Il paradosso della California

Il paradosso della California LO STATO CHE ESPRIME PIÙ' DELEGATI Il paradosso della California M Comandante forse più voti ma non la vittoria analisi Augusto Mlnzolini inviato a NEW YORK FORSE domani leggendo i risul�tati del super Tuesday, cioè delle primarie che si svolge�ranno oggi, i Repubblicani ameri�cani si sveglieranno accoigendosi che mentre i democratici hanno un solo candidato, Al Gore, loro hanno un «pericoloso paradosso» in casa: un potenziale candidato vincente per la Casa Bianca come John McCain, cioè un vero asso pigliatutto tra gli elettori indipen�denti e tra i democratici di destra, che deve lasciare il passo a George W. Bush, cioè al candidato dello zoccolo duro del partito. Questa contraddizione con la C maiuscola potrebbe essere fotogra�fata dal voto della California, cioè dal più grande laboratorio d'Ame�rica, dallo Stato del sogno america�no, di Hollywood, dalla culla del reaganismo che è sempre stato il mito di McCain. L�il figlio di papà Bush potrebbe accapararsi tutti i 162 delegati per la Convention di Philadelphia (in questo Stato vige un maggioritario secco, chi vince prende tutto) assicurandosi le pri�marie vere e proprie che sono aperte solo agli iscritti del partito, ma potrebbe perdere il confronto con l'eroe del Vietnam in una consultazione parallela, organizza�ta sempre dal GOP, a cui possono partecipare invece tutti gÙ eletto�ri. Già il voto della California potrebbe diventare il simbolo dei Repubblicani in mano per dirla con McCain alle «vecchie nonne di Bush». Ne potrebbe uscire l'im�magine di un establishment anti�quato che per difendere il proprio potere accetta il rischio di perdere le elezioni di novembre, mettendo addirittura la macchina del parti�to contro l'elettorato (in questo momento nei sondaggi nazionali McCain vincerebbe contro Al Gore di dieci punti, mentre Bush prevalerebbe sul candidato democratico di non più di tre punti). E questo con buona pace della vulgata tutta italiana secondo cui in America i partiti non contano nulla. Invece, altroché se contano. Contro di essi lo stesso schiaccia�sassi McCain a quanto pare può ben poco. Contro quella comples�sa macchina che mette insieme una forte oiganizzazione sul terri�torio e strettissime relazioni con lobbies economiche, religiose, etni�che non basta neppure il favore dell'opinione pubblica. Quell'in�granaggio non è stato neanche scalfito dall'appoggio esplicito con�cesso al comandante da giornali importanti come il New York Ti�mes o il The New York Daily News. Oppure dalle dichiarazioni in suo favore e dai dollari versati per la sua campagna elettorale da personaggi di peso del mondo del�lo spettacolo: attrici come Moigan Fairchild e Connie Stevens, attori come Harrison Ford e Tom Selleck, miti della musica come Burt Bacharach e registi come Milos Forman e Sydney Pollack si sono schierati apertamente per lui. Lo stesso Warren Beatty che mesi fa aveva pensato di candidarsi in queste presidenziali alla fine è diventato un sostenitore di Mc�Cain: «Quel tipo mi piace anche se è un conservatore». Tutto ciò però alla fine potreb�be rivelarsi inutile. Perchè i vertici del partito repubbUcano controlla ti dalla destra religiosa si sentono minacciati da McCain, consapevo�li che il comandante non è uno di loro come invece grazie alla garanzia patema lo è Bush. E cos�l'America conservatrice ri�schia di dividersi: la minoranza che detiene il pacchetto di maggio�ranza del partito molto probabil�mente imporrà il suo candidato alla maggioranza del corpo eletto�rale. L'epilogo a guardare i numeri appare segnato. A McGain rimane solo la speranza che come nelle primarie del Michigan esca fuori una sorpresa che mandi all'aria pronostici e poli. Al momento lui potrebbe imporsi solo negli Stati del New England: Connecticut, Massachusetts, Rhode Island, Mai�ne. Magari neh' Ohio, che ha una fisionomia politica simile a quella del Michigan. Si tratta degli stati più aperti alle novità, in cui anche i conservatori si tingono di liberal. Nei grandi Stati, quelli che esprimono più delegati, il coman�dante è invece in difficoltà. Nei sondaggi su New York è sotto: secondo uno studio del Wall Street Journal di tre punti, secondo un altro del New York Daily di 8 punti. L�la spietata macchina del panilo ha lavorato contro di lui. Il governatore George Pataki e il sindaco della grande Mela Rudol�ph Giuliani sono per Bush. Addirit�tura Pataki si è lasciato andare ad una serie di attacchi personali contro McCain, Ma malgrado i sondaggi sfavo�revoli il veterano del Vietnam ci spera. «La gente decide osserva solo nelle ultime 48 ore per cui i sondaggi dei giorni precedenti si�gnificano poco e niente». Il perso�naggio, per dirla con il New York Times, «ha carattere», per cui non si arrende. E non si arrende neppure al meccanismo infernale della Cali�fornia che, di fatto, dà la possibili�tà al vertice del GOP di assegnare tutti i 162 delegati visto che le primarie si svolgono nel recinto chiuso del partito. Anzi, senunai il «paradosso» di vincere tra gli elet�tori e perdere tra i militanti del partito potrebbe mettere alla luce ia malattia del partito Repubblica�no, potrebbe diventare il detonato�re che fa scoppiare la situazione, che mette la candidatura di Mc�Cain su un binario diverso. Ed è proprio questo l'incubo del vertice del «GOP». Non di Bush che nel suo infantilismo politico si limita a dire: «Il candidato per la Casa Bianca lo scelgono i delega�ti». No, chi suderà freddo saranno gli impresari della candidatura del figlio di Papà. La «contraddizio�ne», infatti, potrebbe mettere in subbuglio la hase del partito, po�trebbe farla insorgere per recita�re il McCain pensiero «contro quelli di Washington». O ancora far nascere una candidatura Mc�Cain aldifuori del bacino repubbli�cano: non è da ora che il Reform party di Ross Perot, diviso come non mai, sogna di sposare il co�mandante. Potrebbe ripetersi, in�somma, lo stesso fenomeno che fu alla base della sconfitta del '92 di Bush padre contro Bill Clinton. Anche in quell'occasione gli eletto�ri indipendenti critici verso le scelte del partito Repubblicarono ne decretarono la sconfitta. Se ciò awennisse lo stesso Gotha del partito dell'elefantino che oggi af�fossa la candidatura McCain, do�vrà a Novembre spiegare alla sua ;ente la «contraddizione», perchè tia deciso scentificamente di perde�re. A quel punto McCain non cambierebbe l'America, ma il par�tito Repubblicano sicuramente sì. Lo sfidante che i sondaggi vogliono Presidente forse dovrà cedere il posto al rivale per una scelta del partito