«Noi serbi in balìa del tiranno» di Giuseppe Zaccaria

«Noi serbi in balìa del tiranno» «Noi serbi in balìa del tiranno» Il professore che disse no a Milosevic intervista Giuseppe Zaccaria invialo a BELGRADO PROPRIO un anno fa, mentre gli aerei della Nato si appresta�vano a lanciali; In primi! bom�be sulla Jugoslavia, il profesor Dzarko Trobesjenin, 19 anni, slava imr mettere a lotto i suoi due bambi�ni più piccoli o non sapeva bene so farli dormire nella solila cameretta o trasferirli nelle cantine. Nei sotterranei il sonno dei picco�li e di Tanja, la giovane e bella madre, sarebbe sialo forse più sicu�ro, ma mollo meno tranquilla si annunciava la notte del papa. In quel momento il professili Dzarko aveva identiche ragioni per temere le bombe chi; sarebbero piovute da Occidente e le vendette che jiutevano abbattersi sulla sua famiglia da mollo più vicino. Quasi senza volerlo, un anno |)i i ma quest'uomo piccolo e orgoglioso si era trasformato in simbolo dell'in�telligenza in azione. Era ed ò il maggiore teorico della psicanalisi in un Paese destinato a stendersi prima o poi su un lettino: nell'incrocio delle propa^ahde, nello speculare agitarsi di illustri il professor Trebcisjenin indicava la fredda via della ragione. «Otpor», ossia resistenza, il inuvimenln delle università, e nato intor�no alla sua storia. Anzi intomo ad un suo semplice «no». tira stalo lui il primo rispondere lino» al regime quando ai docenti universitari venne chiesto di firma�re una sorta di «dichiarazione di fedeltà». Lui ad affrontare un lungo perìodo di povertà nera. A ripetere che si sente serbo fino al midollo m? che l'isolamento non ha mai salvato una nazione. «Spiegare perché i serbi siano contro Milosevic è più difficile di quanto sembri, perché le ragioni sono diver�se, a volte opposte. Qualcuno ce l'ha con lui perché ha reso possibile la guerra, qualcun altro solo perché non l'ha vùv.a, qualcuno gli rimpro�vera le devastazioni dei nostri ultimi dieci anni di vita, qualcun altro di non essere stalo in grado di creare la Grande Serbia. Se però vogliamo trovare un motivo autentico, comu�ne a tulli, questo motivo sta nel fatto che oggi il resto del mondo ci guarda come degli alieni. Non dico che il mondo abbia ragione: dico soltanto che oggi la Serbia non ha un solo allealo, non una sola sponda politica e culturale...». Questo, solo grazie al capo che si è scelta? «Grazie al fatto che la degenera�zione del potere, il progressivo .slittare di Milosevic verso il dispotismo erano percepibili fin dai primi passi, ma tutto è stalo lasciato passare in nomo di altre pulsioni confuso». Pulsioni nazionalistiche, di�ce? «Vede, nel '91 la maggioranza dei serbi era sinceramente convinta di aver subilo l'ennesimo torto dalla storia. Questa era l'unica Repubbli�ca jugoslava costretta ad accettare al suo intemo due province autonome, la Vojvodina ed 1 Kosovo, l'unica che si sentisse davvero penalizzata... Ma ripercorrere la storia sarebbe troppo lungo. Diciamo più semplicemente che Milosevic scalò il potere impa�dronendosi dei sentimenti popolari i sentimenti più veri, dico e dimo�strò (piasi subito l'uso che ne avreb�be fatto». Quale uso? «Fin dai primi momenti fu chiaro che lui cavalcava il nazionalismo ma non era nazionalista affatto. Era un prodotto del comunism.e il suo pri�mo cavallo di battaglia, neH'SB, fu la guerra contro i vari nazionalismi che inquinavano la Confederazione e al�la fine avrebbero prevalso». Sta dicendo che Milosevic ha semplicemente usato le frustrazioni della gente ser�ba? «Da un Paese chi; era appena uscito da quarant'anni di titoismo sarebbe slato ridicolo attendersi una cultura democratica. Paradossalmente, dico die so la Serbia fosse stata pronta per una democrazia Milosevic si sarebbe presentato come ullrademocratico e garantista. Eppure, se allo�ra il resto del mondo avesse seguito le nostre vicende con maggiore atten�zione forse lo cose sarebbero cambia�te». In che senso? «Milosevic fu eletto con un plebisci�to solo all'inizio della sua carriera politica. Dal '92 in poi ha continualo a gestire il potere attraverso coalizio�ni: spesso sotterranee, ma comun�que solo grazie a trame ed appoggi. Nello stesso periodo, però, se con una mano usava il nazionalismo con l'altra firmava accordi internaziona�li, o promoltnva di farlo. Riusciva a a: presentarsi come campione della na�zione serba, a gestire il potere da autocrate e a vendersi come unico garante della stabilità intemaziona�le. Le sembra poco? Se mai qualcuno ha davvero studialo il Machiavelli, questo è il nostro impagabile Slobodan». Perdoni, professore: ma nel frattempo i serbi che faceva�no? «Vivevano in condizioni sempre più anormali. Una crisi senza fondo, nata dalle tensioni inteme ma acuita dalle decisioni intemazionali (pensi solo a dieci anni di sanzioni economi�che, di impoverimento costante, di vite frantumate un giorno dopo l'al�trùi. Se per ragioni obiettive o bieco calcolo politico la gente si sente sempre sull'orlo della guerra, quan�te probabilità di vittoria Ibi attribui�rebbe non dico alla democrazia, ma alla semplice ragione? Se la vita viene ricondotta a semplice esisten�za biologica tulio diventa bianco o nero, l'isolamento genera xenofobia, il sentirsi tagliati fuori riaccende il bisogno del padre, dell'uomo forte». Insomma, se in Occidente ci fossimo accorti prima di co�sa stava succedendo... «Non riesco a immaginare come sarebbero andate le cose. Dico solo che agire su una realtà significa usare corretti meccani�smi d'influenza: se non hai canali di comunicazione con qualcuno (in questo caso, un popolol non lo convincerai mai. E lascerai milio�ni di cittadini alla mercè di un despota». Oggi, però, il despota è politi�camente morto. «Ed e curioso constatare come un tiranno nutrito dall'Ovest sia stato messo in mora da parte delle medesi�me forze. Ma intanto sotto e intorno al suo potere c'è un popolo adolescen�te che soltanto adesso comincia capi�re se stesso Alla fase dell'esaltazio�ne («siamo unici, siamo i migliori. sbaraglieremo tutti col nostro corag�gio...») è seguita quella della depres�sione («tutti ci odiano, siamo i paria del mondo...»). Forse soltanto oggi i serbi cominciano a capire che per. rispettare la propria identità non bisogna essere né migliori né peggio�ri degli altri». E' pei" questo che il regime aumenta la pressione inter�na, chiude giornali e televi�sioni, trasforma la povertà in risorsa politica, accusa tutti gli oppositori di tradi�mento? «Sono gli ultimi sussulti di un potere di'parato che tenta di sopravvivere a se stesso». Fino a quando? «Fino al giorno in cui accetterà di indire nuove elezioni». E se non dovesse proclamar�le? «Allora, che Dio ci aiuti tutti». Lo psicanalista Dzarko Trebesjenin Nella foto grande militanti di «Otpor» il movimento fondato da Trebesjenin protestano in una gabbia a Pancevo contro la chiusura di tv e giornali indipendenti

Persone citate: Machiavelli, Milosevic, Trebesjenin

Luoghi citati: Belgrado, Jugoslavia, Kosovo, Serbia