«Potrei chiedere la grazia» di Giovanni Bianconi

«Potrei chiedere la grazia» Si è consegnato alla polizia dopo un saluto alla moglie. La Francia non è disposta a estradare Pietrostefani «Potrei chiedere la grazia» Bompressi in carcere, ma sta male Giovanni Bianconi inviato a PISA «E alla fine, se tutto dovesse anda�re ancora male, chiederò la gra�zia». Ovidio Bompressi è in macchi�na col suo avvocato, Ezio Menzio�ne, e mentre si lascia alle spalle la libertà discute delle mosse future: nell'ordine, una nuova richiesta di scarcerazione per motivi di salute; l'eventuale ricorso in Cassazione contro l'ultima sentenza di colpe�volezza; la domanda di clemenza al Capo drillo Slato. Meno di un'ora dopo Bompressi è nel carcere Don Bosco di Pisa e poi comincia la trafila; ufficio ma�tricola, impronte digitali, magazzi�no, centro clinico per la visita medica. Riabbraccia Adriano So�ffi, gli educatori, il medico del penitenziario. E piange. «Onesto per me è un luogo di morte e di annientamento)), dice con il solilo filo di voce. Quest'uomo che da ieri manina è di nuovo in galera dopo 42 giorni di latitanza, per la giustizia italia�na è l'assassino del commissario Luigi Calabresi, ammazzalo a Mila�no nel maggio del 1972. Deve scontare 22 anni di prigione, al pari di Sol'ri che è già dentro e di Giorgio Pietrostefani che invece è ancora uccel di bosco. Fine pena 2017. Ma Bompressi dice che non ce la l'ara mai ad arrivare a quella data, che sta male, che il suo fisico e la sua psiche non gli permettono di sopportare il carcere, e già nel '9B giudici e dollori gli avevano concesso la sospensione della pena per motivi di salute. I suoi avvocati hanno provato a riottenere quel provvedimento su�bito dopo la condanna di Venezia, ma l'assenza del detenuto in cella e l'impossibilità di effettuare una nuova perizia hanno determinato il «no» del tribunale di sorveglian�za. Lei decisione è della scorsa settimana, e in quel momento Bom�pressi ha deciso di costituirsi. «Fi�nora aveva aspellato perché spera�va di riottenere la sospensione da subito; io che ho imparalo ad essere più pessimista ci credevo meno», dice l'avvocato Menzione. E il «giallo» del rilardo di un giorno, dal luned�al martedì, si spiega con il desiderio di riabbrac�ciare la moglie Giuliana e la figlia Elisabetta prima di andare all'ap�puntamento con l'avvocalo e con il carcere. Un saluto frettoloso, nel timore di incontri imprevisti, visto che proprio lunedi mattina i carabi�nieri erano andati nuovamente a perquisire la casa di Massa dove la signora Giuliana, adesso, dice: «Non vedo e non sento Ovidio dal giorno della sentenza». Cosi si spie�ga lo slittamento di un giorno dell'incontro con l'avvocalo. Men�zione l'ha aspettalo al bar Happy Days, sulla via Aurelia, vicino allo svincolo autostradale di Pisa Nord, un bancone e qualche tavolo per sfamare i camionisti di passag�gio. Bompressi e arrivato puntua�le, alle 11,30, sbucato dalla pineta di Migliarino, accompagnalo da un amico che se n'è andato subito. Un abbraccio, un caffè e poi di nuovo in macchina, con Menzione, verso la prigione. Durante il tragitto, il legale ha telefonato al numero della questu�ra di Pisa che da giorni era sempre libero, in attesa di quella chiama�la. Era l'ultimo contatto, stavolta non c'era bisogno di presentazioni e convenevoli: «Stiamo arrivan�do». «Bene, ci facciamo trovare giù», ha risposto il dottor Bortoluzzi, dirigente della Digos. Ad atten�dere Bompressi c'erano due auto civetta della polizia; un funziona�rio è salilo in macchina col condan�nato, un'auto s'è messa davanti e l'altra dietro, il convoglio è partito senza sgommate e senza sirene. Alle 12,33 il cancello del passo carraio del Don Bosco s'è aperto, e l'uomo condannato per avere am�mazzato il commissario Calabresi era di nuovo in carcere. «Un uomo provato, angosciato, prostrato fisicamente», racconta Menzione, anche se in questi gior�ni di «nascondimento» ha preso un po' di tintarella che rende il suo aspetto meno emaciato del solito. «Un uomo che ha un deficit psichi�co tale da far temere atti di autole�sionismo», aggiunge il professor Ceraudo, direttore del centro clini�co del carcere. E' rimasto sempre in Italia, Bompressi. «Lontano da queste montagne non saprei dove anda�re», ha confidato ieri mattina al�l'avvocato, guardando verso le Apuane. Le indiscrezioni sul mese e mezzo di latitanza sono pochissi�me; gli amici che sapevano qualco�sa sono sempre stato pochi e «com�partimentali». Avrebbe cambiato quattro «covi», il latitante, molto probabilmente sempre in Toscana. Ma ha anche avuto la sensazione che la fuga non potesse durare a lungo, e che fosse di fronte a un bivio: o una latitanza vera, all'este�ro e al riparo da sorprese, o costitu�irsi e tentare di uscire con gli strumenti giuridici. Presto o tardi poliziotti e carabi�nieri l'avrebbero trovato, e Bom�pressi ha scelto l'altra strada, che andava bene pure agli investigato�ri. Adesso è in cella, in attesa che medici e giudici decidano se rimet�terlo fuori. Resta ancora libero Pietrostefani, l'altro «mandante» del delitto Calabresi; tutti lo danno già in Francia, ma ieri dalla Fran�cia si è saputo che in quel Paese non sarebbe mai arrestato. Ovidio Bompressi mentre si costituisce nel carcere Don Bosco di Pisa, a sinistra Giorgio Pietrostefani, ancora latitante

Luoghi citati: Francia, Italia, Migliarino, Pisa, Toscana, Venezia