Grass attore a Milano

Grass attore a Milano Lo scrittore tedesco ieri al Teatro Studio ha letto i racconti tratti dal «Mio secolo» Grass attore a Milano E dopo, una cena-Nobel con Dario Fo Claudio Altarocca MILANO LO spettacolo è solo lui, Gùnter Grass, per la pri�ma volta in Italia dopo il Nobel '99 per la letteratuIra, dritto davanti al pub�blico del Teatro Studio, un pub�blico stupito e seduto dappertut�to, anche sul palcoscenico. Grass è qui per leggere in tede�sco alcuni racconti dal suo ulti�mo libro II mio secolo, pubblica�to da Einaudi (agli spettatori vengono distribuiti i testi tradot�ti). Una tradizione, in Germa�nia, leggere le proprie opere. Grass ha già inciso due ed, questo libro e il celebre II tambu�ro di latta. Vanno molto bene, hanno successo. Adesso leggerà dieci racconti in tutto. Accanto a lui ci sono una sedia Thonet nera e un tavolo pure nero su cui troneggiano due bottiglie, una d'acqua minerale e una di Barbaresco. La prima non sarà neppure sfiorata, dalla seconda lo scrittore si verserà due bic�chieri durante le brevi pause, bevendo a sorsi lenti e impassi�bili allungando le labbra. Lo spettacolo è Grass che legge: la faccia grave e pesta, pensosa, enigmatica, scura, si anima ogni tanto negli occhi che diventano più piccoli, quasi sorridenti, e un piede va avanti e indietro, una mano si agita nell'aria e l'altra sta avvinghia�ta al leggio, mentre il busto va su e giù quasi di continuo con forza, come per spingere, far esplodere meglio le parole. La voce, quella s�che è uno stru�mento: bassa, densa, pastosa, va in su e in giù, accelera e rallenta, si sgrana senza sosta in un'unica colata e i suoni s'accumulano e si fondono uno nell'altro come i numeri degli anni del secolo nell'acquerello dello stesso Grass sulla coperti�na del libro, numeri che sembra�no piccole fiamme brune e gial�le, un groviglio, un filo spinato elaborato a piramide, e sopra la piramide c'è il bianco, cioè il silenzio, forse una speranza al�l'inizio del nuovo millennio. «Cento anni, cento storie — dice Grass in apertura —. Un'idea semplice, immediata. E le storie di questo secolo, del Novecento, sono scritte non nell'ottica di quelli che hanno fatto la Storia, ma di chi l'ha vissuta, protagonisti, vittime, gregari, cacciati». E cos�ci sono s�racconti che sembrano legge�ri, ma per la maggior parte comunicano angoscia, un'ango�scia senza rimedio che è nelle cose, nella vita, nei più piccoli fatti, in tutti i cento io che parlano in prima persona nei cento racconti. Un secolo di disagi, sciagure, violenze, orro�ri. Anche i rari sorrisi sono amari, nascono da un grottesco amarissimo. E Grass segue, imi�ta i linguaggi di questi io, la sua voce sceglie ritmi e te ni diversi. Diventa ironica e veloce ad esempio quando veste i panni di una madre che parla dei figli che all'improvviso diventano punk e di un vecchio nonno dedito alla musica classica che ammattisce e pure lui si fa punk rivelando nel delirio passate nefandezze di banchiere nazi�sta. Oppure quando è una com�messa in un negozio di scarpe che scopre lo shimmy e il charle�ston e tira un po' di cocaina, o un commerciante della Deut�sche Grammophon che una not�te a suon di vodka e champagne convince il basso Saljapin a incidere il primo disco, e in seguito all'Hotel de Milan, pro�prio un piano sopra dov'era morto Giuseppe Verdi, registra i canti di Adelina Patti e di Enrico Caruso. Il gioco diventa però drammalico, struggente, nella storia della donna che nel '46 sgombe�ra macerie nella Berlino distrut�ta dalle bombe e una volta trova nella polvere di mattone un orsacchiotto da regalare al nipotino Felix in carrozzina ma�lato di Tbc, e poi si ritrova in mano una scarpa, e attaccato itila scarpa c'è un uomo, un morto, uno della milizia popola�re, a cui ruba il cappotto di pura lana, roba di prima della guer�ra. Desolazione, e voglia di rico�struire: «Bisogna pur andare avanti, in qualche modo», dice la donna. Sono loro, le donne, che esprimono vita. Gli uomini no, sono finiti. Il genero della donna è tornato dalla Russia, non fa più nulla, «vuole solo starsene sdraiato sul letto e fissare il soffitto». Grass dice queste parole senza enfasi, fa solo uno scatto più deciso in avanti con il busto, muovendo di scatto pure il piede. La sua voce è più lenta e tesa nei protagonisti dei racconti più nettamente politici, come il vetraio ebreo che ha allestito la cabina protettiva per Eichmann al processo, d'un'ironia dolorosa, o come il maestro elementare che chiama il 110 per far arrestare la terrorista Ulrike Meinhof nel '72. E di grande bellezza è una scena nel racconto del '33, l'anno del�l'ascesa al potere di Hitler: Grass con la voce sembra quasi scolpire il vecchio pittore ebreo Max Liebermann sul tetto del suo palazzo altoborghese, col cappotto, il cappello e l'avana spento in bocca, come pronto a partire, mentre guarda laggiù in strada «il fulgore fatidico», il fumo e il puzzo di centomila e più fiacco e della festa nazista. Grass fa una pausa, e sibila: «Che vergogna!». Di nuovo lo scatto in avanti del busto, di nuovo lo scatto del piede. Ancora una trasformazione, dietro l'apparente uniformità dell'attore Grass. La voce ora è divertita, quasi sottile. Raccon�ta del croi o del Muro neir89 e soprattutto del viaggio suo, di Grass, in Italia nel '96, insieme con tre figlie avute da tre madri diverse. In anni di clonazioni, di scomparsa dei padri, a Grass si rivela di nuovo la paternità, e gioca con le figlie e fa loro doni, ma lo spiffero nero s'aggira anche qui, negli sguardi delle tre madri che a lui sembra lo spiino attraverso le fessure del�le muraglie etnische di Perugia. Grass legge, e sembra raccon�ti delle favole. Lassù, sul soffit�to buio del Teatro Studio, brilla�no alcune lucine, sembrano qua�si stelle, e le gallerie assomiglia�no a balconi nei milanesi palaz�zi di ringhiera. Grass è come in un cortile. Un cantastorie. E alla fine, tra gli applausi, esce a sorpresa un altro cantastorie, un altro Premio Nobel, Dario Fo, con Franca Rame. I due artisti si salutano con vigore. «Stasera è la prima volta che ci parliamo — dice Fo -. Ho lavora�lo mollo in Germania, ma non l'ho mai potuto incontrare. Lo slimo, e so che lui conosce e apprezza il mio teatro». Fo è raggiante, Grass è prova�to dall'ora e mezzo di lettura, è più curvo, il passo pesante. I due Nobel vanno a cena insie�me, Fo parla e parla, Grass ascolta con gli occhi che si l'anno sempre più piccoli e diver�titi, e alla fino si prendono pure sottobraccio, girano l'angolo, scompaiono. «L'ultimo libro? Racconta il Novecento attraverso le vittime, igregari, ipersonaggi che non hanno scritto la Storia ma l'hanno subita» OcSperslfa Gùnter Grass ha vinto il Nobel nel '99. A sinistra Dario Fo. vincitore nel '97

Luoghi citati: Barbaresco, Berlino, Germania, Italia, Milano, Perugia, Russia