A Trieste, vent'anni dopo Basaglia: storie di donne attraversate dal dolore di Giovanni Tesio

A Trieste, vent'anni dopo Basaglia: storie di donne attraversate dal dolore A Trieste, vent'anni dopo Basaglia: storie di donne attraversate dal dolore RECENSIONE Giovanni Tesio E/ improprio parlare di carità laica di un libro? Enfatico sottolinearne la serena ur�genza, l'irresistibile neces�sità? Passaggio a Trieste, l'ulti�mo libro di Fabrizia Ramondino, appena pubblicato da Einaudi a vent'anni dalla morte di Franco Basaglia, più che un romanzo è Un dono. Del romanzo possiede l'energia e In complessità, del dono la ruvida grazia in cerca, più che dei suoi destinatari, del suo destino. Nel ventesimo anniversario dell'approvazione della leggo 180, ciucila che ha di fatto abolito i manicomi, la Ramondino è invi�tata da Assunta Signorelli, già collaboratrice di Basaglia nel ma�nicomio austro-ungarico di San Giovanni e poi cofondatrice del Centro Donna Saluto Mentale, a visitare il suo centro, a prender�sene cura narrativa, a dar voce alle voci «sul terreno comune della fatica di vivere». Niente di più congeniale, del resto, se già in un altro libro della Ramondino, In viaggio, pubblica�lo da Einaudi cinque anni fa, c'era un capitolo centrale intito�lato Ltmes-Limina con un'epigra�fe illuminante e presaga tratta da Rilkc. «Tutte le cose tonificanti non sono forse altro che cose senza soccorso, che aspettano che noi le soccorriamo». Allo stesso modo, niente di meno com�patibile con la falsa coscienza delle buone parole (non a caso fin dalle primissime pagine troviamo la dichiarata idiosincrasia per il linguaggio edulcorato da eufemismi e vez�zeggiativi). Passaggio a Trieste ò un'opera semplicemente umana. Strutturalmente concepita co�me il «diario di bordo» di una «navigazione» perigUosa, che va dal 10 giugno al 16 settembre '98, è un po' saggio, un po' racconto, un po' documento, un po' cronaca, un po' autobiogra�fìa, storia di una donna che si mette in gioco con altre donne a partire da una ferita condivisa, allusivamente sottolineata dalle epigrafi di Saba che introducono ad ogni capitolo. Libro di soglie, di scale, ili rovesci (questa volta marcali dai film di Marilyn o di Truffaut che l'autrice guarda la sera). Certo non un libro di facili consolazioni. Al Centro Donna Salute Men�tale di via Cambini (e in parte anche al San Giovanni) si muove RECENGiovTe IONE nni o tutto un mondo di sofferenza. Si dice follia e non si sa bene che cosa si dica: non altro che una forma della diversità che è in noi, non altro che uno scongiuro inde�cente, una modalità del pregiudizio e della paura, una forma di resistenza ottusa e spesso arrogante alla nostra stes�sa identità bloccata. Oui, in uno spazio distribuito in ambienti dove si svolgono attività, dove si tengono dei labo�ratori di euritmia mimica pittu�ra scrittura fotografia, dove si gioca a imitarsi ritrarsi descriver�si l'un l'altra, si stanno preparan�do una mostra fotografica e un video per le manifestazioni previ�ste in occasione dei vent'anni trascorsi dalla legge 180. Oui incrociano le loro rotte molte donne attraversate dal do�lore: Franca che «vola di palo in frasca come un uccello» e che s'interroga: «Perché dovrei met�tere ordine in casa mia, quando c'è tanto disordine nel mondo?». Maria Lourdes che fuma in conti�nuazione, Marja che sogna l'in�contro dei due figli da cui vive forzatamente divisa, Melania che vorrebbe fare la fotografa. Maria Antonia che racconta sto�rie come incubi, Wilma che ha «lo sguardo dolce e una vocina da bambina», Edvige che ripete sempre: «La testa mi frigge», e tante altre donne ancora. Come scrive Gemma, una psicologa del gruppo basagliano, qui si svolge l'opera «di creare dal nulla un individuo». Donne che arrivano come a un porto e che vanno come a una deriva, donne che raccontano storie tremende di violenza, un mescolarsi di storie in cerca di comprensione, a cui s'intreccia�no altre storie di altre donne, come Assunta o come Giovanna, che parlano del loro lavoro con la consapevolezza dello sconcerto che crea la confusione tra norma�lità e foiba, ma anche con la convinzione che la salute menta�le si ottiene piuttosto con il dialogo che con i farmaci. Nell'andirivieni del Centro, su e giù per le scale che legano piani e persone, anche l'autrice mette in gioco la sua storia, che è storia di corpo e di pensiero, di carne e scrittura. In bilico anche lei tra l'idea di un comodo paradiso terrestre e una molto meno como�da isola di Utopia, intomo a cui va navigando con il suo stesso «romanzo» in cerca di «un appro�do». Lei non meno dell'amica che buona ventura di noi lettori questo Passaggio a Trieste ha il merito di averlo provocato. Il «diario di bordo» di Fabrizia Ramondino in un centro di salute mentale: un'opera semplicemente umana fabr.z-.ò Ramondino Passaggio a Trieste Einaudi, pp. 320, L. 30.000 ROMANZO

Luoghi citati: Limina, Trieste