Democratici, venite a Vienna

Democratici, venite a Vienna Haider lavora sull'ignoranza storica e rischia di portare l'Austria fuori dall'Europa Democratici, venite a Vienna Hermann Dorowin APPRENDO dai giornali che l'onorevole Pino Rauti, che dice di ammirare Jòt-g Hai�der, intende esprimere attraverso la diffusione di cartoline, la sua «solidarietà al popolo austriaco», per le ingerenze subite da parte intemazionale. Come cittadino au�striaco ed europeo desidero precisa�re che non gradisco affatto tale solidarietà, come non la gradisce quella grande maggioranza dei mìei concittadini che non ha votato per il partito xenofobo di Jòrg Haider e che si è sentita tradita dalla forma�zione di un governo che rischia di compromettere gravemente il livel�lo di giustizia sociale e di liberalità raggiunto dal nostro paese e la sua posizione nell'Unione Europea. La forte mobilitazione della società civile che ha trovato espressione nell'imponente e pacifica manife�stazione antigovernativa del ^feb�braio a Vienna, ha contribuito a costringere Haider a dimettersi, in una mossa sicuramente tattica ma comunque imposta, dalla presiden�za del suo partilo. Questa mobilita�zione dimostra che la coalizione fra popolari e nazional-liberali non è vissuta dagli austriaci come un normale esito del ricambio demo�cratico. Milioni di cittadini conside�rano le affermazioni di Haider sul�l'ottima politica occupazionale del Terzo Reich (si pensi solo ai lavori forzati per una frenetica produzio�ne bellical e sul senso d'onore che avrebbe ispirato i macellai delle SS, nonché le esternazioni apertamen�te razziste di vari esponenti del suo lartito, oltraggiose ed inammissibii. L'identità stessa dell'Austria sta da sempre proprio nel superamento dell'etnocentrismo germanico; è grazie alla confluenza di tante ener�gie dai paesi non tedescofoni della vecchia monarchia absbufgica, che il paese ha saputo conservare una sua importanza anche dopo il crollo dell'impero. Se fosse stato per Hai�der, i massimi rappresentanti della cultura austriaca nel Novecento, che erano in molti casi di origine slava o ungherese e spesso di ascen�denza ebraica, come Freud, Mahler, Schnitzler, Roth, Horvath e perfino Hofmannsthal, ma anche migliaia di studiosi, professionisti, commercianti, operai non «autocto�ni» non avrebbero mai messo piede a Vienna o sarebbero stati cacciati per mancanza di un permesso di soggiorno. Fu infatti un rancoroso provinciale di pura razza germani�ca come Adolf Hitler che, disgusta�to dalla «Babele delle razze», cancel�lò l'Austria dalla carta geografica, suscitando l'entusiasmo di tanti altri presunti purosangue teutoni�ci, dimentichi della loro propria storia. L'ideologia dell'identità etni�ca ha cosi distrutto la vera identità del nostro paese, trascinandolo nel�la catastrofe e dividendone la popo�lazione in vittime e camefei. Il risveglio dal delirio nazista fu duris�simo, e non mancarono gli sforzi per imparare dalla storia, che dove�vano però sempre scontrarsi con la tendenza, più accomodante, alla rimozione. Va corretta, a questo proposito, l'affermazione fuorviante di Paolo Rumiz, secondo la quale la letteratura austriaca non avreb�be mai affrontato, come quella tede�sca, gli orrori del passato. Basta aprire le opere di Use Aichinger, Ingeborg Bachmann, Hans Lebert, Thomas Bernhard, Peter Handke e tanti altri per convincersi del con�trario. A partire dagli anni settanta il passato nazista diventa tematica centrale anche nella storiografia austriaca. Nascono cos�monumen�ti alla memoria delle vìttime del nazismo, musei d�cultura ebraica e archìvi della resistenza. Il proble�ma consiste nel fatto, che questo sforzo di elaborazione non coinvol�ge sufficientemente tutta la società austriaca. Sta di fatto che nei cìnquant'anni della Seconda Repubblica l'Au�stria ha saputo collocarsi fra le democrazie più stabil�e prospere d'Europa e pr^norsi anche, a parti�re dal governo Kreisky, attivamen�te come mediatrice nei conflitti internazionali. La convinta adesio�ne degli austriaci all'Unione Euro�pea, allora fortemente contrastata dal partito nazional-liberale, era la logica conclusione d�un processo di crescita democratica. Pochi anni dopo quell'evento importante, la demagogia haideriana, che lavora sull'ignoranza storica, su ogni for�ma di protesta e ora anche sull'orgo�glio nazionale offeso dalle sanzioni diplomatiche, rischia davvero di riportarci fuori dall'Europa. Sono convinto che il paese non vada snobbato o isolato, ma anzi, invaso dalle proteste, prese di posizione, ma anche dalla presenza fisica d�tanti cittadini europei. Ciò che per �democratici austriaci è essenziale, è sentire una vicinanza vigile e partecipe dell'Europa in tutte le sue espressioni sociali e culturali. Hermann Dorowin, viennese, insegna storia e letteratura tedesca all'Università di Perugia

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