Contro Aznar un Felipe che non c^è

Contro Aznar un Felipe che non c^è Contro Aznar un Felipe che non c^è L'onesto Almuniafa rimpiangere il carisma di Gonzàlez reportage Filippa Ceccarelli inviato a MADRID IL primo capo di governo del�l'era post-franchista, Adolfo Suarez, aveva più capelli che capelli. Il suo più longevo succes�sore alla Moncloa, Felipe Gonzà�lez, conserva tuttora una straordi�naria chioma sale e pepe che senz'altro contribuisce a fare di lui un «piacione» di statura plane�taria. Nel suo piccolo, infine, quan�to a capigliatura anche il leader popolare Aznar non scherza, e anzi per brillantezza e consisten�za si direbbe che abbia delle piu�me in testa. Non sono chiacchiere da par�rucchiere. L'osservazione tricologica applicata alle imminenti ele�zioni politiche si giustifica con la circostanza, del resto qui già am�piamente dibattuta, che del candi�dato di sinistra alla guida del governo, Joaquin Almunia, che è ba�sco nonostante il cognome more�sco, il tratto salien�te è la pelata. La «calva», la chiama�no giustappunto in Spagna, con qualche potere col�pevolizzante. Bene, nei mani�festi che si vedono per strada, la «ca/van di Almunia, che nello slogan si presenta come nEl proximon (sottinte�so presidente) ap�pare recisamente tagliata. La spiega�zione dei creativi socialisti è che il taglio, lungi dal�l'essere ima censu�ra grafica, serve per enfatizzare la pulizia dello sguardo. Sarà. Ieri mattina, comunque, prima di chiudere a Barcellona Insieme con Walter Veltroni, Almunia ha portato la sua rispettabile pelata a Leganés, una cittadina di 170 mila abitanti a una trentina di km da Madrid. Tutto intorno un panora�ma di gru, capannoni, terra smos�sa, materiali di costruzioni in ab�bondanza perché l'edilizia, con gli sgravi fiscali di Aznar, .tira da morire. Ecco dunque «e/ proximo* in piedi, dentro il tempietto di vetro�cemento del locale Centro de Impresas, accerchiato da un nugolo di telecamere, facce di ex operai divenuti capi-officina e piccoli im�prenditori con pestilenziali siga�rette «Ducados» (le Gauloise spa�gnole) accese. Attacca a parlare: «Vb quero presidiar un Gobierno....v. Si vede che è un uomo solido, compatto, abito blu, cami�cia fin troppo inamidata, mocassi�ni lucidi, ha bei denti, una voce forte, ma non conosce la differen�za tra il comizio e la dichiarazione in tv, con il risultato di un ibrido sconcertante. «Seduto al tavolo pare che abbia detto ima volta Felipe con l'abituale modestia è meglio di me». In piedi, in effetti, è un disastro. Sarà perché stravolto dalla campagna elettorale, però non sa dove mettere le mani, alza spesso la testa, ahi, la calva... E' di famigha borghese, s'è sposato in chiesa, tesi su Marx, ha lavorato a Bruxelles, poi nel sinda�cato, è diventato ministro a 34 anni. Ottimo padre e ottimo mari�to, tifa l'Atletico e lava anche i piatti in casa. Un onesto quadro, si sarebbe detto una volta, con l'im�plicita notazione che manca asso�lutamente di carisma. Finisce co�munque di parlare. Le prime paro�le della prima domanda della gior�nalista rivelano, o meglio confer�mano il vero handicap di Almunia: «Està manana Felipe Goiizàlezha deicho...». Stamattina Feli�pe Gonzàles ha detto. Felipe, Felipe, Felipe... Eccolo il dramma, altro che la pelata. E il dramma nel dramma è che se Almunia è qui a rispondere, e poi a tavola con gli imprenditori in un ristorante tra una fabbrica di por�te e una di ondulati che si chiama «La Nonna di Carpenta», beh, in�somma, se può sperare poco più che sperare, in realtà di essere «el proximo» don Joaquin lo deve in pratica solo a Felipe. Oppure, ad essere generosi, lo deve alla propria paziente e grigia affidabili�tà, ma sempre nei confronti di Felipe, che qui tanto per dare l'idea chiamano semplicemente «El ex». E capiscono tutti. L'altroieri Gonzàlez era a Bar�cellona, sempre fichissimo, simpa�tico, un po' cialtrone, abbronzato. con un golf girocollo da favola e quattro diversi tipi di televisioni danesi e bionde giornaliste al se�guito. Continua a piacere alle mamme, alle mogli e alle figlie, incondizionatamente, navigando a vista tra possibili inchieste pena�li (la decada roja offrendo infatti al giudice Garzon molteplici e rognosissimi spunti) e prestigiosi incarichi internazionali. La politica gli ha dato tutto: il coraggio, la gloria, la vergogna, il piacere. E adesso non sa come restituirlo. Ha deciso lui di lascia�re l'impegno attivo, di fare il classico passo indietro, ma la sombra felipisla, l'ombra di una figura cui resterà comunque e per sem�pre legata la modernizzazione del�la Spagna si proietta su chiunque voglia anche solo provare a met�tersi sulla sua scia. E' un imperato�re senza più l'impero, ma conser�va un rango nella nomenklatura e un posto di tutto rilievo nella testa, nel cuore o sullo stomaco di milioni di spagnoli. Insomma: è impossibile dimen�ticarlo. Oltretutto, Gonzàlez pun�ta chiaramente alla politica este�ra, conosce tutti, ha dato consigli alla Thatcher, ha scritto una nobi�le lettera a Kohl. Ma si prende ancora libertà inaudite nelle que�stioni spagnole. Tempo fa, ad esempio, con la massima natura�lezza, se n'è uscito dicendo che Aznar e Julio Anguita, l'ex leader di quel partito comunista con cui il psoe ha finito per allearsi in queste elezioni, ecco, quei due erano letteralmente ala misma mierda». Che, come si comprende�rà, non è esattamente il miglior affidamento in vista di un'allean�za. Felipe, si sa, odiava i comuni�sti, «Mille volte meglio rischiare di morire pugnalati sulla metropo�litana di New York diceva che vivere a Mosca». Ora che si è disimpegnato dalla routine, e che il povero Anguita, un severo pro�fessore bolscevico con barba che sembrava uscito da un film di trent'anni fa, è stato colpito da un paio di coccoloni e sostituito alla guida di Izquierda Unida, il patto elettorale con il psoe s'è fatto. Ma è un patto fragile, siglato troppo tardi e troppo m fretta da chi non ci crede troppo, ma è costretto, A pensarci bene il buon Almunia, che come il nostro indi�menticabile onorevole Galloni si merita la definizione di «testa più lucida del partito», è il giusto candidato di questa sinistra raffaz�zonata, ma generosa; debole, ma pentita degli scandali; costretta a parlare al cuore di un elettorato che risponde prima di lutto alle appartenenze (che in Spagna anco�ra contano) e ai sentimenti (idem); e tuttavia costretta a giocare sulla difensiva, a promettere soldi in regalo ai pensionati Isecondo la pratica dell'offertori, sarebbe a direl'offertona). Al posto dell'infartuato Angui�ta c'è un sessantenne anche lui onesto, Francisco Frutos, ma arri�vato pur sempre al vertice del partito in via sanitaria. Cos�come al posto del «proxi�mo», che finito il suo incontro nell'assolata Leganés saluta infi�landosi con un sorriso malinconi�co nella sua Croma, ci sarebbe dovuto stare, dopo sacrosante pri�marie richieste proprio da Almu�nia, José Borrél. Ouesti è un intel�lettuale lucido, molto caustico, un po' cinico, che però è intempesti�vamente scivolato su un impiccio di natura fiscale: una storia nean�che troppo grave, però gravissima considerate le reconti storiacce del psoe. Una sinistra, dunque, acciden�tale e accidentata. Più che pelata. Perché il capello e la calva conte�ranno pure, ma non è affatto provato che facciano vincere o perdere le elezioni. L'alleanza con i comunisti di Frutos sembra un patto fragile siglato tardi per necessità Nella foto grande, il leader socialista Joaquin Almunia. A sinistra, il leader del partito comunista spagnolo, Francisco Frutos

Luoghi citati: Barcellona, Bruxelles, Madrid, Mosca, New York, Spagna