DIPLOMAZIA PUNK di Barbara Spinelli

DIPLOMAZIA PUNK L'AFRICA, IL DEBITO E IL RAP DIPLOMAZIA PUNK Barbara Spinelli JOVANOTTI che al suono del rap invita D'Alema ad azzerare i debiti del Terzo Mondo, e in special modo di quel largo reietto continente che è l'Africa, ha riempi�to d'un tratto le prime pagine dei giornali italiani. Non esisteva ormai altro che questa iniquità: planetaria, inafferrabile, onnivora. Che questo male, globalizzato al pari delle finanze e dei profitti accumulati dalle nazioni più ricche, fortunate, ed avare. In simultanea, dalla Guinea e dalla Costa d'Avorio, Walter Veltroni annuncia che tale è l'orizzonte della sinistra a venire: l'Africa appunto, emblema di quella povertà, di quella sofferenza immuta�bile, di quelle «cose inaccettabili», che restitui�ranno ai progressisti l'anima smarrita. Per questo il segretario dei Ds è andato li, a rigenerarsi presso la Comunità di Sant'Egidio in Guinea: perché nella vasta lotta contro la fame nel mondo tutto diventa evidente, limpido come nella canzone di San Remo al suono di rap. Lì, nell'indistinta Africa, è permesso dire tutto, anche quel che la mente fredda solitamente non dice senza separare, differenziare, sottoporre a condizioni: «Ciò che distingue la destra dalla sinistra è il rapporto con la realtà di chi soffre, di chi ha bisogno, di chi non ha: la sinistra deve essere nei luoghi dove ci sono cose inaccettabili». Ecco perché Veltroni è l�come un cantante rap, come Bob Geldof durante la grande carestia in Etiopia nell'SS, come un nunzio di Sant'Egidio o della Caritas: per deplorare le dittature a volte, ma in prima linea per condonare il debito che il continente nero ha con gli occidentali strozzini. Per sgravare la cattiva coscienza dell'uomo bianco. Non per curarsi in concreto adesso che quel continen�te è nella zona Euro dell'enorme tragedia africana. Meglio l'Africa che non ti chiede nient'altro che quest'eloquio terzomondista piuttosto che andare nelle ben più spigolose, politicamente scabrose zone di conflitto: nei nuovi Gulag in Russia, nei campi dei rifugiati dove i ceceni ammassati in porcili muoiono di fame e di malattie in Inguscezia, nelle aree dove si espande il rancore dei serbi mai disarmati e dove stanno per riaccendersi tensioni bellicose tra Occidente e Milosevic, a Mitrovica in Kosovo. In tutti questi luoghi si distinguerebbe la sinistra italiana, se Tacesse politica. Ma la sinistra sta fuggendo la politica. Sta correndo dietro le orme di Sant'Egidio o dei simboli dell'antipolitica che sono Lady D, o Jovanotti, o Bob Geldof. Sta riscoprendo le proprie radici terzomondiste: le stesse radici che facevano dire al sociologo svizzero Jean Ziegler, duran�te la carestia in Etiopia nell'SS: «Il mondo in cui viviamo è un immenso campo di stermi�nio: 40.000 esseri umani muoiono di fame ogni giorno. L'ordine del mondo è abitato da una dialettica negativa: i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri». Simili parole disse Veltroni durante il Congresso dei Ds a Torino, in gennaio, citando Grozny assediata solo in una o due righe. La sinistra sta prendendo una vacanza dalla politica. Sta disertando in un momento di massima emergenza europea, di fronte alla triplice sfida dell'Austria di Haider, della Russia di Putin, della Serbia incapace di apprendere alcunché dalle sconfitte i propri compiti di nazione italiana, e di Paese fondatore del�l'Unione. Ai tempi della carestia in Etiopia, quando il prosovietico Mengistu provocò la carestia affamando le proprie genti e trasferendo intere popolazioni da un villaggio all'altro il costo fu di 100.000 morti fu Bob Geldof a mobilitare i sentimenti con le sue canzoni, i suoi cori (We are the world) e con quella che lui stesso chiamava: la «diplomazia punk». Anche Geldof sfidava i potenti, come Jovanot�ti e Bono degli U-2. Anch'egli dava del tu a Margaret Thatcher e l'esortava, sfrontato, a compiere il suo dovere: a porgere la mano a popoli che perivano nella fame, nello squallo�re. Gli unici che non sfidava mai erano i potentati corrotti e dispotici del Terzo Mondo: i dittatori che erano all'origine di tutto quel patire, di tutti quegli aiuti occidentali che cronicamente finivano nelle tasche di signo�rie, dittatori, banditi indigeni, istigatori di CONTINUA A PAGINA 13 PRIMA COLONNA