Iflran riapre i rubinetti del petrolio di Maurizio Molinari

Iflran riapre i rubinetti del petrolio L'lran riapre i rubinetti del petrolio Si allea con l'Arabia e l'oro nero scende. Soltanto una tregua? Maurizio Molinari ROMA Nel primo giorno del mese sacro del Pellegrinaggio alla Mecca l'Iran ha accettato il compromesso offerto dal�l'Arabia Saudita per una «ade�guata e tempestiva» immis�sione di petrolio «per riequilibrare il mercato e raggiunge�re un livello di prezzi sosteni�bili». L'effetto ò stato imme�diato: il prezzo del barile è sceso de) 3 por cento, ferman�dosi a 33.10 dollari, dopo l'aumento del 5 per cento del giorno precedente. L'incubo del rialzo però non è scongiu�rato e resta in agguato ma l'arrivo dell'Hajj (il Pellegri�naggio, uno dei cinque pila�stri della fede islamica) ha portato un giorno di tregua. Il momento chiave ò stato l'incontro a Riad fra il mini�stro del Petrolio saudita. Ali al-Naimi, ed il suo omologo iraniano, liijan Namdar Zanganeh. Pino ad allora i due paesi leader del Golfo orano su fronti opposti: i sauditi capofila delle «colombe» dei paesi Opec favorevoli ad au�mentare la produzione (con Messico, Kuwait e Venezue�la) e gli iraniani d�quello dei «falchi» (con Algeria e Libia). Nell'incontro a porte chiuse nei palazzi wahabiti il prezzo del greggio ò stata una carta giocata in uno scenario più vasto. L'Iran ha interesse ha prez�zi alti per risanare la propria disastrata economia ma non a guidare una crociala dei falchi contro l'Occidente. L'Arabia Saudita cosi ha fat�to pesare la scelta compiuta per sdoganare la Repubblica Islamica nel Golfo. L'invito recapitato alla Guida Supre�ma della Rivoluzione, Ali Khamenei, affinché si rechi in Arabia Saudita segna il punto di non ritorno nella scelta di Riad di accettare quello che fino ad ieri era il peggior nemico del proprio modello Islam: la teocrazia sedita. Il merito ò del nuovo corso del presidente iraniano, Mohammad Khat.ami, di cui il ministro Zanganeh è un fedelissimo (a differenza del suo vice, Hosseini rimasto ieri in ombra). Zanganeh an�drà oggi in Oman e negli Emirati Arabi Uniti: due roccaforti degli interessi dell'Oc�cidente oltre gli Stretti tli liormuz. So tutto filerà liscio alla conferenza dell'Opec del 27 marzo l'Iran potrebbe tro�varsi a fianco di paesi del Golfo fino a poco tempo fa definiti «lacchè dell'imperia�lismo yankee e del sionismo». Nelle dieci righe del comu�nicato irano-saudita c'è an�che un (debole) segnale di Teheran per Washington. Solo 24 ore prima l'Ammi�nistrazione Clinton aveva fat�to trapelare le indiscrezioni sulla decisione di abolire l'embargo all'importazione di tre beni chiave dell'export iraniano; tappeti, pistacchi e caviale. Al passo indietro di Washington sulle sanzioni, Teheran ha risposto con un passo avanti sul compromes�so sul greggio. «Il rialzo è legato alle speculazioni» ha taglialo corto Zangheneh. Continuare a guidare i «fal�chi» avrebbe d'altra parte comportalo un braccio di fer�ro con il super-dollaro annun�ciato dalla decisione america�na di aumentare solo in que�sta settimana di 7,62 milioni di barili le proprie scorie, accompagnata dalla minac�cia di Clinton di accrescere la produzione dei paesi non Opec. Alla prospettiva di una guerra del petrolio con l'Occi�dente Khatami ha preferito un compromesso che smorza la tensione ma lascia per ora i prezzi ben oltre la soglia dei 31 dollari. Il calo del prezzo è stato contenuto perché la tela sau�dita è fragile. «Le attuali condizioni del mercato e le prospettive comportano la ne�cessità che i produttori dei paesi Opec e non Opec forni�scano adeguati e tempestivi rifornimenti recita il comu�nicato congiunto necessari por stabilizzare il mercato per raggiungere livelli soste�nibili di prezzo, compatibili con la crescita mondiale e la stabilità del mercato». Diffici�le dire se questo testo resiste�rà a mercati inquieti fino alla fine del mese del Pellegrinag�gio. «L'accordo di Riad è positivo ma se aumenteran�no la produzione solo di 1,2 milioni di barili non basterà, ne servono almeno 2 milioni» commenta Tom Bentz, anali�sta della Paribas Futures di New York. Il mercato dunque resta volatile, il barile rischia di arrivare a 36 dollari e la previsione-incubo dell'ex mi�nistro del petrolio saudita sceicco Yamani non muta: «Se la produzione non cala il barile di greggio può arrivare a 40 dollari entro sei mesi». Il greggio si assesta a 33 dollari il barile Decisivo un vertice a Riad fra i due paesi Ora tocca agli Emirati Ma l'incubo del grande rialzo non è ancora finito Serve un raddoppio della produzione Pozzi petroliferi in attività, l'Occidente teme una nuova guerra del greggio ti