Hobsbawm l'eredità del secolo

Hobsbawm l'eredità del secolo L'Olocausto, tra «mito» e «negazione», è la misura della storiografìa contemporanea: professione o fede? Hobsbawm l'eredità del secolo Oggi, alle 15. nell'aula magna dell'Università di Torino il rettore Bertolino conferirà la laurea honoris causa al giornalista Eugenio Scalfari, al regista Carlo Lizzani e allo storico Eric J. Hobsbawm. Pubblichiamo uno stralcio della loctio m.TPistralis dello studioso inglese. Eric J. Hobsbawm POCHI giorni fa un caso legale molto importante si è concluso in una Corte britannica. David Irving, I autore di numerosi libri sulla Seconda Guerra mondiale e sul Nazional-Socialismo, ha citalo jer diffamazione un altro autore, a accademica americana Deborah Lipstadt, e il suo editore, Penguin Books. Irving sostiene che, definendolo un bugiardo e un «negatore del�l'Olocausto», la professoressa Lipsladl e il suo editore hanno recato danno alla sua credibilità di stori�co, e di conseguenza alle sue possi�bilità di guadagnarsi da vivere, Irving non solo ha respinto la accuse rivoltegli, ma ha sostenuto che la versione delle origini, della natura e delle dimensioni della cosiddetta «soluzione finale del problema ebreo», avanzata dalla professoressa Lipstadt e da altri esponenti di quella che lui chiama «l'industria dell'Olocausto», è stori�camente insostenibile. A differen�za del suo lavoro, essa infatti non è basata su documenti originali, e nemmeno su una conoscenza ade�guata di come funzionava il siste�ma tedesco. Questa è stata la questione di�scussa per molte settimane in un'au�la di giustizia londi�nese. Il giudice non si è ancora espresso, (...j Que�sta non è una con�troversia di pura erudizione, né per il signor Irving né per la professo�ressa Lipstadt e per coloro che condividono le sue opinioni. Al contrario, entrambi sono appassio�natamente impegnati a sostenere i loro rispettivi punti di vista su basi non accademiche. Si dà il caso che davvero pochi storici condividano le opinioni politiche rappresentate da David Irving. Egli non fa alcuno sforzo per nascondere le sue simpa�tie per il Nazional-Socialismo tede�sco, per la destra estrema del dopoguerra, e il suo antisemiti�smo. D'altra parte, istintivamente, molti di noi sono dalla parte di Deborah Lipstadt perché è impossi�bile non provare orrore per quello che accadde agli ebrei di Au�schwitz e altrove. Ecco perché è necessario tentare, da parte dei simpatizzanti nazisti, di negare addirittura che sia mai accaduto. Nondimeno, è chiaro che anche le opinioni della Lipstadt rappresen�tano una posizione politica appas�sionatamente difesa, al punto tale che colerò che la sostengono sono pronti anche a negare le critiche fattuali.[...l Si dà il caso che, molto tempo prima del processo Irving-Lipstadl, io abbia tentato di spiegarne la natura. Pennettetemi una autocita�zione: «Dove mancano le prove o dove i dati sono pochi, contraddit�tori e indiziari, non si è in grado di smentire un'ipotesi, per quanto improbabile. Le prove possono mo�strare in maniera conclusiva, con�tro coloro che lo negano, che il genocidio nazista è davvero acca�duto, ma benché nessuno storico serio dubiti che la 'soluzione fina�le" fosse voluta da Hitler, non jossiamo dimostrare che egli abjia davvero dato un ordine specifi�co in tal senso. Dato il modo di operare di Hitler, un tale ordine scritto è improbabile, e non è stato trovato da nessuno. Quindi, ben�ché non sia difficile smontare la tesi di M. Faurisson, non possia�mo, senza elaborati argomenti, re�spingere la tesi avanzata da David Irving». Questa è l'essenza del proble�ma. Sarebbe stato più comodo se Irving potesse essere accusalo sem�plicemente di negare Auschwitz o di mentire su Hitler. Ma agli non lo ha fatto. Ha sostenuto che Hitler non voleva, o non era responsabile per l'Olocausto, perché non c'è documento scritto da Hitler che ordini la eliminazione fisica degli «Gli stordelle guche hannoaccelerare ebrei, e le argomentazioni di Ir�ving, fondate su una rimarchevole conoscenza della documentazione, hanno costretto la gran parte degli storici a riconoscere, seppure con riluttanza, che non esiste un tale documento. Con ottime ragioni, il consenso prevalente tra gli storici individua in Hitler il responsabile della «soluzione finale», ma l'argo�mentazione di Irving ha modifica�to l'interpretazione storica del Ter�zo Reich. Ancora: Irving non nega che milioni di ebrei perirono tra il 1941 e il '45. Non nega nemmeno che un vasto numero di ebrei fu deliberatamente sterminato, e non solo ucciso dalla fatica, dalla fame, o dalle malattie. Piuttosto, egli si concentra nel sollevare il dubbio su molte delle «idées regues» circa l'Olocausto ciò che potremmo chiamare la retorica pubblica o la versione hollywoodiana dell'Olo�causto, la gran parte della quale non proviene dagli storici seri che hanno indagato questo terribile soggetto. E anzi alcuni di loro, come ogni specialista del campo sa, hanno un atteggiamento di apertura verso le critiche. Ci si potrebbe chiedere: qual è la rilevanza del caso giudiziario «Irving contro Lipstadt» per gli storici? Nessuno dei protagonisti è un tipico esponente della professio�ne storica. Il signor Irving è un crociato della sua causa. Se non fosse identificato con la causa del�la Germania hitleriana, le famiglie delle personalità naziste non gli avrebbero dato nrnesso ai docu�menti che avevano precedente�mente negalo ad altri studiosi, o che avevano loro nascosto. Questo è il modo in cui tv. diventato un esperto della maleri,i. La signora Lipstadt non è di professione una storica, e la sua reputazione nel campo è modesta. Non si può fr.ie a meno di notare che ha scello di non testimoniare al processo e di non esporsi all'interrogatorio della controparte. In effetti, molti dei nomi impor�tanti nella storiografia sul Terzo Reich e sulla distruzione degli ebrei europei sono stati assenti dal caso. E' improbabile, ovviamente, che avrebbero sostenuto Irving, ma è anche improbabile che avreb�bero accettato l'eccessiva semplifi�cazione del libro della Lipstadt. Eppure, la loro assenza o reticenza è preoccupante. Non si può lascia�re che il dibattito pubblico su materie di cosi grande importanza si sviluppi essenzialmente tra so�stenitori di cause politiche. l...| Il caso «Irving contro Lipstadt» riguarda la più emotiva di tulle queste questioni, la cosiddetta «ne�gazione dell'Olocausto». Eppure questa slessa frase appartiene a un'era in cui la condanna morale ha rimpiazzato la storia. Proprio come il dibattito, se tale può essere chiamalo, sul quale una corte britarmica è chiamata a decidere. Esso appartiene alla sfera della partigianeria politica. Qualsiasi sia�no le incertezze che circondano questo soggetto, non è possibile, e non è mai stato, negare l'evidenza del genocidio degli ebrei (e degli zmgari) perpetralo, finché ne fu in grado, dalla Germania nazista. Nes�suno storico che sia tale avrebbe mai ritenuto necessario di impedi�re la pubblicazione di tentativi evidentemente vani di negare l'in�negabile, o di creare un reato di «negazione dell'Olocausto», come è avvenuto in Germania. D'altra parte, nessun serio storico neghe�rebbe che ci sono lacune o incertez�ze circa falli, numeri, luoghi, molivi, procedure e mollo altro ancora che circondano la storia del genocidio. Lo studioso serio del soggetto, dunque, tratta il genoci�dio come un campo di studio in cui disaccordo e discussione, anche circa i più indicibili aspetti per esempio il numero delle vittime, o la natura e l'estensione dell'uso del gas Zyklon B sono naturali e indispensabili. Non può ridurre la sua funzione essenzialmente alla denuncia, o alla definizione e alla difesa di una versione accettala della verità. Eppure è proprio que�sto il pericolo in alcune letture dell'Olocausto appassionatamente sostenute, specialmente quelle ver�sioni che hanno, a partire dagli anni '60, sempre più trasformalo la tragedia del popolo ebreo del�l'Europa commentale durante la Seconda Guerra Mondiale nel mito legittimante per lo Slato di Israele e la sua politica. Come ogni altro mito legillimanle, esse trovano la realtà scomoda. Di più, ogni critica del mito (o delle politiche da esso legittimale) è destinala-ad essere bollala come qualcosa di simile alla «negazione dell'Olocausto». Gli storici seri del Terzo Reich, che sono di un'inusuale alta qualità, hanno poco tempo sia per Irving che per la Lipstadt.|...i II silenzio è più facile. Chiaramente, alcuni hanno scelto questa strada. Sono nel giusto? l...lLa relicenza dei buoni storici ha lasciato l'im�pressione che l'unica critica pubbli�ca della carenza di standard profes�sionali in gran parte della volgariz�zazione dell'Olocausto viene da un ammiratore di Hitler. In ogni caso, queste sono questioni che chiama�no in causa un giudizio politico, che può essere in conflitto con il giudizio storico. Questo è il tema sul quale voglio attirare la vostra attenzione. La professione dello storico è inevitabilmente, e alcuni direbbero per sua slessa natura, politica e ideologica, sebbene ciò che uno storico dice o non può dire dipende slrellamenle da regole e convenzioni che richiedono prove ed argomenti. Eppure essa convive con un discorso apparentemente simile circa il passato nel quale queste regole e convenzioni non si applicano; e dove si applicano anzi soltanto le convenzioni della pas�sione, della relorica, del calcolo politico e della partigianeria. Ma noi siamo alla fine di un secolo di guerre religiose durante il quale è stato normale per gli storici ritene�re di dover giudicare sia in base ai criteri della loro professione che in base a quelli del a propria fede. Il caso che ho discusso è tipico di un tale periodo. E non è l'unico. Le passioni di questa era si sono affievolite, ma non sono ancora scomparse. Come dovrebbero compottarsi gli storici? Le regole della nostra professione dovrebbero inibùci dal dire ciò che sappiamo o fortemente sospettiamo sia sbaglia�lo, ma la tentazione di trattenerci dal dire ciò che sappiamo essere giusto rimane mollo più grande. Anche coloro che non prenderebbe�ro mai in considerazione la «suggestio falsi», possono trovarsi a scivo�lare lungo il pendio che porta alla «suppressio veri». Non c'è alcuna possibilità che tra 50 o anche ira 100 anni la memoria dell'Olocausto possa mo�rire, ma cjuesto non sarà dovuto in nessun modo al caso che io ho discusso in questa lezione. Davve�ro spero che gli storici che si imbatteranno nel caso «Irving con�tro Lipstadt» nelle loro ricerche lo considereranno come una esibizio�ne proveniente da un museo di antichità intellettuali da tempo dimenticate. Ma per gli storici di oggi, esso ancora solleva seri pro�blemi di giudizio professionale e morale. Abbiamo ancora un po' di strada da fare prima di emancipar�ci dall'eredità intellettuale dell'era delle guerre di religione che ha dominato il secolo ventesimo. For�se dovremmo tentare di accelerare la nostra emancipazione. «Gli storici'sono tuttora prigionieri delle guerre ideologiche è religiose che hanno segnato il '900: dobbiamo accelerare la nostra emancipazione» "^ L'opera più nota di Hobsbawm è The Age ofExtremism. tradotto in italiano con il fortunato titolo II secolo breve (Rizzoli 1995) e continuamente riedito. Nato ad Alessandria d'Egitto nel 1917. Nato ad Alessandria d'Egitto nel 1917. Hobsbawm ha studiato a Vienna. Berlino. Londra, Cambridge e ha insegnato al Birbeck College di Londra e alla New Sdiool di New York. Nei suoi libri ha descritto grandi orizzonti storiografici, prima con la triade i ribelli ( 1959), I banditi ( 1969),/nVo/uz/onon (1972). quindi con i volumi Le rivoluzioni borghesi 1789-1848. Il trionfo dello borghesia 1848-1875 e L'efò degli Imperi I87S-I9I4. Ha diretto la Storia de/marxismo di Einaudi. Per gli ottant'anni ha pubblicato la raccolta di saggi De hisforia. L'ultimo libro è Intervisto sui nuovo secolo, nato da un'idea di Laterza