Riapre la Pompei a luci rosse di Maurizio Assalto

Riapre la Pompei a luci rosse Dopo due secoli di censure si potrà visitare lo scandaloso «Gabinetto segreto» al Museo Archeologico di Napoli Riapre la Pompei a luci rosse Con queste immagini nacque la pornografia Maurizio Assalto Inviato a NAPOLI IL capolavoro scandaloso è stato sistemato nell'angolo di una saletta al piano am�mezzato: con crudo realiI smo, ma non senza un umo�ristico gioco di sguardi, raffigura l'accoppiamento di Pan con ima capra, tenuta ferma per la barba dalla mano dell'impetuoso dio le cui gambe già sono diventate ca�prine. Copia marmorea romana (II secolo a.C.) di un originale elleni�stico, ritrovata nel 1752 nella Villa dei Papiri a Ercolano, l'opera che Vanvitelli giudicò «lascivissima ma bella» e che perfino un re a suo modo illuminato come Carlo III di Borbone, il patrono dagli scavi vesuviani, ordinò di rinchiu�dere in un armadio da non aprire a nessuno, nemmeno a un visitato�re illustre come Winckelmann, tra qualche giorno sarà di nuovo visibile a tutti. Come gli altri reperti, in gran parte provenienti da Pompei e dintorni, che costitui�scono il cosiddetto «Gabinetto se�greto» (già «Gabinetto degli ogget�ti osceni») ospitato da un paio di secoli, ma più spesso occultato, nel Museo archeologico naziona�le. Progressivamente censurata dai Borboni, liberata con i moti del '48, di nuovo segregata dopo la reazione del '49, chiusa con tre chiavi affidate a tre diversi funzio�nari, ancora una volta liberata da Garibaldi nel 1860, come momen�to simbolico della sua politica culturale, poi nuovamente inter�detta sotto il fascismo, riaperta nel '67 e richiusa quattro anni dopo per esigenze di ristruttura�zione, alle soglie del terzo millen�nio la collezione riemerge. Al museo i preparativi fervono. Gli operai spostano le casse, i decoratori rifiniscono le pareti. Ma ancora c'è incertezza sui tem�pi, solo vagamente si accenna ai primi di aprile. Intanto la curiosi�tà cresce in tutto il mondo, a dispetto del velo di riserbo, e nonostante proprio le secolari vi�cissitudini abbiano contribuito al�la notorietà della raccolta, i cui pezzi, nascosti a Napoli, parados�salmente sono spesso andati in tournée all'estero. Il soprintenden�te Stefano De Caro avrebbe voluto riaprire già lo scorso autunno, anche per non ricadere nell'anno giubilare, e solo all'ultimo si è rassegnato a una conferenza stam�pa, annunciata per domani. È comunque esclusa un'inaugura�zione ufficiale: quando la col ezione sarà di nuovo aperta, i visitato�ri se ne accorgeranno da soli. L'ingresso sarà consentito a tutti, esclusi i bambini delle elementari ma compresi quelli accompagnati dai genitori, venti persone per volta in nove gruppi al mattino e nove al pomeriggio, con la presen�za costante di un assistente di sala. I 206 pezzi catalogati nel 1866 da Giuseppe Fiorelli (fu lui a parla�re di collezione «pornografica», ossia di pittura erotica, e proprio in riferimento ai reperti pompeia�ni il termine entrò allora nell'uso comune) sono nel frattempo au�mentati: 312 secondo il più recen�te conteggio, come spiega la cura�trice del nuovo allestimento, Mari�nella Lista, che ci guida nella visita in anteprima. Ultima acqui�sizione un gruppo marmoreo ritro�vato nel '63 a Pollone Trocchia, in cui un satiro con il membro eretto ben visibile avvicina a sé una ninfa per penetrarla da tergo. Statue, affreschi e oggetti vari sono presentati in un intelligente tentativo di ricontestualizzarli. Una saletta dalle pareti lussureg�gianti di motivi vegetali riproduce il giardino, uno dei luoghi tipici di diletto per un antico romano, do�ve i piaceri del cibo sono stretta�mente connessi alle fantasie del�l'erotismo colto, dove tutto può accadere e il mondo della natura può riprendere il sopravvento. Ecco allora le scenette raffigurate sulle pareti dei triclini da artisti specializzati nella «pornografia», che per un lavoro sicuramente meno impegnativo dei grandi af�freschi ricevevano ricchi compen�si: un trionfo di ninfe, satiri, pigmei dai membri giganteschi che si rincorrono e si accoppiano. Un altro ambiente evoca il lupa�nare, pubblico esercizio fra i più diffusi nella Pompei pre-eruzione (ben 35, su 8-12 mila abitanti, contro 29 laboratori di abbiglia�mento, 18 lavanderie, 120 osterie, 35 panifici): sulle pareti sono rac�colti affreschi e bassorilievi che rappresentano le diverse figure dell'amplesso, oggetto anche delle raccomandazioni di Ovidio nelIVlrs amatoria, con una preferen�za spiccata per la cosiddetta Viemis penduta o mulier equitans (a cavallo), nelle due varianti conver�sa (la donna faccia a faccia con l'uomo) e aversa (la donna che volge la schiena). Collocati origina�riamente sopra l'ingresso delle cellae meretriciae, spesso con l'in�dicazione del prezzo (da due assi, il doppio di una razione di vino, in su), talvolta con annotazioni curio�se («lente impelle», spingi piano, supplica un graffito), dovevano avere la funzione di preparare il cliente eccitandone il desiderio. Sulle altre pareti, nelle teche, i pezzi del Gabinetto ci parlano di un modo di vivere la sessualità diverso e più giocoso rispetto a quello cui siamo avvezzi: priapi, ermafroditi e falli ovunque, in una inesauribile rielaborazione che indulge al grottesco e al carica�turale. Dal rilievo di terracotta ritrovato sulla porta di un forno, corredato della scritta «hic habi�tat felicitas», alle lucerne, ai moni�li, la fantasia (perversa?) dei pompeisni davvero si scatena. Ci sono strani vasi a forma di maschera che andavano riempili d'acqua e sospesi, con un grosso fallo penzo�lante al posto della lingua, falli bronzei alati che assumono la parvenza di mostri favolosi a loro volta dotati di fallo eretto. Lussu�ria estrema di una città che, come tuonò nell'SOO un certo padre Pietro d'Onofri, «da Dio meritò, come Sodoma, il gastigo del fuo�co»? La suggestione viene fin trop�po agevole, ma è fuorviarne. Nella mentalità latina, e antica in gene�re, il membro virile, proprio in quanto strumento della generazio�ne, è visto come apportatore di prosperità e come amuleto contro il malocchio. E' quanto risalta con plastica persuasività in uno degli ultimi pezzi dell'allestimento, un affresco in cui Mercurio è raffigu�rato con uno smisurato fallo eret�to, lungo più delle gambe, in una mano il caduceo, simbolo di pace, nell'altra il marsupio ricolmo di denaro. Ma in ima notte d'agosto del '79 d.C. a nulla valse contro il Vesuvio. Satiri e ninfe scatenano fantasie e perversioni E le prostitute pubblicizzano costose tariffe Pan e eapra. A destra scena igura Veneris, atalogo II useo di e ti di o di smo a L'INFERNO «Sire, questa stanza è la peste della Rcorrompe b morale delle personsante». Con prosa fiammeggiante, codi cui s�è perso il nome soppressione» del Gabinetto segmaggio 1827 al re Francescol.il ssua esperienza diretta: «Iddio immorrendo! Là vidi una donna soambo ignudi; qui una capra. chKcol membro eretto; in altraaltro, che commesodomia; sparsi vari prìapfanno getd ecco com3,771 ss.) siddl'amore»: «stessa; atteggiateun'uguale posQuella che msdraiarsi sulla sdietro se si(tr Il gruppo marmoreo di Pan e eapra. Il sec a.C., da Ercolano. A destra scena erotica con una tìpica figura Veneris, affresco da Pompei. Il catalogo II Cabinetto segreto del Museo Archeologico Nazionale di Nopo/i, curato dal soprintendente archeologico di Napoli e Caserta Stefano De Caro.èeditodaElecta Napoli. Sempre in questi giorni esce dair«Erma» di Bretschneider lo studio di Antonio Varone L'erotismo a Pompei L'INFERNO IN UNA STANZA «Sire, questa stanza è la peste della Religione,!...) è ilnfemo, corrompe b morale delle persone più caste, relipose. e sante». Con prosa fiammeggiante, cosi un prete napdetano di cui s�è perso il nome Invocava la «giustissima soppressione» del Gabinetto segreto in una supplica del maggio 1827 al re Francescol.il sacerdote raccontava la sua esperienza diretta: «Iddio immortale! Vidi spettacolo orrendo! Là vidi una donna sopragiacente a un uomo, ambo ignudi; qui una capra. chK; ben dietro ad un'altra, col membro eretto; in altra parte un uomo su di un altro, che commette il nefando viao della sodomia; sparsi vari prìapi, ed altri oggetti che mi fanno gelare la mano, e il core». td ecco come Ovidio (Ars omotorio, 3,771 ss.) si diffondeva sulle «figure ddl'amore»: «Ogni donna conosca se stessa; atteggiatevi nei modi/adatti a voi, un'uguale posizione non è perwtte. Z Quella che molto bello ha il viso può sdraiarsi sulla schiena/ ma si mostri da dietro se si piace. (...)/Se è bassina si metta a cavallo (...)». (trad.P. Fedeli, da Ovidio, Opere. I, Einaudi)