente: «No». Sul tavolo c'era a quel punto una sola proposta, quella iniziale dell'Arabia Saudita: aumen�to di 1,7 milioni di barili per stabiliz�zare attorno ai 25-27 dollari grazie al simultaneo aumento della produ�zione da parte dei paesi non-Opec (soprattutto del Messico). In poche ore i sauditi hanno gettato sul piallo della bilancia il loro peso di primo paese produttore del mondo e han�no fallo sfoggio dei più raffinati strumenti della diplomazia orienta�le che, quando vuole, sa essere assai energica. L'effetto non si è fatto allendere: dalle suites di Vienna sono iniziati a fioccare i consensi. «E' verosimile che arriveremo ad un aumento di oltre il 7 per cento» dichiaravano alcuni delegati del Ku�wait. «Ce la faremo, l'accordo c'è basta firmarlo» assicurava il mini�stro del Petrolio iracheno Amir Muhammad Rasheed. Solo il mini�stro dell'Energia algerino, Chakib Kelil, si lasciava ingenuamente sfug�gire la verità: «Niente intesa, per ora». Naimi si precipitava subito da Kelil e neanche mezz'ora dopo an�che l'Algeria diceva: «E' tutto fatto». Per la prima volta in tre giorni affiorava un timido sorriso sulle labbra degli inviati del Dipartùnento dell'Energia di Washington, ac�quartierati all'Hotel Intercontinenlal. Con la delegazione dell'Iran (il secondo paese produttore dell'Opec) chiusa a guscio e debolmente spal�leggiata solo dai libici iniziava in serata l'incontro nella sede dell'Or�ganizzazione sul Lungo Danubio. La tensione fra i delegati si tagliava con coltello. Nella sala riunioni del se�condo piano Naimi è andato ancora all'attacco minacciando gli iraniani di quanto, quasi contemporanea�mente, rivelava ai giornalisti dal ministro del Petrolio venezuelano Ah Rodriguez: «Ci sarà un accordo per l'aumento di 1,7 milioni di barili fra dieci membri dell'Opec e la discussione in corso è se decidere subito per i prossimi 12 o prendere solo una decisione che verrà raffor�zata in un secondo vertice in giu�gno». Dicendo «dieci membri» Rodri�guez è stato inequivocabile: siamo uniti (Libia inclusa) e pronti ad andare avanti anche senza l'Iran. «Sebbene lo statuto dell'Opec preve�da decisioni all'unanimità ha spie�gatomi analista sudamericano chie�dendo l'anonimato è già successo in passalo che un paese rimanesse eslraiioo ad una votazione concorda�ta». In tarda serata è cos�iniziata fra gli Undici riuniti a porle chiuse l'ennesima, estenuante mediazione, che ha posto l'Iran di fronte ad un bivio: assumersi la responsabilità di spaccare l'Opec (pagando le conse�guenze economiche di un abbassa�mento dei prezzi che comunque ci sarà) oppure accettare la scappatoia di un compromesso lessicale sul comunicato finale per apporre an che la propria firma sotto la cifra di 1,7 miÙom di barili di greggio. Tehe�ran ha scello la prima strada, quella della rottura. II segretario generale dell'Opec, Rilwanu Lukman, Ieri circondato dai cronisti al vertice di Vienna