Castronovo: un segno di contuinità di Alberto Papuzzi

Castronovo: un segno di contuinitàLO STOmCOxiUN'AMiciZIAGHE DALIA FONDAZIONE NON SI E; MAI INTERRÓTTA» Castronovo: un segno di contuinità «Nei rapporti con gli Usa la storia dell'azienda» intervista Alberto Papuzzi TORINO LA continuità con il passato è il significato dell'accor�do tra Fiat e Gm secondo lo storico Valerio Castronovo, che è l'autore sia di una recen�te storia dell'azienda sia di una famosa biografìa del fon�datore. L'industria automobi�listica americana è stata la stella polare dell'azienda ita�liana: «Il rapporto con l'Ameri�ca è una sorta di filo condutto�re che troviamo in tutte le svolte della vita della Fiat. Non dimentichiamo che i due grandi stabilimenti del Lingot�to e di Mirafiori, simboli stori�ci, sono stati progettati e rea�lizzati sul modello america�no». All'inizio per Agnelli si trat�ta di fare come Ford. Che cosa significava? «Nel 1909-11 Agnelli scopre la novità di Ford. Non era anco�ra la catena di montaggio ma c'era l'idea della produzione in serie. Segue la lettura di Taylor, per una organizzazio�ne industriale delle officine. E c'è il confronto con il Gramsci di Americanismo e fordismo. il quale voleva fare di Torino la Pietrogrado d'Italia, men�tre Agnelli voleva fame la Detroit». Ma il fascismo segna un intervallo. L'America e Ford non sono più cosi vici�ni... «Non è mica vero. Nel 1926 c'è il prestito con la Banca Morgan, che rappresenta una notevole apertura di credito da parte americana. Estinto il prestito, il rappresentate di Morgan rima�ne nel consiglio di amministra�zione della Fiat. Durante la guerra viene internato, ma Gio�vanni Agnelli gli mantiene il posto e ce lo ritroviamo l�dopo la liberazione a tessere rapporti con gli Stati Uniti». Quando però nel 1929 Ford tenta lo sbarco in Italia, quella non fu una fase di rottura? «In piena depressione Ford vole�va 1 Isotta Fraschini, impiantan�do fabbriche non solo a Trieste ma a Milano e Genova. Agnelli ha paura che la Fiat, che produ�ce ventimila automobili, sia co�stretta a chiudere e fa pressioni su Mussolini, che per ragioni di prestigio dello Stato non certo di simpatia per Agnelli dichiara l'industria automobilistica un settore di interesse nazionale e blocca l'operazione. Ma Agnelli continua a guardare all'Ameri�ca. Infatti nel 1932 lancia la proposta dell'orario ridotto a parità di salario. Perché si ren�de conto che se gli operai non hanno reddito per consumare, la sua industria non può espan�dersi. Su questa proposta di sapore keynesiano si scontra con Mussolini e con il vertice di Confidustria, tanto che sceglie di presentare il progetto in ima grande intervista alla United Press, a dimostrazione che il suo interesse è sempre rivolto verso gli Stati Uniti». Dopo la guerra c'è natural�mente il noto rapporto con la signora Luce per le commesse americane. «La cosa è molto più comples�sa. Valletta va negli Usa prima ancora di De Gasperi e stringe un'amicizia per la pelle con Amedeo Giannini, il famoso presidente di orìgine siciliana della Bank of America. Ottiene gli aiuti che Mattioli e Cuccia non erano riusciti a strappare agli americani. Certo gli accor�di con la terribile ambasciatri�ce sono fondamentali per otte�nere commesse strategiche vi�tali, come la produzione dei G91 per la Nato». Ma cosa succede con Togliattigrad negli anni '60 e con Gheddafi negli anni '70? «Il filo non si spezza. C'è una fase alla metà degli anni sessan�ta in cui il figlio del presidente Franklin D. Rosevelt diventa rappresentante della Fiat ameri�cana. Sia per Togliattigrad sia per la Libia, saranno date garan�zie agli americani direttamente da Valletta e Agnelli in persona. Non dimenile liamo l'amicizia dell'Avvocato con i Kennedy e con Kissinger. Al tempo dei governi d'unità nazionale. Agnelli è disposto a fare l'amba�sciatore purché oli americani non si sentano traaiti». Alla fine qual è, professor Castronovo, il suo giudi�zio sull'accordo attuale? «Un accordo con i tedeschi avrebbe creato un doppione, nelle vetture, nelle tecnolo�gie, nel mercato. Questa è l'unione di sinergie per essere protagonisti del cambiamen�to come ha detto Cofferati. L'accordo è una risposta a chi diceva che ormai Fiat viveva di rendita e aspettava solo di spegnere la luce, chiudere la porta e gettare la chiave. Invece c'è un'azienda che met�te in gioco la stessa proprietà per una prospettiva aperta su grandi mercati come India e Cina: ci vuole una grande forza d'urto per riuscire a conquistarli. Naturalmente bisognerà vedere le scelte suc�cessive, i posti di comando. Non è ancora un matrimonio, per ora è un fidanzamento. Se sono rose fioriranno». Valerio Castronovo