UPDIKE Amleto la la mamma femminista

UPDIKE Amleto la la mamma femminista Incontro con il romanziere americano che ha riscritto Shakespeare anticipando l'azione di 30 anni UPDIKE Amleto la la mamma femminista Fiamma Arditi NEW YORK « T UTTO quello che vive deve morire», dice la regina al figlio Amleto all'inizio della trage�dia di Shakespeare per consolarlo della morte del padre. Le stesse parole le pronuncia alla fine di Gertru�de and Claudius, il romanzo di John Updike appena uscito con Knopf, Stessi personaggi, stessa storia, ma trent'anni prima, quando a 17 anni la figlia di re Rorik di Danimarca viene da�ta in sposa al guerriero Horwendil. Non ha avuto pau�ra di confrontarsi con Shake�speare? Chiedo a John Updike, autore di più' di 50 libri, di cui 19 sono romanzi, «Ho fatto quello che ha fatto Shakespeare, anche lui si era ispirato a testi antichi, che raccontavano la leggenda scandinava», mi risponde con voce calma Updike, che subito dopo il diploma a Harvard nel 1954 non ha mai smesso di scrivere ogni giorno, con la regolarità di un metronomo. Fu proprio lì, al college, che si iscrisse a un corso sul poeta inglese. «Leggemmo le sue tragedie principali: Romeo e Giulietta, Amleto. Re Lear, Antonio e Cleopatra, La tem�pesta», ricorda, «poi, negli an�ni, ho continuato a rileggerle. Per me è un dono potermi sedere e tornare sui suoi ver�si. E' un piacere, che solo lui riesce a darmi». Per mesi ha ripercorso le stesse fonti del maestro, vale a dire la Historia Danica di Saxo Grammaticus, un testo latino del dodicesimo secolo stampato a Parigi nel 1514, poi le Histoires tragiques di Frangois de Belleforest, ma soprattutto le Sources of Ham�let, le fonti di Amleto, di sir Israel Golancz. Il che gli ha dato la possibilità di fare par�lare i personaggi con la stessa lingua dell'epoca, anche se riveduta e aggiornata, di respi�rare la stessa aria a cui si era ispirato il maestro. Quello che, però, gli ha fatto veramente scattare la molla di esplorare e raccontare gli antefatti di Amleto è stato il film di Kenneth Brana�gh del 1996, che ripercorren�do la tragedia più lunga di Shakespeare, dura quattro ore e offre una lettura del testo impressionista. La ver�sione del 1948 con Laurence Olivier, Updike, che è un appassionato di cinema, l'ave�va vista appena uscita, a sedici anni. «Aveva straordi�nari movimenti di macchina e un'atmosfera surreale. Di tut�te quelle che sono state fatte, forse è la migliore», ammette. Dopodiché si è seduto al tavo�lo di lavoro e col suo compu�ter IBM in sei mesi, dall'au�tunno del '98 alla primavera del '99, ha scritto il suo roman�zo. Leggendo le 210 pagine di Gertrude and Claudius si ha la sensazione che Updike si sia divertito nelle descrizioni delle trame di corte, nella creazione di questo personag�gio femminile, che per la pri�ma volta nella sua lunga car�riera di narratore ha una statura eroica, «Anche la regi�na di Shakespeare era una persona dolce, amorosa», di�ce. La sua, invece, è una donna dilaniala tra libertà e dovere, passione e ragione, madre di un giovane viziato e nevrotico, moglie di un uomo ipnotizzato dal ruolo di re, amante del fratello del mari�to, sensuale, geloso e assetato di potere, «Per gli uomini l'amore è parte della loro ricerca senza radici della bel�lezza; per noi è più gentilmen�te una questione di auto-cono�scenza», fa dire alla sua eroi�na, una specie di femminista ante litteram convinta che «gli uomini sono bei nemici tra cui ci troviamo a stare» e che «senza la complicità delle donne il mondo non andrebbe avanti». Del resto, ammetto sempre Gertrude, «loro non si fidano della nostra complici�tà, perché vedono in essa i semi del'disordine. Se siamo state compiacenti con un uo�mo, pensano, possiamo esser�lo anche con un altro». Insom�ma, il faro del romanzo è acceso su questa nobile donna del Nord, con gli occhi grigio�verdi o i capelli color del rame, che passa dal dominio del padre a quello del marito, a quello dell'amante e riesce a mantenere la sua dignità, la sua identità di creatura pen�sante. Entrato nella storia della letteratura per il modo di scandagliare la «middle class» attraverso le improse dei suoi eroi Harry (Rabbitl Angstron, che gli ha dato la fama, Henry Bech, il suo alter-ego ebraico, ma anche Alf(red) Clayton, quello che gli sta più simpati�co, e George Caldwell, che gli ricorda suo padre. Updike si era già cimentato con il ro�manzo storico nel 1994. In quell'anno aveva scritto Era zi/, in cui aveva trasformalo la leggenda di Tristano e Isot�ta in un fumetlone affollato di stereotipi. Nel 1988, con S, aveva rivisitato La lettera scarlatta di Hawthorne facen�do un'amara analisi del movi�mento di liberazione delle don�ne. In questo dramma della gelosia e dell'adulterio, inve�ce, si muove in maniera più disinvolta e si sente più a suo agio, «Ho respirato la stessa aria che respirava Shakespea�re» mi racconta, 11 fatto di avere scritto in forma roman�zata il preludio di Amleto non lo ha inibito nemmeno un po', «A un certo punto bisogna mettere da parte la timidezza e credere in quello che si fa, altrimenti non si va da nessu�na parte», dice. ' Nel frattempo si è già mes�so al lavoro su una serie di racconti, che usciranno in ot�tobre col titolo di Lidcs of Love e ha tra le mani una ennesima biografia di Proust in 900 pagine, che uscirà in libreria tra un mese e deve recensire. Lavorare per il New Yorkcr e per la New York Review of Books per lui è un modo cu mantenersi in esercizio, sebbe�ne non sia per niente uno sfaccendato, producendo più di un libro all'anno. Il New Yorker, soprattutto, gli riman�da indietro i testi con le correzioni. Lui le controlla senza scomporsi: «Anch'io fac�cio errori di grammatica», am�metto con la semplicità di uno studente, che cerca di esplora�re nuovi modi di raccontare per non annoiare i lettori. «Non voglio che quando esce un mio libro la gente dica: "Oh, eccone un altro di Updike"», Anche lui s�è ispirato agli stessi testi studiati dal grande William il suo poeta più amato Protagonista è la regina donna divisa tra libertà e dovere, madre di un ragazzo viziato «Mi ha ispirato il film di Kenneth Branagh L�ho trovato la spinta per cercare l'antefatto» John Updike (qui accanto) è l'ultimo visitatore del mito di Amleto. La leggenda dell'irresoluto principe di Danimarca e della torbida vicenda che insanguinò il castello di Elsinore nacque in età medievale. La troviamo nella Historia danica di Saxo Grammaticus. nelle Histoires trogiques di Francois de Belleforest e nelle Scurces of Hamlet di Israel Golancz. Il personaggio toccò il vertice della poesia con William Shakespeare, la cui tragedia sollecitò nel secoli successivi riscritture e persino parodie, basterà citare quella d�Ettore Petrolinl. Di grande pregio letterario è la visione simbolista che ne diede Jules Laforgue. Il suo Un Amleto in meno ha trovato grande fortuna grazie all'interpretazione di Carmelo Bene

Luoghi citati: Danimarca, New York, Parigi