«A Messina, giustizia con le mani legate» di Francesco La Licata

«A Messina, giustizia con le mani legate» «A Messina, giustizia con le mani legate» Il procuratore airAntitnafia: soli contro l'intreccio dei clan Francesco La Licata ROMA Inesauribile, come il cilindro del prestigiatore, si è riproposta sotto una ulteriore, inedita ve�sto, l'ennesima faccia del «caso Messina». lì' notizia recentissi�ma che sulla città dello Stretto, tradizionalmente considerata provincia immune dal contagio mafioso, si sono appuntate le attenzione della Commissione parlamentare antimafia. E' cro�naca dei giorni scorsi, la decisio�ne del ministro della Giustizia (sollecitato dall'iniziativa del presidente Ottaviano Del Turco che ha mandato gli atti dell'audi�zione del vertici della Procura messinese a via Arcnula ed al Csm) di inviare propri ispettori nel capoluogo siciliano. Ovviamente tutto scaturisce dall'impressionante quadro-de�nuncia che è venuto fuori dalle dichiarazioni rose dal capo della DDA, il procuratore Luigi Croce, e dai suoi collaboratori: Giusto Sciacchitano e Carmelo Petralia, sostituti procuratori nazionali applicati alla DDA di Messina, e dai sostituti della procura di�strettuale Barbaro, Laganà, Raffa, Chillemi e Gianclaudio. E' uno sconvolgente atto d'accusa, quello consegnato ai parlamen�tari dell'Antimafia. Una «vivise�ziono» dell'intreccio mafia-affari-politica, ma anche il quadro di una provincia troppo spesso «abbandonata» e di un potere centrale non sempre vigile e sensibile allo richieste d aiuto che da duo anni lancia il procura�tore Luigi Croco. L'aspetto più proccupante riguarda i tempi di questo scandalo: già affrontato quando si pose il problema del «vcrminaio» doli'Università e del Policlinico (sfocialo nello di�missioni del sottosegretario Giorgianni), ma a quanto pare mai rimosso, visto le ultime risultanze che ci consegnano l'immagino di una città massic�ciamente compromessa con la mafia ed intori sottori professio�nali e della magistratura non esattamente limpidi. Il procuratore Croco ha dello; «Senza polemizzare con nessu�no devo dire che Messina è una città quasi accuratamente scar�tata: a Messina non si vede nessuno, a Messina non viene mai nessuno, a Messina non si ha possibilità di colloquiare con chi ci dovrebbe rappresentare altrove. Anche i mass-media hanno sembrano scartare accuratemente Messina». Lo sfogo investe anche le Istituzioni: «De�vo dire con amarezza che, subito dopo il mio insediamento, ho investito il Ministro della Giusti�zia di questi problemi, ho scritto al Csm, ma non ho ricevuto segnali concreti». In sostanza, confessa Croce, Messina è un crogiuolo di mafia ed è difficile lavorare per determinate condi�zioni ambientali. Qualche esem�pio? Secondo il procuratore, c'è solo l'imbarazzo della scelta. Passano anche tre mesi prima di riuscire ad ottenere un provvedi�mento di custodia cautelare per�chè il Gip è sommerso dalle carte. Il risultato è che le forze dell'ordine hanno sotto gli occhi intere bande che si armano, si uccidono tra di loro, senza poter intervenire. «Devo sospperire», racconta Croce, «ricorrendo ai fermi provvisori». «Mi trovo aggiunge di fronte a sentenze per fatti gravi, con pene a 20 e 30 anni, senza il deposito delle moti�vazioni. Per farvi un esempio ne ho portata una della corte d'Assi�se di Messina del 19 ottobre 1997. Aspettiamo ancora la moti�vazione. Come si possono gestirp, in simili condizioni, processi complicati come il "Peloritana 1" e il "Mare Nostrum"?». E' quasi certo che avranno il so�pravvento le cosiddette «scarce�razioni facili». Proprio "Mare Nostrum" ha avuto un iter sfor�tunato. Dice Croce: «E' un pro�cesso a gabbie vuote. Si è perso un anno a causa di un presidente che ha scherzato per dodici mesi e alla fine si è messo in pensione, non potendo reggere 1 urto. Ab�biamo ricominciato con un magi�strato applicato che viene da Palermo, perchè nessun magi�strato di Messina ha voluto assu�mere la presidenza del collegio». E poi c'è «una sezione particola�re che si occupa di misure di prevenzione presso il tribunale del riesame che solitamente giu�dica con un magistrato anziano, un togato a scelta e un vice pretore onorario... pertanto tut�ti i procedimenti, anche quelli di criminalità organizzata, sono giudicati da un privato cittadino che la mattina fa l'avvocato e il pomeriggio fa il giudice...». Il sostituto Petralia, rispon�dendo alle domande dei parla�mentari, ha parlato di altre in�congruità della giustizia messi�nese. Ed ha fatto riferimento a due processi, uno dei quali, sca�turito dall'omicidio di una ragaz�za, non si è mai potuto conclude�re per ragioni misteriose. Da una prima archiviazione si è arrivati alla riapertura delle indagini e al coinvolgimento di un vecchio boss, Santo Sfamemi, sempre passato miracolosamente illeso dalle maglie della giustizia. E quando viene chiesta per lui la custodia cautelare, dice Petra�lia, «il Gip di Messina ha ritenu�to che dowese andare agli arre�sti domiciliari perchè aveva com�piuto da poche settimane i 70 anni. D'altronde, per tanti anni era rimasto sostanzialmente im�mune e quindi diventava proble�matico farlo andare in carcere adesso». E' stato cos�che Messina è diventata una sorta di territorio libero di Cosa Nostra. Terra di latitanze illustri e crocevia di soldi, amicizie politiche e sodali�zi massoni. «Per il s�a una custodia cautelare ci vogliono tre mesi, cos�vincono le scarcerazioni facili»

Persone citate: Assi, Carmelo Petralia, Chillemi, Giorgianni, Giusto Sciacchitano, Laganà, Luigi Croce, Ottaviano Del Turco, Petralia, Raf