Il taglione per il killer di cento bambini di Fabio Galvano

Il taglione per il killer di cento bambini Raccapricciante sentenza in Pakistan per il mostro di Labore: deve morire come le sue vittime Il taglione per il killer di cento bambini «Che sia strangolato, fatto a pezzi e sciolto nell'acido» Fabio Galvano corrispondente da LONDRA Le condanne a morte, in Pakistan, sono per impiccagione e vengono abitualmente eseguite fra le mura del carcere. Ma per Javed Iqbal il giudice del tribunale di Labore, la capitale del Punjab, ha fatto una raccapricciante eccezione: «Che sia pubblicamente strangolato cento volte sul piazzale di Minar-ePakistan. Che il suo corpo sia tagliato in cento pezzi e che ognu�no di quei pezzi sia immerso in una vasca di acido». Tremenda punizione per tremendi delitti. Perché Javed I "bai, nello sconvol�gente Olimpo dei serial killer, ha pochi uguali. E' il «mostro di Labore», accusato di avere rapito, violentato e poi ucciso cento bam�bini: quasi tutti derelitti della società, raccattati noi quartieri più poveri. Mendicanti, venditori ambulanti, trovatelli, oppure bam�bini fuggiti di casa e scomparsi nel nulla. «Che la condanna ha detto il giudice Aliali Baksh Raqja rifiotta il modo in cui quei bambi�ni sono stati uccisi». Davanti ai loro genitori, perché la vendetta sia completa. H ministro dall'Inter�no, Momuddin Haider, ha subito preso le distanze dalla sentenza, annunciando un ricorso all'Alta Corte: «Siamo un Paese firmatario delle Convenzioni internazionali sui diritti umani, non consentire�mo una cosa di questo genere». E' una storia, quella di Javed Iqbal, 42 anni, che ha sconvolto il Pakistan mentre il mondo festeg�giava la nascita del 2000. Oggi naturalmente l'assassino nega. «Vostro onore, sono innocente», ha dichiarato dopo la lettura della sentenza. «Non ho ucciso nessu�no», ha gridato ai giornalisti men�tre in catene lo trascinavano dal�l'aula. Ha detto che andrà in appel�lo, che se anche l'Alta Corte doves�se giudicarlo colpevole non esiterà a rivolgersi alla Corte Suprema. Ma a inchiodarlo è stata una confessione poi ritrattata in cui vantandosi dei suoi orrendi crimi�ni punzecchiava le autorità che non riuscivano a far luce sulla catena di omicidi. Di fronte alle sue nefandezze, al termine di un processo che nel Pakistan reduce dal colpo di Stato del generale Musharraf ha relega�to in secondo piano quello ali ex primo ministro Sharif, il giudice lo ha anche condannato per buona misura a 700 anni di carcere, sette per ognuna delle vittime. A morte è stato anche condannato Sajjici, un ragazzo di 17 anni: uno dei suoi tre complici, che abitavano con lui nella casa della morte. Nadeem, 15 anni, ò stato condannato a 182 anni di carcere (14 per ognuno di 13 omicidi); Sabir, appena tredi�cenne, a 42 anni. Nella lettera anonima in cui confessava gli omicidi, Iqbal spie�gava di essersi voluto vendicare delle angherie della polizia, che lo aveva percosso dopo averlo arre�stato por molestie sessuali a un bambino: «Dovetti farmi curare in ospedale e rimasi impotente. Mia madre pianse amaramente veden�do in che stato ero ridotto e giurai che avrei fatto piangere cento madri per la perdita dei loro figli». Spiegava esplicitamente di avere violentato e poi strangolato i bam�bini, di averli smembrati e immer�si è ingegnere chimico in una vasca di acido. Decine di persone furono fermate, interrogate e poi rilasciate; anche alcuni suoi paren�ti. Alla fine la polizia approdò a quella casa. In una vasca di acido furono trovati i resti di due delle vittime. Degli altri bambini non c'era più traccia, se non le fotogra�fie cento immagini, un catalogo di morte e gli indumenti attraver�so i quali i genitori avrebbero avuto conferma della sorte dei loro figli. Accanto c'erano bidoni di acido nìtrico e maschere anti�gas. Per quasi un mese Iqbal riusc�a sfuggire alla polizia. Poi, il 30 dicembre, si costituì: non agli agenti, ma ai giornalisti di «The News», quotidiano urdù di Labo�re. «Ho ucciso cento bambini disse e non ho alcun pentimento. Avrei potuto ucciderne 500, non sarebbe stato un problema. Ma mi ero ripromesso di uccidere cento bambini, e a questo impegno non sarei venuto meno. So che mi attende, sono pronto ad affrontare le conseguenze delle mie azioni». In tribunale ha cercato di gira�re la frittata, dicendo che c'era stato un malinteso, che era stato soltanto testimone di alarne ucci�sioni e aveva voluto in qualche modo avvertire i genitori delle vittime: genitori disprezzabili, ha aggiunto, perché sovente avevano aspettato anche sei mesi prima di denunciare la scomparsa dei figli. Per tutto il processo quei genitori, già costretti a cercare la verità fra le pile di vestiti conservati nella casa della morte, hanne vegliato davanti al tribunale. «A morte», proclamava un loro striscione. Co�me le sue vittime, ha aggiunto il giudice. Il ministro dell'Interno preannuncia un ricorso all'Alta Corte «Non lo permetteremo Siamo un Paese che ha firmato le Convenzioni sui diritti umani» K?^S V^^*''' oi mm '"-^^^B ■Map jM Il serial killer Javed Iqbal (al centro) insieme con un complice. Il quattordicenne Sabir (a sinistra), in tribunale a Labore

Persone citate: Haider, Iqbal, Javed Iqbal, Musharraf, Nadeem

Luoghi citati: Londra, Pakistan