L'Austria che non vuole ricordare di Pierluigi Battista

L'Austria che non vuole ricordare Prevale la sindrome della congiura contro un piccolo Paese ingiustamente isolato L'Austria che non vuole ricordare Pierluigi Battista Inviato a VIENNA Il signor Gottfried Pfaffenberger ha affittalo mezza pagina del giornale viennese progressi�sta «Dor Standard». Una proce�dura decisamente inconsueta (e notevolmente costosa). Ma lui vuole denunciare quella che definisce «una campagna di di�sinformazione senza pari» pro�mossa dai governi europei inten�zionali a confinare in un rocinto infollo l'Austria che ha sfida�lo l'embargo polilico imbarcan�do il partito di Joerg Haider nel nuovo governo. «Non ho elotto Haider», afferma nel suo visto�so messaggio il signor PfafTnberger. Per lui, anzi, Haider non ò che un losco «opportunista», un «populista» peraltro di non ec�celsa qualità, un «irresponsabi�le» che «non vorrei mai vedere nel governo del mio Paese». Ma l'Austria ha liberamente deciso cos�e si dà il caso die «l'Austria non è la nuova Naziland». Non ci sono «troni in partenza por i campi di concentramento». Hai�der «non ha mai compiuto un alto antisemita in qualità di Governatore della Carinzia». E quella europea è un'inainnùssibile «ingerenza che compromet�te in modo irrevocabile la sovra�nità» di un Paese democratico. Si traila di giudizi durissimi, e Dio solo sa quanto devono tormentare la coscienza di un uomo insospettabile come il signor Pfaffenberger. Anzi, si tratta di un vero pugno nello stomaco per chi conosce bene quale impasto di vittimismo e di narcisismo rancoroso stia alla base delle peggiori scelle che l'Austria ha potuto compie�re in un passato tremendo. Co�nosce sì, ma non capisce che la sindrome micro-sciovinista di chi ritiene paranoicamente che «lutto il mondo congiuri» con�tro di lui si fa più forte e computta, contagia nuovi adep�ti nelle pieghe più impensate dell'opinione pubblica, alimen�to un risentimento cupo in chi si sente offeso da un ostracismo vissuto e subito come un affron�to. La scena mediatica è occupa�ta dai manifestanti che rumo�reggiano contro il ballo di Vien�na e allestiscono in piazza «car�nevali antifascisti». Dai tanti cabaret alternativi che rinverdi�scono una tradizione di trasgressivilà estetica in auge nella Vienna democratica prima che calasse la notte hitleriana. Dal�le curve degli stadi dove cam�peggiano striscioni irridenti co�me «Più sesso, meno fpoe»: fpoo è la sigla del partilo nazional-li�berale di Haider. Però il nuovo leader socialista Alfred Gusenbauer, che pure è un portaban�diera del ritrovalo «orgoglio di sinistra» della socialdemocra�zia austriaca, s'affretta a dire che la battaglia d'ora in poi si farà «a livello politico, non per le strade». Nelle istituzioni e non in piazza. Opposizione du�ra, com'è naturale che sia. Ma senza l'attesa della spallata che sotto i rifletlori del mondo fac�cia vacillare una creatura effi�mera e vulnerabile sotto i colpi congiunti delle pressioni dei governi europei e della mobilita�zione di piazza. Il fatto nuovo è che Haider ha formalmente lasciato il co�mando delle sue truppe per occuparsi a tempo pieno della sua Carinzia. Gli osservatori sono incerti se giudicare la scel�ta haideriana l�primo segnale d�cedimento o l'astuzia mano�vriera di un politicante con le pretese di un Cincinnato redivi�vo. Fioriscono addirittura le scommesse, nella Vienna che conta. Però è un fatto che se si fosse con una certa leggerezza auspicato un rapido sbollimen�to della rabbia nazionalpopulista della «Heimat» austriaca contro l'universalismoglobalizzante incarnato dai 14 governi della «Europa dei valori», si resterebbe fatalmente delusi os�servando con quanta compiaciu�ta evidenza un giornale modera�to come «Die Presse» ha pubbli�cato un violento messaggio antiChirac di due ebrei francesi, Lucien Israel e Albert Chambon, «ex deportato di Buchenwald». La guerra della memoria sca�lena spettri che ancora turbano l'immaginazione collettiva. Ma l'uso politico della memoria par�torisce anche risultati sconcer�tanti ed effetti indesiderati. Le dimissioni di Haider avrebbero potuto riconsegnare la contro�versia alla sua naturale cornice politica. In fondo, sostiene Herard Busek, popolare e già vice�cancelliere austriaco, associan�do al governo la destra naziona�lista si trattava anche di mette�re alla prova l'immagine di invincibde di Joerg Haider: «Il 27 per cento degli elettori che avevano dato fiducia al Fpoe poteva rendersi conto se quel partito tosse stato in grado di stare al governo e di rappresen�tare una forza credibile e con�vincente». Haider si è simbolica�mente sottratto alla prova. In�cassa l'immagine di un partito che riesce ad andare al governo ma si mette personalmente al riparo da eventuali delusioni. Incamera i benefici di un'imma�gine vincente, ma si svincola dalla sfera prosaica del governo sottoposto al tarlo corrosivo della critica e lascia per sé un margine di provvidenziale in�contaminatezza, lontano dalle ordinarie pratiche di un gover�no nazionale. Ed è curioso che il gioco dell'analogia storica con Hitler venga totalmente ignorata nel�l'occasione della simbolica fuga da Vienna di Haider. L'ardito paragone trae nuova linfa con chi succede ad Haider nella guida del partito, Susanne RiessPasser, il «Cobra reale» di cui si sottolinea la nascita nello stes�so Paese, Braunau am Inn, che diede i natali nel 1889 ad Adolf Hitler. Ma si sorvola sul fatto che anche Hitler, come Haider, ebbe occasione di «fuggire» da Vienna. Fugg�nel 1913 il giova�ne Hitler, pittore mancato, sfac�cendato velleitario, sradicato esacerbato dal rancore, nullità umana preda di un odio assolu�to verso la metropoli cosmopoli�ta ed irrequieta di Vienna, la «nuova Babilonia», di cui addi�rittura aspirava a essere il nuo�vo architetto e demiurgo. Si allontana da Vienna Haider con l'aureola del vincitore malgra�do tutto, di chi ha scatenato la reazione furibonda dell'Europa dei valori e può ritirarsi nella sua fortezza della Carinzia per coltivare quell'immagine di po�pulista aggressivo, dinamico e «moderno» che lo rende cos�diverso, inquietantemente di�verso, da altre destre europee. E anche da quella italiana, con tutta evidenza. Diverso da Bossi per quel suo piglio moder�namente vincente che manca al capo della Lega, diverso da Berlusconi per quel suo etno-populismo ringhioso, irriducibile allo stile e all'innato «centri�smo» di un imprenditore ricco e di successo. Diverso da Fini per quel suo misticismo ecologico e salutista che è quanto di più antropologicamente lontano dal modello umano e politico impersonato dal leader di 'An. «L'Austria non riesce ad elabo�rare il suo passato, fissata co�m'è sulla formula autoconsola�toria 'non siamo stati noi'», si» legge tra le righe di «Der Stan�dard». Haider che si allontana da Vienna già prepara il «non sono stato io» se il suo partito venisse invischiato nelle spire della «prova empirica» di cui parla Busek. Sembra davvero che tutti, a Vienna e nelle capita�li europee, si stiano precosti�tuendo un alibi. E Haider fugge come fece Hitler Cos�diverso dalle altre destre specialmente da quella italiana Sono stati 12 mila i dimostranti scesi in piazza per protesta durante il tradizionale Ballo dell'Opera