Ritrovare la libertà perduta

Ritrovare la libertà perdutaIn libreria la «La cavalcata del secolo», scritta per La Stampa dal saggista dalmata Ritrovare la libertà perduta ^universo «schiavo» dell'Est nel '900 di Bettiza Claudio AHarocca MILANO ESCE oggi da Mondadori Lo cavalcata del secolo il nuovo libro di Enzo Betti�za, che raccoglie gli artico— Ili pubblicati nel 1999, ogni sabato su La Stampa, per raccontare il secolo che finiva. Enzo Bettiza, parli lei, pre�senti lei il suo nuovo libro... «E' una narrazione del Novecen�to con qualche tocco autobiografi�co, quasi una continuazione del mio Esiliò. Ma mentre Esilio era tutto concentrato sull'autobiogra�fia, era intimistico, qui la mia persona c'entra e non c'entra, diviene strumento di un'escursio�ne nel secolo, è una scala su cui arrampicarmi: dal 1914, dal crol�lo dell Austria-Ungheria, al crol�lo del Muro. La mia ottica è insomma personale e impersona�le insieme, puntando a una sorta di biografia dello sguardo, di ciò che il mio sguardo ha catturato in viaggi e incontri. E va subito detta una cosa: il libro non avreb�be preso la forma che ha se La Stampa non ne avesse approvato il piano. Ogni sabato, per tutto il 1999, ho pubblicato una puntata. E certo, ho poi svolto un lavoro di ingegneria e di limatura, ma solo negli agganci e nelle chiusure dei capitoli, per fondere meglio il racconto. La cavalcata del seco�lo, in realtà, non è una serie di puntate che poi si trasformano in librò, ma il contrario. Il libro l'avevo già in mente prima. Una grossa fatica: per 53 sabati di fila, quasi dieci cartelle per volta. Ho saltato anche le vacanze». Nel libro ci sono moltissimi personaggi: perché non ha messo un indice dei nomi? «Sarebbe sembrato un libro di curiosità pettegola o un saggio vero e proprio. Era una stonatu�ra. Questo è un saggio letterario». Qual è il personaggio che le è costato più lavoro? «Guido Piovene, molto difficile e molto caro a me, molto amico, ma anche mtensamente sfuggen�te, pieno di nebbie e di affascinan�ti scannellature». Il più caldo, il più vicino? «Indro Montanelli. Ho cercato di fargli non un busto, che certo non gli sarebbe piaciuto, ma un ritrat�to dal vivo. Montanelli è uno splendido vecchio. Ci vediamo, finalmente: abbiamo ripreso in pieno gli antichi rapporti. Un altro simpaticissimo è Max Horckheimer, il filosofo e sociologo della Scuola di Francoforte: s'era creato fra noi un rapporto sodale, stavamo anche per scrivere un libro insieme sulle alienazioni comparative fra le società del�l'Est e quelle dell'Ovest». E il più antipatico? «Il filosofo e musicologo Adorno. Figura gelida, snobistica e consu�mistica, grande profittatore di quella stessa industria culturale contro cui scriveva. Hannah Arendt se n'era accorta: diceva che Adorno aggrediva Heidegger per ragioni non certo culturali, ma di carriera accademica». Nel libro ricorre più volte un comunista storico, Gian�carlo Pajetta. Che cosa vede in lui? «Bicordo l'ultima e dolorosa visi�ta di Paletta a Mosca, nel febbra�io dell 89, l'inizio dei crolli a catena nell'Est europeo. Davanti al presidente del Soviet Supremo, al numero due del regime, Lukianov, Pajetu inscena una rimo�stranza storica e personale per tutti i difetti di un'ideologia che gli ha rovinato la vita. Pajetta è il simbolo drammatico dell'autotradimento del comunismo e degli errori del comunismo italiano». Il suo libro è una cavalcata. ma qual è la direzione? «La libertà, di nuovo i principi della Rivoluzione francese, di un altro '89. Dopo reiterate carnefici�ne e distruzioni, l'universo schia�vo dell'Est ha ritrovato il senso dei diritti inalienabili dell'uomo e del cittadino. E' in questa sorpresa storica che il Novecento passa il testimone al D lemila. Traggo un bilancio equilibrato: il i crollo del comunismo non vuol dire né la disgregazione, lo scon�tro di civiltà che vorrebbe Sa�muel Huntington, né la fine della storia predicata da Francis Fuku�yama». Ultima domanda, sul suo sti�le fluviale e preciso insieme. Come se l'è costruito? «In seguito a uno sforzo continuo di conquista della lingua italiana, tipico di uno scrittore di confine, di uno scrittore dalmata come me, che sono di Spalato e ho 72 anni: è il caso per esempio del dalmata Tommaseo, che dà agli italiani un museo, un laboratorio linguistico che essi non hanno mai avuto prima, il Dizionario dei sinonimi. Un demone lessico�logico che mi porto dentro an�ch'io. E si pensi a Slataper, a Stuparich, a Svevo. Direi che l'inserimento, la fusione di un filone narralivo-descrittivo e di un filone riflessivo-saggistico ca�ratterizza l'impasto del mio stile e di quelli che mi hanno ispirato: Canetti soprattutto, e Musil, Mann, i grandi russi. 11 che ha provocato una mia estraniazione dal mondo letterario italiano. Ne ho sempre un po' sofferto, di questa esclusione o auto-esclusio�ne involontaria. Un doppio esilio, il mio: l'esilio fisico, vero, e quello come scrittore. Ma poi c'è stato il Campiello, proprio al mio Esilio*. «Ilpersonaggio più vicino? Montanelli ho cercato di fargli non un busto, ma un ritratto dal vivo» «Ilpiù antipatico è il filosofo Adorno gran profittatore di quell'industria culturale che criticava» «Traggo un bilancio equilibrato: il crollo del comunismo non porta né la disgregazione né la fine della storia predicata da Fukuyama» -.ss mm.. UMiifc» J«0Mw«rt*.'BjhA» itanic Drìda rajevo ré Qui accanto l'ultima puntata della «Cavalcata del secolo» pubblicata sulle pagine della Stampa nel dicembre scorso. Sopra la prima puntata nel gennaio del 1999. A disegnare i personaggi che di volta in volta Enzo Bettiza descriveva è stato Ettore Viola.

Luoghi citati: Francoforte, Milano, Mondadori, Mosca, Spalato