Andreotti, il Boss e Borges di Lino Jannuzzi
Andreotti, il Boss e Borges «Il processo del secolo» ricostruito da Lino Jannuzzi: quasi un giallo, pieno di buchi e smagliature Andreotti, il Boss e Borges Una grottesca contro-storia d'Italia Pierluigi Battista commento del suo libro II A processo del secolo, in /l uscita da Mondadori, Liri no Jannuzzi ha scelto quex*l sta citazione di Joige Luis Borges: «Di quella storia si cono�scevano il principio e la fine, ma nessuno sapeva ciò che era suc�cesso nel mezzo». Per la verità, quando Jannuzzi ha proceduto alla stesura del suo referto clinico su un processo troppo smisurata�mente gonfio per evitare di afflo�sciarsi nel nulla pneumatico, del�le vicissitudim giudiziarie che hanno visto Giulio Andreotti pro�tagonista a Palermo e a Perugia si conosceva soltanto il principio ma non la fine, che sarebbe stata, come è noto, interamente favore�vole all'eccellente imputato. Ma è «nel mezzo», nei risvolti meno conosciuti e più sconcertanti di una vicenda dalle tinte talvolta grottesche, che l'autore ha scruta�to i personaggi, gli ambienti, le trame, le atmosfere di un roman�zo goticheggiante concepito e co�struito grazie al fiuto di un giorna�lista di razza che in passato ha lavorato alla sceneggiatura di film come Lucky Luciano e Cada�veri eccellenti di Francesco Rosi (tratto dal Contesto di Leonardo Sciascia). Un romanzo pieno di trovate spiazzanti e di situazioni narrati�ve al limite dell'inverosimile su cui Jannuzzi indugia con perfida malizia: il bacio tra il Boss e lo Statista, l'altro Boss in visita nello studio di Andreotti a piazza Montecitorio, la battuta di cac�cia alla volpe con Bontade, il barbiere frequentato dallo stati�sta assieme al coetaneo Frank Coppola, il periglioso viaggio not�turno di Andreotti in Panda per incontrare tre misteriosi boss a Terrasini, il cinema, sempre in piazza Montecitorio, frequenta�to da Andreotti assieme a Miche�le Greco «il papa», la scorta depistata da «Andreotti per recar�si a summit mafiosi. E poi il pentito che inciampa maldestra�mente sulle date, quello che tor�na a «mafiare», le fissane, il tormentone sullVentità» superio�re, le paradossali incongruenze, le discordanze, i vassoi introvabili, le contraddizioni, le minacce, i capovolgimenti di fronte. Jannuzzi si diverte a smontare un meccanismo comphcato come se fosse un giallo pieno di buchi e di smagUature. Se non fosse che alle spalle di un film dalle sequen�ze mozzafiato si staglia il dram�ma pohtico della deflagrazione politica della Prima Repubblica di cui Giulio Andreotti è stato architrave per decenni. Se non fosse che nei chiaroscuri di una vicenda che avrebbe dovuto dimo�strare la prossimità, se non l'espli�cito e delittuosi intreccio, della politica con i sistemi della criminalità oi^anizzata, con troppa disinvoltura, e con im eccesso di lartigianeria per le ragioni del'accusa, si è voluto vedere niente�meno che la somma della «vera storia d'Italia». Realtà e fiction, pohtica e letteratura. Su questo crinale si muove la «contro-sto�ria» raccontata da Jannuzzi, de�stinata, come è naturale e come è giusto, a rinfocolare le polemiche su una vicenda cruciale dell'at�tualità italiana. Ancora una volta ha avuto ragione Borges. Giulio Andreotti fotografato di spalle durante la prima udienza del processo di Palermo
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