Così parlarono le TESTE DI PIETRA di Marco Belpoliti

Cos�parlarono le TESTE DI PIETRASognando l'automa: una tradizione che dalla tarda antichità arriva al XK secolo tra illusionismo e scienza Cos�parlarono le TESTE DI PIETRA Marco Belpoliti POLYCRITE, magistrato a Etoli, sposa ima donna dei Locri e tre giorni dopo muore, lasciandola in atItesa di un bambino. Il piccolo nasce ermafrodito. I sa�cerdoti si consultano su questo prodigio e decidono che la nasci�ta è foriera di guerra tra i due popoli. Per evitarla decidono di bruciare madre e figlio. Mentre si accingono a compiere il rito sacri�ficale, compare lo spettro di Polycrite che, dopo aver intimato al suo popolo di non commettere l'assassinio, comincia a divorare il figlio. Lo divora in mezzo alle grida e alle preghiere della gente, tutto tranne la testa. Incerti sul da farsi, i sacerdoti stanno per recarsi a Delfi a consultare l'ora�colo, quando la testa comincia a parlare e predice loro una serie di disastri che immancabilmente si avvereranno. La storia è raccon�tata nel libro di Franqoise Noél, Dictfonnaire de la fobie, edito a Parigi nel 1803, a sua volta citato da Massimo Pettorino e Antonel�la Giannini nel loro inconsueto volume. Le teste parlanti (Sellerio, pp. 224, lire 35.000). I due studiosi, esperti di foneti�ca e fonologia, sono stati affasci�nati dall'esistenza di una tradizio�ne di teste parlanti che risale alla tarda antichità e arriva fino al XIX secolo, la quale ha a che fare con i tentativi umani di imitare la voce. Prodigi, meraviglie, miracoli costellano la storia dell'uma�nità. I Caldei usavano le teste dei cadaveri per la divinazione, co�me si ricorda nella Bibbia, vere e proprie «macchine parlanti» in rapporto con le forze oscure che governano il destino degli umani. Una delle più celebri teste parlan�ti dell'antichità è quella di Orfeo, posta nella grotta di Antissa, sacra a Dioniso, a mo' di oracolo. Il sucdBssò di'questa statua-mobi�le (la statua è il simulacro della testa vera e propria, mentre la testa staccata dal corpo è in definitiva una statua che si ani�ma) provoca l'invidia dello stesso Apollo, dal momento che nessu�no si rivolge più all'oracolo di Delfi, come narra Filostrato nella Vita di Apollonio di Tiana (Adelphi). E' la testa di Orfeo a rivelare a Ciro il Grande il suo destino: finirà col capo mozzato. Tuttavia il racconto delle Te�ste parlanti non riguarda tanto e soio i culti sacrificali esercitati nel passato dai popoU guerrieri, ma anche le grandi statue rituali, prima di tutte i celebri colossi di Memnon, gigantesche statue in posizione seduta e con le mani posate sulle ginocchia, alte venti metri, costruite nel XIV secolo a. C. nella piana di Tebe di fronte al tempio del faraone Amenophi ITI. A causa di un forte terremoto nel 27 a. C. le statue si inclinarono e per circa due secoli i colossi spez�zati in due furono al centro di uno strano pellegrinaggio di cui resta�no ancora le testimonianze lette�rarie, oltre che le iscrizioni incise dai pellegrini sul fianco stesso delle statue. La ragione dell'attra�zione esercitata dai colossi risie�deva nel suono che emettevano durante le prime ore del mattino, quando il sole le colpiva. Ne parlano Pausania, Tacito, Plinio, lino a che Settimio Severo non pensò bene di restaurarle e il fenomeno ebbe termine. I due autori inseguono le tracce di que�sto lontano episodio miracoloso, ipotizzando varie soluzioni, dalla vibrazione dei materiali all'uso di un meccanismo nascosto. E nel frattempo ci presentano analoghi episodi di pietre sonanti dell'anti�chità, chiamando in causa le mac�chine di Erone alessandrino, ma�tematico e meccanico, l'unico uo�mo che nel mondo antico era in grado di costruire un congegno che producesse suoni. La storia delle teste parlanti non è che un episodio particolare della storia degli automi, in cui mito e scienza, stanze delle mera�viglie e gabinetti scientifici sono sovrapponibUi, cos�come magia e illusionismo hanno a che fare col sapere costruttivo e meccani�co: la meravigha e lo stupore sono all'origine del processo cono�scitivo. I falsi Adami, come li ha definiti Gian Paolo Ceserani in un libro famoso, uscito alla fine de�gli anni Sessanta (ristampato di recente da Laterza), sono l'antece�dente dei mostri cibernetici della contemporaneità e danno forma al sogno dell'uomo di realizzare per via artificiale le diverse facol�tà umane: voce, movimento, ahilità manuali e intellettuali. Que�sta storia è raccontata in modo avvincente da Mario G. Losano, studioso d'informatica, in Storie di automi. Dalla Grecia alla Belle Epoque (Einaudi, 1990). E' il Medioevo il baricentro temporale della ricerca della voce artificiale. Autore di teste parlan�ti fu persino un papa, Silvestro H, al secolo Gilbert d'Aurillac, ma anche Alberto Magno, Gerberto, Roberto Grossatesta grande stu�dioso della luce e del colore -, Ruggero Bacone. Alberto Magno, grandissimo sapiente, aveva co�struito un androide che San Tom�maso, recatosi da lui per appren�dere i segreti della filosofia, ruppe con un calcio perché lo importu�nava con il suo chiacchericcio impedendogli di concentrarsi nel�la lettura. I libri settecenteschi e ottocenteschi raccontano cose meravighose di questa macchina parlante: apriva la porta ai visita�tori, si informava delle ragioni della loro venuta, riferiva al pa�drone, intratteneva gli ospiti. Se nell'antichità le teste parlanti mozzate o no, poco importa erano preziosi oggetti dotati di poteri sacrali, capaci di comunica�re con il mondo dell'invisibile, nel Medioevo cristiano la loro carica diabohca era ritenuta certa: l'invi�sibile veniva reputata una realtà con cui era pericoloso trafficare, pena la morte corporale e spiritua�le. Nel libro scorrono i nomi di filosofi e maghi come Giovan Bat�tista Della Porta, e quello che è uno dei più affascinanti personag�gi barocchi, il padre gesuita Athanasius Kircher, nato in Germania all'inizio del Seicento, realizzato�re presso il Collegio romano della più celebre Wunderkammer di tutti i tempi il suo ritratto, per nulla fantastico, è stato tracciato dallo scrittore olandese Anton Haakman nel romanzo, Il mondo sotterraneo di Athanasius Kir cher (Garzanti 1995). Tra le tante cose, Kircher studia i problemi di acustica, e in una serie di tavole del suo Musui^iae univerealis mo�stra come realizzare tubi che imi�tano il condotto auricolare uma�no per portare le voci, raccolte in spazi aperti, nelle bocche di sta�tue parlanti che muovono le lab�bra, gli occhi e la lingua. Con il Settecento entrano in scena una serie di inventori, a metà strada tra l'illusionismo e la ricerca scientifica vera e pro�pria, come l'abate Mical, costrut�tore di automi che suonavano il flauto e della macchina parlante di cui restano alcune illustrazio�ni che ritraggono due teste bar�bute dentro un tempietto, tra colonnine e iscrizioni esplicati�ve. E insieme a questi strampala�ti e fervidi ecclesiastici appaiono i ventriloqui che tra il Settecento e l'Ottocento incantarono e sug�gestionarono le corti e i teatri dell'intera Europa, come la bam�bola parlante costruita in Porto�gallo che, sottoposta al vaglio dell'Inquisizione, rispose corret�tamente e ottenne una patente di ortodossia. Ma il culmine è raggiunto con il barone von Kempelen che occupa un capitolo a sé nella vicenda della costruzione degli automi per essere il creato�re del favoloso Turco, automa in costume che giocava a scacchi e che vinse, tra gli altri, Napoleo�ne Bonaparte. Al Turco Edgar Allan Poe dedicò un racconto, 7/ giocatore di scacchi di Maelzel, scritto ben sessantasette anni dopo la sua appari zione. Il barone, che era teologo, giurista e uo�mo politico, decise di ripro�durre la voce umana. Il suo è uno dei pochi tentativi di realizzare macchine parlanti di cui si han�no testimonianze e prove certe, anche perché, a differenza del Turco, di cui non volle mai svelare il segreto, della macchi�na parlante esiste una dettaglia�ta descrizione. La principale intuizione di Kempelen fu di capire che «i suoni venivano più facilmente distinti dall'orecchio se posti in contrasto l'uno con l'altro e che di conseguenza andavano uniti e ascoltati in successione». L'orecchio umano si tara su certe frequenze e solo grazie alla differenza tra i loro rappor�ti riesce a distinguere un suono dall'altro, spiegano Pettorino e Giannini. Il passaggio è impor�tante perché dall'idea di imitare la voce delle teste parlanti dell' antichità si passa all'imitazione dell'udito, che aprirà poi la stra�da al fonografo e ai moderni strumenti di registrazione del suono che paradossalmente imi�tano l'udito e non la voce. Tutta�via la macchina di Kempelen non avrà mai un volto, non sarà mai una testa parlante. Qui si separano decisamente la storia degli androidi parlanti e delle macchine sonore. 1 primi diven�teranno materia di illusionisti e maghi il mago Houdini è uno di questi -, le altre di ricercatori e studiosi. Nel 1879 Thomas Edi�son sta lavorando al fonografo, strumento che ci introduce all' epoca della voce riprodotta. Ora è la voce artificiale a essere un modello cui quella naturalo ten�de sempre più a conformarsi. La voce non è più un carattere distintivo dell'uomo. In un libro il lungo cammino dell'uomo per riprodurre artificialmente le proprie facoltà naturali La creazione del primo suono e l'automa che batté a scacchi Napoleone: il mostro cibernetico viene da lontano LE TESTE PARLANTI DEL ROCK. Fu proprio rifacendosi al miti antichi che un genio dell'avanguardia Anni 70 come David Byrne decise di chiamare Talking Heads, teste parianti, il gruppo new wave nato, nel 75. a New York nelle aule della Rhode Island School of Design. Oltre al leader indiscusso Byme. ne facevano parte il batterista Chris Franti e sua moglie, la bassista Tina Weymouth; Jerry Harrìson, il tastierista era al pnmo livello di laurea a Harvard, ma aveva seguito un corso avanzato di design con gli altri. E che provenissero da un mondo «intellettuale», in cui anche nella musica contava la ricerca estetica e la contaminazione propria dell'avanguardia, fu subito chiaro: per suonare al Cbgb di Manhattan, il locale che lanciò il punk in America, si vestirono di eleganti divise verdi simili a quelle dei capirepano di Brooks Brother. il più elegante camiciaio di New York. Proprio con l'esplosione del punk, nato in Gran Bretagna dalla rabbia e dalla povertà e trasformatosi in America in un rinnovamento soprattutto estetico i Talking Heads diventano presto il gruppo di punta del rock colto. Sanno utilizzare sonorità africane e si ritagliano una nicchia dove avanguardia e tradizione possono convivere, riescono a coniugare James Brown e Philip Class. A Byme si deve la partitura per le spettacolari elucubrazioni teatrali di Bob Wilson e per le eccentriche coreografie di Twyla Tharp. In Europa fra i fans della musica dei Talking Heads c'è Wim Wenders che l'ha usata come colonna sonora in molti suoi film. . ^-i -.^j**.. ..^ atté mostro ntano ppari rone, che giurista e uo� di di i