San Tomaso e Campanile in una bustina di Minerva

San Tomaso e Campanile in una bustina di Minerva San Tomaso e Campanile in una bustina di Minerva FORSE non tutti se ne sono accorti, ma Umberto Eco, qualche volta, protnide. Anzi, se deve gettare la maschera, confessa che il verbo gli piace. Nel contesto adatto gli suona approprialo, e addirittu�ra grazioso, in tutte le sue varianti: "protrasi, protruderesti, se essi avessero protmso". E' l'abuso del protrudere, che lo disturba, l'impiego senza fanta�sia, che lo rende odioso: come il turpe "animino", l'orrendo "ottimizzare" lo sputtanalo "fruitore". Il verbo protrudere, a essere giusti, viene comunemente schi�vato dagli scrittori perbene. Nel repertorio poetico del Novecen�to, dove pure ricorrono parole come "bucherarne" (Covoni), "procubo" (Campana), "o'emsnow'd" (Montale), non lo incontriamo nemmeno una vol�ta. Ma nella Bustina di Minerva c'è. Chi se lo fos�se perso sul�l'Espresso, in una memorabile rubrica del 1992 (dedicata al refe�rendum di Tutto libri sulle belle e brutte parole) lo può trovare ora nel volume dove Eco raccoglie, selezionandole, le Bustine di un decennio. Grazie per l'operazione. "La Bustina di Minerva si ritaglia e si conserva", dicevano i suoi lettori, in piena malafede. Rita�gliarla, forse; conservarla, do�ve? Per un libro di 350 pagine, il posto c'è; sapremo sempre dove trovarlo. Quante cose ci sono, nelle Bustine di Minerva. Il titolo della rubrica viene dai conteni�tori di fiammiferi, che l'autore usa sul retro, per registrare le riflessioni captale al volo men�tre è al bar, al ristorante, in treno, guardando una vetrina. Deve essere mollo grande, la bustina che Eco si porta in tasca, se dentro ci sono tulle quelle idee. Su quell'esiguo car�toncino, destinato a racchiude�re un elemento perituro come il fiammifero, lo scrittore è riusciFILOSOFIA E LOCKE E L'ISDE MAISTRE RECENSIONE Giorgio Calcagno lo a trovare posto per Sant'Ago�stino e Totò, Locke e l'ispettore Derrick, Wittgenstein e Monica Lewinsky, De Maistre e Ambra Angiolini, Borges e Borges (quel�lo della realtà e quello della finzione, cioè il vero). Forse per la necessità di strin�gerli tutti nello stesso spazio, finisce che San Tomaso orec�chia i nonsenses di Campanile e Campanile suggerisce immagi�ni teologiche a San Tomaso. La scommessa di Eco il segreto della Bustina è divertirci con un pensiero filosofico e farci pensare citando un umorista. Il suo ragionamento ha bisogno di essere rovescialo nel parados�so, il lampo della verità si accende sempre noi punto più inatteso. Inutile fare tanto bla bla sulla funzione dell'intellettuale nella società moderna, basta l'esempio di Leopardi: "Ci inte�ressa quello che ha dotto della vita parlando di Silvia, non la sua opinione (probabilmente troppo risentita) sulle ragazze di Recanati". Se devo respingere gli argo�menti di Bossi per una Padania slaccala dal Sud, Eco si chiede: "Meglio andare a raccontare in giro di essere compatrioti di Pitagora o di Formenlini?". E mentre si diffondono in Europa i revisionismi, pensa ai libri di storia da riformare, alla luce delle domande più inquietanti: "Dov'era Ferruccio Farri la not�te di Villarbasse? Aveva davve�ro deposto le armi? Quali sono stali i rapporti tra Benedetto Croce e Rina Fort?". La sezione più gustosa del libro è quella sulle lettere e arti, che Eco intitola "Zanzaverate di OTO, A LEWINSKY, GES peducci fritti", richiamandosi a uno fra i più sgangherali sonetti del Burchiello. Da non perdere, in questo gruppo, "Un trattalo sugli stuz�zicadenti", repertorio dello stramberie editoriali; "Quelle schifezze della Quinta", antolo�gia delle stroncature ai capola�vori fatte dai contemporanei; soprattutto "1 folli letterari", che per Eco esercitano una singolare attrazione. Tanto de�vono attrarlo, da suggerirgli la figura di uno scienziato più follo ancora: come "l'insigne matematico" suo amico non sarà mica vero, per caso? scandalizzalo per lo squilibrio mentale di Leibnilz. "Figurati, mi ha detto, che quest'uomo, elio ha scritto opu�scoli di logica e matematica veramente geniali, ha scritto anche alcune opere minori con fantasie deliranti sullo monadi e l'armonia pre�stabilita!". La più confor�tante, per noi, è la seziono ispira�la al dantesco "Quel che per l'universo s�squaderna": do�ve il semiologo, gran consumatore di strumenti elettronici, difende il libro dal�l'invasione di Inlernet. Certo, il computer gli consen�to di programmarsi eccitanti viaggi virtuali in troni): come il Battipaglia San Pietroburgo via Madrid, in 110 ore e 34 minuti; o il Mosca-Istanbul via Lisieux («tire misticismi in un colpo solo»). Ma quell'apparecchio non gli darà mai l'emoziono di un volu�me da sottolineare, annotare, scorrere con i polpastrelli. Con�tro l'arroganza ignorante dei Bill Gates, l'autore diApocalitti ci e integrati continua a credere nella insostituibilità del libro. E se in un silo della grande rete trova una serie di istruzioni su come scrivere bone, si diverto a rovesciarne il segno, annullan�done il senso. "Lo parole straniere non fan�no affatto bon lon". "Non essere enfatico! Sii parco con gli escla�mativi!". "Inutile dirli quanto siano stucchevoli le preterizio�ni". E non dimenticare mai che "Solo gli stronzi usano parole volgari". Umberto Eco compone un'antologia della sua celebre rubrica sull'«Espresso», riflessioni tascabili, sul filo del paradosso, tra letteratura e società: dalla funzione dell'intellettuale alla riscrittura dei testi di storia, dall'avvento di Internet al futuro della carta stampata, insieme a un «trattato sugli stuzzicadenti» e a un orario ferroviario per viaggi virtuali. Il tutto con eleganza e ironia: «Solo gli stronzi usano parole volgari». FILOSOFIA E UMORISMO CON SANT'AGOSTINO E TOTO, LOCKE E L'ISPETTORE DERRICK, WITTGENSTEIN E LA LEWINSKY, DE MAISTRE E AMBRA ANGIOLINI, BORGES S. BORGES Umberto Eco La bustina di Minerva Bompiani, pp.345, L. 29.000 SAGGIO Umberto Eco: tante scatole di fiammiferi zeppe di appunti, di riflessioni, di divagazioni intorno a Sant'Agostino, Totò, l'ispettore Derrick

Luoghi citati: Battipaglia, Campana, Europa, Recanati, San Pietroburgo, San Tomaso, Villarbasse