Il Premier Massimo e i setti nani di Filippo Ceccarelli

Il Premier Massimo e i setti nani Doveva restaurare i partiti, invece è costretto a rivolgersi direttamente al Paese Il Premier Massimo e i setti nani Filippo Ceccarelli SAKA' stato per pura diplomazia, magari, o )pure por quieto vivere, ma certo la palma doll'insincerità, o se si preferisce il record della dissimulazione se l'è guadagnata dal palco dell'assemblea dei parlamentari del controsinistra Fabio Mussi. «Il nostro ha detto a un certo punto è un castello che non può avere un solo signore e tanti vassalli». Il «solo signore» del castello, infatti, slava seduto a neinmono due moiri dal podio del cinema Capranica, da cui Mussi pronunciava quella azzardata, ma rassicurante immagine, E so ò per questo pareva anche un po' annoialo. Massimo D'Alema, mano a mano che i sette rappresentanti dei raggruppamenti dell'allean�za dicevano le loro cose senza nemmeno corcare di trascinare la platea, certo distratta, forse smarrita. Più quelli parlavano, e più il presidente sprofondava sulla sedia, alternando una serie di faccette, e smorfie, e sopportazioni, e tentativi (riusciti) di far ridere l'onorevole Anna Finocchiaro, che gli stava a fianco, che nei codici della comunicazione extra-verbale significava�no: ma insomma, davvero credete che il destino doll'alleanza e dell'Italia dipenda da voi e dalle vostre beghe? A D'Alema, evidentemente, non sfuggivano lo più varie e tortuose formule utilizzate, anche in maniera autocritica, per definire le liti interne che non cessano di minare il centrosini�stra e, soprattutto, rischiano di rovinargli il lavoro. Aveva cominciato il popolare Soro segnalando «tracce della nostre diversità», «pro�tagonisti prigionieri delle loro biografie» e «ossessioni di visibilità». Il verde Paissan aveva aggiunto «dissipazioni» e «carenze di tono politico». Mussi, che conosce D'Alema più di ogni altro, è rimasto sul vago, con punte di ottimismo: sì, certo, esistono «culture», «tradizioni» e «fram�menti» a volte in contrasto tra loro, ma sempre meno. L'asineliisia Monaco, che è molto cattoli�co, ha accennato a «omissioni» e «ritardi». Il comunista italiano Marino non è parso vero di poter piantare una specie di grana preventiva sulle pensioni, definendosi nettamente contra�rio al profitto d'interesse, addirittura, ma facen�do quasi precipitare D'Alema sotto il tavolo. «Buonasera» è stato l'esordio del mastelliano Manzione, al quale il premier ha gettato una strana occhiata dopo averlo sentito parlare del «paf/ios» che scaturisce da una vera collegialità. Quando ormai in tarda sera è intervenuta la senatrice federcasalinga diniana Bianca Maria Fiorillo, D'Alema era finalmente pronto a dimo�strare il senso vero, ultimo e definitivo della modesta manifestazione del Capranica. E quin�di la più evidente sproporzione tra la figura del premier e i partiti e partitini della maggioranza che sostiene lui, nel senso di Massimo D'Alema, e poi il suo, nel senso ancora di Massimo D'Alema, governo. Tale vertiginoso divario è apparso più accen�tuato del solito dal tono bonario in altri tempi lo si sarebbe potuto definire perfino paternalisti�co con cui il premier ha affrontato il tema dei conflitti interni, non solo tirandosene fuori, o meglio al di sopra, ma anche attribuendo a questi conflitti, e quindi a chi lo slava ascoltan�do, la responsabilità della sconfitta. Cos�paradosso dei paradossi D'Alema, e cioè l'uomo più di ogni altro proveniente dal mondo dei partili e il leader che doveva restaurare il sistema dei partiti, si presenta oggi come un presidente che si rivolge direttamente alla società, ai cittadini, alla pubblica opinione e all'elettorato, scavalcando la funzione dei partiti, oltretutto sempre più invadenti, per quanto deboli e incerti. E il bello o il brutto, dipende è che se lo può permettere. Profondi fenomeni istituzionali e le ferree leggi della personalizzazione spingono con inesorabile rapidità verso il «partito del presidente». L'analisi politologica trova una conferma nella pur mesta assemblea del Capra�nica, Che senza mancare di rispetto per gli oratori, tra cui anche una signora, poteva tranquillamente intitolarsi come una favola cattivista: Massimone e i sette nani.

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