PAPA noi ebrei, la vostra

PAPA noi ebrei, la vostra Tra ferite, sospetti e odi millenari: due religioni a confronto nel Paese che oggi accoglie Giovanni Paolo II PAPA noi ebrei, la vostra Abraham B. Yehoshua H EL corso degli ultimi anni ho notato che spesso i giornalisti italiani mi in�terpellano per commenti I su dichiarazioni o prese di posizione del Vaticano. In occasio�ne della prossima visita del Papa tali richieste, naturalmente, sono aumentate. D'altro canto è natura�le e comprensibile che le attività del Vaticano suscitino in Italia un interesse particolare. Tuttavia, lo ammetto senza imbarazzo, talvol�ta mi è difficile separare le posi�zioni teologi�che del Vatica�no dalle consi�derazioni politi�che legate a de�terminate situa�zioni. Pertanto, quando un gior�nalista italiano mi ha letto al telefono una di�chiarazione del�la Santa Sede che presenta cambiamenti di for�mulazione rispetto a dichiarazio�ni prefcedenti, non mi sono sentito in grado di commentare in quanto sono all'oscuro degli «intrighi di corte» dello stato della Chiesa per sapere cosa si nasconda dietro ogni modifica. Perché sono passati cos�tanti anni prima che il Vaticano si scusasse per aver ignorato in ma�niera terribile i crimini dell'Qlocausto? E perché proprio all'alba del terzo millennio papa Giovanni Paolo II si è ricordato di chiedere perdono peri misfatti delle Crocia�te, dell'Inquisizione, delle guerre di religione e per la brutalità dei cristiani in Africa e in Asia? Per�ché il Vaticano non ha riconosciu�to il piccolo stato di Israele fonda�to dopo la seconda guerra mondia�le allo scopo di creare un rifugio sicuro per i sopravvissuti del popo�lo ebreo, reduci da un inferno tale da far impallidire quello dante�sco? Talvolta, quando si esamina la politica del Vaticano, si ha l'impressione che le considerazio�ni politiche, l'ipocrisia e gli interes�si economici abbiano un peso mag�giore del dovuto per uno staterello costretto a manovrare tra forze politiche più grandi di lui. Se dovessi descrivere la politica vati�cana la definirei: cauta e misura�ta, come se alla sua base vi fosse un senso di profonda debolezza che impedisca ai capi della Chiesa di assumere una posizione effetti�va ed esplicita. Dopo tutto proprio gli uomini del clero, soliti ad esprimersi in termini di sofferen�za, perdono ed espiazione, amore e carità, verità e coraggio, dovreb�bero essere i primi ad enunciare in modo diretto e chiaro i propri sentimenti e valori. Talvolta, inve�ce, pare che i semplici sacerdoti di piccole parrocchie sparse per il mondo rivelino maggiore onestà, coraggio e rigore dei loro superiori di Roma. Finalmente, comunque, è arri�vata la richiesta di perdono del Vaticano. La maggior parte degli scampati all'Olocausto, che avreb�bero avuto veramente bisogno di una parola di conforto e di un segno di pentimento per l'indiffe�renza della Chiesa durante i giorni di quel tremendo inferno, non sono più in vita. Non possono ormai sentire le belle parole del pontefice. Anche i fondatori dello stato d'Israele che combatterono invano per ottenere il riconosci�mento della Chiesa in periodi in cui lo stato ebraico era costante�mente minacciato di distruzione, non sono più tra noi per rallegrarsi dei rapporti uffi�ciali esistenti tra il Vaticano e Israele. Quando si è deboli non si gode del pri�vilegio di un rico�noscimento, que�sta è spesso la nor�ma su questa ter�ra. Tuttavia, chis�sà perché, mi sarei aspettato un com�portamento diver�so da un'istituzio�ne potente quale la Chiesa cattoli�ca per la quale considerazioni D'ordine religioso e spirituale do�vrebbero essere prioritario. In ogni caso non è questo il momento per le polemiche. La richiesta pubblica di perdono è stata fatta in pompa Magna e malgrado non sia chiaro perché si sia aspettato l'inizio del terzo millennio è co�munque un bene che non si sia atteso l'arrivo del quarto. E' vero, e questo de"dirlo con franchezza, che la Chiesa non è all'origine dell'antisemitismo. L'odio abissale per gli Ebrei, scatu�rito dalla loro dispersione tra i popoli, non cominciò con il Cristia�nesimo ma ebbe inizio centinaia di anni prima della crocifissione di Gesù Cristo. Esempi di antisemi�tismo, anche ideologico, sono nu�merosi nel mondo pagano. E d'al�tro canto anche in questo secolo, l'odio terribile nei confronti degli ebrei è esploso in nazioni in cui anche il cristianesimo è stato re�presso e perseguitato, come nel�l'Unione Sovietica o nella Germa�nia nazista. Tuttavia non si può ignorare che il cristianesimo ab�bia molto spesso contribuito ad dadsMa ormostrare attizzare l'odio verso gli ebrei ed è questa, a mio parere, la vera tragedia. Infatti ritengo che i rap�porti fra le due religioni non solo non avrebbero dovuto essere osti�li e competitivi ma addirittura caratterizzati da integrazione e fratellanza. Nel corso della stesura del mio ultimo romanzo Viaggio alia fine del Millennio, in cui descrivo un conflitto sulla legittimità della bi�gamia tra ebrei nord africani ed europei nella Parigi e nella Germa�nia della fine del primo millennio, notai, mentre approfondivo lo stu�dio di quel lontano periodo stori�co, la differenza profonda tra i rapporti relativamente armonici tra ebrei e musulmani (tra i quali viveva in quel periodo la maggior parte del popolo ebraico) e quelli difficili e problematici con i cri�stiani d'Europa. Nonostante non vi fosse un grande amore tra ebrei e musulmani vi era tuttavia una sorta di tranquilla accettazione reciproca laddove tra cristiani ed ebrei vi fu sempre ostilità profon�da, quasi l'uno dovesse soccombe�re all'altro. Anche gli ebrei prova�vano avversione per i cristiani, sia come reazione al loro odio che per una precisa presa di posizione. E malgrado questa ostilità fosse pu�ramente spirituale, in quanto gli ebrei non avevano alcun potere né autorità per colpire i loro nemi�ci, la tensione fu sempre alta. Ma ecco che, a mio parere, per quanto forse ingenuo, da un pun�to di vista logico e storico gb ebrei avrebbero dovuto accettare con grande gioia l'avvento del cristia�nesimo e la sua diffusione, e lo stesso avrebbero dovuto fare i cristiani nei confronti dell'ebrai�smo. Queste due fedi non sono contrapposte, anzi, si completano a vicenda. Infatti, mentre il cristia�nesimo e l'islamismo sono in com�petizione per la conquista delle anime dei fedeli, il giudaismo si pone su un piano completamente diverso in quanto non è pura religione ma anche nazionalità. Infatti la sua teologia si intreccia ad elementi prettamente nazionalistici quali la stessa origine etnica dei fedeli, una patria e una lingua comune. E' dunque impossibile separare la spiritualità e la fede ebraica dal suo evidente contesto nazionale. Pertanto credo che l'ac�costamento fra giudaismo, islami�smo, cristianesimo e buddismo sia erralo in quanto un ebreo è dofinito tale non tanto per la religione quanto per la nazionali�tà. Anche un ateo, secondo la teologia ebraica, è un ebreo legitti�mo, esattamente come un osser�vante. Il cristianesimo nacque dalla necessità impellente di confronta�re il mondo pagano con l'idea dell'unicità e della spiritualiui di un solo Dio che trova origine nel giudaismo. Questa religione tutta�via non era assolutamente in gra�do di affrontare un tale compilo in quanto essenzialmente legata ad una data nazionalità. Pertanto, mentre il santo padre può cullarsi nell'illusione che un giorno il mon�do intero riconosca la verità del cristianesimo, il rabbino capo ve�de la possibilità di conversione di massa come un vero e proprio incubo. Era quindi naturale che il cristianesimo si accollasse un compito impossibile da espletare per il giudaismo e gli ebrei dovreb�bero addirittura essere grati al cristianesimo per aver diffuso co�si efficacemente alcune delle pro�prie idee fondamentali. Da un punto di vista teologico e logico anche il cristianesimo dovrebbe gioire dell'esistenza della fede ebraica. Non solo perché questa permette di preservare in modo vivo a autentico la fonte biblica dalla quale è scaturita l'idea della fede in un solo Dio e non solo per farsi vanto dei miglioramenti ap�portati a tale idea ma anche per fornire un modello assoluto del legame tra interessi nazionali e religione. Un inodollo che, noi bene e nel inalo, è anche alla baso della visiono più profonda del cristianesimo. Infatli benché la Chiesa sia stala costretta a rinun�ciare a gran parte della propria autorità a favore dello sialo sono convinto che creda ancora che non esista alcun ambito della vita, por quanto triviale e prosaico, che nonnocossiti dell'intervento e del�la guida cristiana. Sotto questo punto di vista il giudaismo, mal�grado lutti i problemi, può sei-viro da modello o fonte di ispirazione. E poiché le suo dimensioni sono minime rispètto alla grandezza e alla enormità della Chiesa, non vi è da temerò alcuna competizione. E' possibile che considerazioni più profonde sui rapporti futuri tra giudaismo e cristianesimo ac�compagneranno la visita del papa in terra santa? O forse tutto il suo interesse o ciucilo del suo numero�so seguito si concentreranno sui cauti spostamenti da effettuare tra le numerose mine politiche sparse in questo minuscolo pezzo di terra? Questo lo sapremo solo al termine della visita. Finalmente è at:nvatq dal Vaticano la richiesta di perdono per il lungo silenzio sull'Olocausto. Ma ora la Chiesa deve saper mostrare più coraggio e onestà Talvolta s�ha l'impressione che le considerazioni politiche, gli interessi economici e l'ipocrisia siano ancora forti cAlQchBtuolacpfadclertoamrBfldrcrpuf Le bandiere vaticana e palestinese a Betlemme, per il Papa che arriva questa sera in Terra Santa domani; a sinistra Yehoshua

Persone citate: Giovanni Paolo Ii, Giovanni Paolo Ii Papa, Yehoshua