STENDHAL quell'idea fantastica dell'Italia di Bruno Quaranta

STENDHAL quell'idea fantastica dell'Italia Lo scrittore francese in mostra a Genova dal 23 marzo: manoscritti in originale, finora mai esposti nel nostro Paese, dipinti e sculturecedute di città, prime edizioni interfogliate, con numerose correzioni . autografe, oggetti-talismano STENDHAL quell'idea fantastica dell'Italia LA MOSTRA Bruno Quaranta NON è un caso che la mostra su Stendhal e l'Italia si inauguri il 23 marzo. lì' il giorno in cui (lf)42) Henri Beyle mori a Parigi, verso le 2: la sera prima, in strada, un colpo apoplettico gli aveva teso l'estremo agguato. Sarà sepol�to nel cimitero di Monlmartre, come epitaffio un omaggio al sogno italiano, in particola�re alla città che fra le altre predilesse: «Milanese, /Scris�se, Visse, Amò» (in realtà l'ami�co inlimo Romain Colomb mo�dificò l'ordine dei verbi, ante�pose amo a visse: sdilinquen�do l'acconto finale infranse il paradosso, conio non manche�rà di osservare il biografo Michel Cfouzet. Non confessa�va forse Fabrizio del Dongo alla Sanseverina: «Ero innamo�ralo dell'amore, o ho fatto di tutto por sapore che cosa sia, ina a quanto paro la natura mi ha negato un cuore capace di amaro, di soffrirti pone d'amo�re»? E ancora, rifloltondo fra se o sé: «Questo sorate cosi allegre, cosi dolci, chi! passo a tu por tu con una donna tanto eccitante; so portano a qualco�sa di meglio, lei eroderà di poter trovare in ino un'aman�te, pretenderà passione, tra�sporto, o anche allora io non avrò da offrirlo altro dio amici�zia, profondissima, ma senza amore. A mo la natura ha negato quella specie d�subli�me pazzia.'.;»), Duo secoli dopo Stendhal ripercorre il voyage in Italia che più contribuirà secondo l'iovono «a creare l'immagi�ne di un'Italia fantastica, in cui gli stranieri erodono da un secolo, rimanendo delusi quan�do si accorgono che non corri�sponde al vero». Era il 10 giugno 1800 quando il signor pseudonimo, appena diciasset�tenne, giunse noi Hol Paese con la Grande Anuóo del Pri�mo Cònsole Napoleone. Apria�mo la «Vita di Henry Brulard»: «Entrando a Milano in un'affa�scinante mattina di primave�ra, e quale prinuivora! e in quale paese! scorsi a tri! passi da me Marlial, sulla sinistra del mio cavallo. Ancor oggi mi pare di vederlo: ora la Corsia del Giardino, poco dopo via Bigli, all'imbocco della Corsia di Porla Nova. Indossava una giubba turchina con un cappel�lo gallonato da aiutante gene�ralo. Fu lietissimo di vedermi. Vi crodovamo perduto, mi disse. I...1 Quella città divenne per me il posto più bello del mondo. Non provo affatto il fascino della patria, anzi sen�to per il luogo natio un'avver�sione che arriva sino alla nau�sea fisica (mal di mare). Mila�no è stato per me dal 1800 al 1821 il luogo dove ho desidera�to costantemente abitare». Non è neppure un caso che la mostra «Italie, il sogno di Stendhal» sia stata allestita a Genova (catalogo Silvana Edi�toriale). Giuseppe Marcenaro e Piero Boragina, i curatori, agiscono qui, periodicamente offrono autentici saggi di equi�librismo fra letteratura e arti visive: da Valéry a Montale a Riinbaud. E' invece un para�dosso (già, il paradosso) che l'omaggio a Henri Boyle abbia come scenario la città della Lanterna (Palazzo Pantaleo Spinola-Gambaro, Banco di Chiavari e della Riviera Ligu�re, via Garibaldi 2), non cos'i nel cuore del randagio oroo di Grenoble. Città «di siiadigliante memoria», la salutò, non avara, peraltro, di felici incon�tri, visioni, sapori, come r«acqua rossa con cinque o sei ciliegie in fondo e un profumo di nocciolo di ciliegia schiac�ciato» bevuta in un «miserabi�le caffè, orribilmonle buio». In omaggio alla inebriante pozione, un liquido rosso acco�glierà gli ospiti di sala in sala: tante ampolle, posate qua e là, un invito a nuotare nell'uni�verso stendhaliano. Mano�scritti in originale (finora mai esposti in Italia), dipinti, dise�gni e sculture (Reni e Correg�gio, Michelangelo e David «Bonaparte che valica il San Bernardo» -, Canova e Carracci), prime edizioni interfoglia�te (gli spazi bianchi sono zeppi di correzioni), oggetti-talisma�no, come il barattolo in legno di pero (conteneva cipria o tabacco?) cosparso di scritte, perché ovumjue Beyle onora�va l'imperativo di «otre soi mème». Come raggiungere in via Ga�ribaldi r«Italie di Stendhal», ambasciatrice di un progetto ambizioso, Genova capitale eu�ropea della cultura nel 2004? L'itinerario ideale lo suggeri�sce lo stesso Beyle: percorren�do via Balbi, «grande via che è anche la più bella d'Italia», in auge soprattutto nel d�di festa: «Come in tutte le città italiane, la domenica c'è la messa di moda, quindi dall'I alle 3 pas�seggiata nella via principale. La sera al tramonto, passeggia�ta all'Acqua Sola». Come accoglierebbe Sten�dhal il genius loci, Eugenio Montale, di cui Marcenaro è fra i lettori emeriti, ossia al riparo di ogni mascheramento, depistamento, giocosa dissimulazione? E' nel «Quaderno genovese» che il Nobel si apre. La «Chartreuso»? «Che geniale pastiche! Nien�te lingua; niente ordine; niente misura; niente buon gusto; nien�te tradizione. Eppure c'è del genio; e diverte, anche, qua e là. Grande elogio, questo». «Il rosso e il nero»? «E' un capolavoro di psicologia e di arte profonda, astuta o nonchalante. Un libro bellissimo, ammirevolissimo, opera di un puro e grande artista. E non dico altro». Non poteva. Montale, igno�rare la sensibilità musicale di Stendhal. E difatti recensendo nel 1955 «Il matrimonio segre�to» di Domenico Cimarosa alle�stito alla Scaletta osserva: «Il Settecento, il secolo in cui matura l'analisi piscologica, il culto della scienza e della ragione, ha avuto nel campo della musica il suo umanissi�mo orto concluso, il suo quasi arcano campo trincerato in cui la vita non giungeva che dopo esser passata attraverso un filtro. Lo sent�come pochi Stendhal...». Cimarosa, un mito di Henri Beyle. Come Mozart: «Confes�serò che soltanto le melodie di due autori raggiungono secon�do me la bellezza assoluta: Cimarosa e Mozart, e mi lasce�rei piuttosto impiccare che dire con sincerità quale dei due preferisco. Quando la mia cattiva sorte mi ha fatto cono�scere due salotti noiosi, il più opprimente mi pare sempre quello dal quale sto uscendo. Cos�non appena ho terminato di ascoltare Mozart o Cimaro�sa, è sempre l'ultimo che forse mi pare preferibile all'altro». Nel secentesco palazzo Pan�taleo Spinola-Gambaro, Cimarosa appare modellato da Cano�va, di Mozart è esposto un autografo delle «Nozze di Figa�ro», l'aria di Cherubino. Ne si poteva dimenticare l'ulteriore passione di Stendhal, Gioacchi�no Rossini, omaggiato di una biografia nel 1823: «Quando Un uomo geniale si piglia la briga di studiare la melodia, giungo alla bella strumentazio�ne del "quartetto" di Bianca e Fallerò (di Rossini) o del duo di Armida dello stesso». La musica, la Scala, Milano («La buona musica mi porta a fantasìe deliziose su quel che in quel momento occupa il mio cuore. Donde gli attimi ineffa�bili ch'io ebbi alla Scala tra il 1814 e il 1821»). Milano, la protocittà di Henri Beyle («Amo questa città»), fra belle lettere, oltre che belle note (Carlo Porta, Ludovico di Breme, Silvio Pellico, Alessandro Manzoni, «un giovane religio�sissimo, che contende a Lord Byron l'onore di essere il mag�gior poeta lirico vivente») e belle donne. Come l'inorrivabile Matilde Viscontini Dembowski, come Angela Pietragua, «una puttana sublime all'italiana, alla Lucrezia Bor�gia». E, dopo Milano, Rome, Naples, Florence, Parma, Trie�ste (Stendhal vi ricopr�la carica di console per pochi mesi, non avendo ottenuto l'exequatur dal governo au�striaco), Civitavecchia (dove in veste pubblica conobbe una maggiore longevità: console di Francia nell'ultimo decen�nio). Dimenticata Torino, do�ve pure Henri Beyle ammirò (stupirsene?) «il ponte fatto costruire da Napoleone sul fiume». La mostra, dedicata a Gian Franco Grechi, conservatore del fondo Stendhal Bucci nella Biblioteca Sormani, di recente scomparso, «restaura» questo e quel luogo beyliano. Un tour di quadro in quadro: l'ambro�siana «Corsia dei Servi» del Canella, «Trinità dei Monti» del Persi, il partenopeo «Tea�tro San Carlo» del Niccolini, la gigliata «Vue prise des Jardins de Boboli» del Corot, il Granducato dell'amatissimo Correggio («Colui che coi colo�ri ha saputo rendere determi�nati sentimenti che nessuna poesia può esprimere»: è a Genova con un'«Adorazione dei pastori»), innalzato al pari di Guido Reni («E' colui che fra tutti i pittori s'è formato l'idea della più perfetta bellez�za»: lo rappresenta una «Ma�donna con Bambino e San Giovannino») e di Ludovico Carracci (esempio di «una for�za di carattere» che risalta nel «Bacio di Giuda»). Si sarebbe dovuta conclude�re il 20 maggio, la mostra. Ma la volontà del Capo dello Stato di visitarla ha imposto una proroga di cinque giorni. Pri�ma di far ritorno a Roma, chissà, Carlo Azeglio Ciampi potrebbe decidere di sostare nella sua Livorno. Stendhal lo guiderebbe: «Con 36 franchi un vetturino vi condurrà a Livorno in tre giorni e mezzo; se la Magra è in piena, fare attenzione a non annegare; si prende una barca, si percorre un quarto di lega marina e si fiiunge cos�dall'altra parte; è a strada più bella d'Italia». Il sogno contìnua. a prima volta nel Bel Paese due secoli fa, il 10 giugno 1800, al seguito deirArmata di Napoleone filano la città-patria, tra belle lettere, belle donne, belle note: da Manzoni a Matilde alla Scala Due fra i numerosi dipinti in mostra a Genova. A destra il ritratto di Henri Beyle in abito consolare eseguito da Silvestro Valeri (1835-1836). Sopra: «Il porto di Genova» di Luigi Garibbo (1832). La mostra, allestita in Palazzo Pantaleo Splnola-Gambaro, sede del Banco di Chiavari, rimarrà ap ?.ta fino al 25 maggio, quando la visiterà il Capo dello Stato. Curatori di «Italie, il sogno di Stendhal» sono Giuseppe Marcenaro e Piero Boragina.