Dà fuoco a operaio ribelle
Dà fuoco a operaio ribelle Gallarate: imprenditore-caporale arrestato per tentato omicidio Dà fuoco a operaio ribelle Lite per la paga, grave un rumeno mimo Viene definito «imprenditore edile», ma vista la storia di cui è protagonista sarebbe più logico chiamarlo uno sfruttatore sen�za scrupoli. Per gli immigrati clandestini che finivano a lavo�rare per lui nessuna paga certa, un bilocale pacato a peso d'oro e nessuna possibilità di ribellar�si. Por chi ha osato tentare di farlo un trattamento bestiaio: !'«imprendilore» ha cosparso di benzina un muratore rumeno e gli ha dato fuoco. Adesso è in stato di fermo con l'accusa di tentato omicidio. Il reato più grave, visto che dalla storia raccontata dagli inquirenti, emerge la violazione di tutte le leggi possibili sull'immigrazio�ne e il lavoro. Teatro dell'episodio Gallara�te, provincia di Varese. E' qui che nel dicembro scorso arriva lon Cazacu, 40 anni. Ha lascialo in Romania moglie e duo bambi�ni ed e venuto in Italia al seguilo di alcuni suoi connazio�nali già impiegali presso CI., 30 anni (gli inquirenti, deir«imprenditoro» non hanno voluto rendere nolo il nome, solo lo iniziali). Sono una ventina, tul�li rumeni, tutti clandestini, i muratori di CI. Che impone loro le seguenti condizioni di lavoro e di vita: vengono pagati a cottimo, diecimila lire ogni metro di opera realizzata (muro o pavimento) indipendenlemonlo dalle condizioni in cui il lavoro avviene, indipendente�mente da quanto riceve dal committente dell'opera; vivono in sei in un biloca e che r«imprenditore» fa pagare loro seicentomila lire al mese a tosta (ricavando quindi per il mode�sto alloggio tre milioni e seicenlomila, ovviamente al netto di qualsiasi lassa), soldi che trat�tiene direttamente dal loro «sti�pendio». Va da sé che di mettere in regola, iniziando le pratiche per il permesso di lavoro e di soggiorno, i suoi venti muratori rumeni CI. non vuol neppure sentir parlare. E non vuole sentir parlare neppure di migliorare, almeno un po' le loro condizioni. E' di questo infatti che si discute, nel bilocale di Gallarate, la notte tra il 14 e il 15 marzo scorso. Da un lato Cazacu e i suoi compa�gni che dicono di essere stufi di quel pagamento a cottimo, che chiedono un'assunzione e un salario se non proprio a norma di legge, almeno un po' più normali. CI. si infuria e, per non lasciar dubbi sul fatto che lui è il padrone anche delle loro vite prendo una bottiglia di benzina, la getta addosso a Cazacu, gli appica il fuoco e scappa via. I compagni di Cazacu spengo�no alla bell'e meglio le fiamme e lo portano di corsa in ospedale. Sono clandestini, temono, se scoperti, di essere rimandati a casa e cosi non denunciano l'episodio e lasciano il loro compagno, senza documenti. I medici di Gallarate si rendono immediatamente conto della gravità delle condizioni di Caza�cu, che viene trasportato al centro grandi ustionati del�l'ospedale Gaslini di Genova: il suo corpo è ricoperto da brucia�ture per il novanta per cento, la prognosi è riservata. La polizia, informata dai sanitari, all'ini�zio può fare ben poco per ricostruire l'episodio: non si sa chi è il ferito, non si sa chi l'abbia portatoli. Sono gli stessi compagni di Cazacu a farsi vivi, alcuni gior�ni dopo. Alcuni di loro sono andati a trovarlo in ospedale, hanno visto le condizioni in cui ò ridotto e pensano che, anche a rischio di un rimpatrio, è giusto denunciare CI. Cosi fanno e r«imprenditore», l'altro giorno, viene fermato e interrogalo. All'inizio ha negato tutto, poi, messo allo strette, ha finito con l'ammettere quasi tutto, tentan�do di giustificare il suo gesto con uno «scatto d'ira». Ora le indagini vogliono accertare se l'attività di sfruttamento del lavoro clandestino messa in piedi da CI. godesse di complici�tà o, quantomeno, di omertà da parte di chi utilizzava la sua opera e di chi dovrebbe vigilare su ditte e cantieri. Ir. m.j
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