Bufera a Messina, arrestati due magistrati di Fabio Albanese

Bufera a Messina, arrestati due magistrati I PROTAGONISTI Bufera a Messina, arrestati due magistrati Accusati di collusioni con un finto pentito e un mafioso Fabio Albanese MESSINA Concorso esterno in associazione ma�fiosa, abuso d'uffido, falso ideologico. Sono le accuse formulate dai giudici di Catania che ieri hanno ordinato l'arre�sto di due magistrati messinesi, uno ancora sabato mattina nel suo ufficio della procura, l'altro in pensione da appena cinque mesi. Sono Giovanni Lembo, 55 anni, sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia «applicato» a Messina, e Marcello Mondello, 71 anni, già capo dei gip, andato in pensione nello scorso otto�bre quando la bufera giudiziaria era ormai in vista. E in effetti mai arresti sono stati tante volte annunciati, smentiti, ventilati. Delle gravi accuse ad alcuni magistrati dei distretti di Messina e Reggio Calabria, legate ad una allegra gestione del fìnto pentito Luigi Sparacio, si parlava da tempo. Alcuni nomi di indagati sono circolati per mesi. Adesso il provvedimento del gip di Catania, Edo Gari, che ha spedi�to in carcere Lembo, posto agli arresti domiciliari Mondello, ordinato la noti�fica di provvedimenti di custodia cau�telare ad altre quattro persone: per minacce a un maresciallo dei carabi�nieri, Antonio Princi, 34 anni, collabo�ratore del sostituto Lembo; per con�corso in associazione mafiosa a un imprenditore messinese. Santi Tra�via, 62 anni; per calunnia a due pentiti, Cosimo Cirfeta, 35 anni, e Giuseppe "Pino" Chiofalo, 50 anni. L'inchiesta nasce alla fine del '97 da un esposto presentato alla procura di Catania dall'avvocato Ugo Colonna, difensore di pentiti che ora vive sotto protezione lontano dalla Sicilia, il quale ai magistrati Mario Amato e Giovanni Cariolo della Direzione anti�mafia etnea racconterà di un complot�to per screditarlo e della sospetta gestione di Sparacio. «Tutto questo dimostra che la mia denuncia non era priva di fondamento dice oggi l'avvo�cato Colonna anche se non serve scaricare solo su di loro le responsabi�lità di un guasto istituzionale che alligna nella complessa struttura dei poteri a Messina». E' stata una inchie�sta liing^ e difficile perchè le persone coinvolte sono personaggi di primo piano della giustizia messinese e reggi�na, e perchè molti dei pentiti messine�si risultano inattendibili proprio per�chè inseriti in quel complotto. Nell'in�dagine della procura catanese sarebbe�ro coinvolti altri magistrati, un pm messinese e un giudice reggino. Tutta�via, le loro posizioni appaiono più «leggere» rispetto a quelle di Lembo e Mondello. I! pm Lembo, in particola�re, è accusato di «avere sistematica�mente agevolato Luigi Sparacio»; avrebbe condizionato le dichiarazioni di alcuni pentiti per costringerli a non accusarlo, a non parlare dei suoi pa�renti e amici che nel frattempo conti�nuavano a gestire la cosca; avrebbe consentito a Sparacio di mantenere un ingente patrimono; avrebbe omes�so di mettere a verbale dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che chiamavano in causa l'ex presidente del Messina calcio Michelangelo All'a�no, considerato uomo d'onore della famiglia mafiosa di Bagheria e finito in manette nel '99 con altre quattro persone per un troncone della medesi�ma indagine ma coordinato dai nuovi vertici della procura messinese. Lem�bo avrebbe anche raccolto dichiarazio�ni di pentiti «artatamente finalizzate» a scagionare Alfano dall'accusa di essere stato il mandante del ferimen�to del giornalista messinese Mino Licordari, avvenuto neir87 pare per�chè avesse intuito strani movimenti nella società del Messina calcio. Lem�bo, inoltre, avrebbe avuto «cointeres�senze economiche» con l'imprendito�re Travia, dal quale avrebbe ricevuto 50 milioni che il magistrato utilizzò come caparra per l'acquisto di un lussuoso attico con vista sullo Stretto. Lo stesso Travia avrebbe fatto da tramite tra il pm Lembo e il boss Alfano, per incontri legali alla «tratta�zione di processi di criminalità riguar�danti il gruppo Sparacio», ancora pri�ma del pentimento. L'ex gip Mondel�lo, secondo l'accusa, avrebbe avuto rapporti costanti con il presunto boss Santo Sfamemi, uomo di Alfano. Sfa�memi e Mondello si sarebbero più volte incontrati nella masseria del boss a Villafranca Tirrena per concor�dare strategie difensive e provvedi�menti giudiziari favorevoli, come gli arresti domiciliari prima e la scarcera�zione poi dello slesso Alfano, accusato del ferimento di Licordari, mentre le altre persone con lui arrestale rimane�vano in carcere. Il maresciallo Princi avrebbe minacciato un pentito, Vin�cenzo Paratore, di revoca del program�ma di proiezione per costringerlo ad accusare ingiustamente l'avvocato Ugo Colonna dichiarando ai giudici di Catania di essere stalo costretto dal legale a rendere false dichiarazioni per screditare Lembo. Il magistrato arrestato, e il carabiniere suo collabo�ratore, avrebbero anche minaccialo un brigadiere dell'Arma per costrin�gerlo a rendere dichiarazioni in favore di Lembo: «Lui tiene il libro dei buoni e dei cattivi avrebbe detto Princi al suo collega e a chi lo tradisce fa passarci guai». Lembo è staio interrogalo dai sosti�tuti Amalo e Cariolo. dal procuraloro aggiunto D'Agata e dal gip Gari: «Il colloquio e duralo cinque orc ha detto uno dei difensori, l'avvocato Guido Ziccone -. Lombo ha risposto a tulle le domande con grande serenità. Tulio sarà chiarito e potrà provare la sua innocenza». Infine le accuse ai due pentiti Chiofalo e Cirfeta che, con le loro dichiarazioni, avrebbero coper�to Sparacio e i magistrati che lo gesti�vano e che avrebbero ingiustamente accusato un altro pentito, Antonio Cariolo, che invece aveva fornito ai giudici le giuste dilavi di lettura su quanto stava accadendo in alcune stanze della procura antimafia. I «PENTITI» Cosimo Cirfeta. 35 anni, e Giuseppe Chiofalo. 50, sono legati al tentativo di dcpistaggio neH'inchiestasul parlamentare di Forza Italia Marcello Dell'Uni. Orfeta, boss della Sacra Corona Unita, si «pente» nel "92. Chiofalo è stato il più sanguinario boss messinese. Quando gli era possibile eseguiva personalmente i delitti, perché gli dava «molto piacere». Finito in carcere sub�le vendette trasversali dei rivali che gli uccisero il figlio e il difensore. A quel punto «si pentì» proprio con Giovanni Lembo (nella foto, il Tribunale di Messina) Hi . . ^ ILBOSSDEIBOSS fg^'iMkLuigi Sparacio (nella 'Mim f'''tfjfòjp»»i. jtiHBk. foto, mentre prende la comunione in occasione della Prima comunione della figlia) era a capo di un racket delle estorsioni che per oltre dieci anni ha taglieggiato Messina. Si vantava di essere «il boss dei boss» della città, s�è autoaccusato di dieci omicidi, è stato condannato a 80 anni di reclusione. Grazie alla sua collaborazione con la magistratura, ottenne la restituzione di un patrimonio valutato in venti miliardi di lire, che era stato sottoposto a sequestro. La libertà d�cui godeva da «pentito» gli avrebbe permesso d�girare al volante di una Ferrari e d�comprare una villa con 14 stanze fg'Mim f'''tfjfòjp»»i. jtiHBk. I GIUDICI Giovanni Lembo (nella foto). 55 anni, sposato, due figli, è stato pretore a Patti, sostituto procuratore a Messina, membro della Direzione nazionale antimafia. È stato un Pm d�punta, ha condotto indagini contro la criminalità, i «colletti bianchi» e la pubblica amministrazione. Marcello Mondello. 71 anni, ha svolto tutta la sua carriera a Messina, dov'è stato giudice istruttore, capo dell'ufficio del Gip. presidente d�una sezione della Corte d'appello. Ha lasciato la toga lo scorso ottobre, quando apprese d�essere stato iscrìtto nel registro degli indagati a Catania