Le Rosselle decidono il duello Bush-McCain di Augusto Minzolini

Le Rosselle decidono il duello Bush-McCain NELLO STATO CHE ANCORA CONSERVA 1J\ BANDIERA CONFEDERATA Le Rosselle decidono il duello Bush-McCain reportage Augusto Minzolini inviato a CHARLESTON ANCHE se Rossella O'Hara e Reti Butler hanno vissuto la loro telenovela ottocentesca nelle piantagioni intomo ad Atlan�ta, qui in South Carolina si respira oggi, ancora più che in Georgia, l'atmosfera di Via col Vento. Charle�ston con le sue ville coloniali, con i suoi palmeti, con i suoi cimeli sulla guerra civile che affollano le banca�relle di Market Place, con i suoi neri che bighellonano intomo alle loro casupole di legno e ancora svolgo�no i lavori più umili, è un vero monumento nostalgico. Un museo dedicato a quei tempi. Del resto la guerra di secessione americana quella che da queste parti chiama�no ancora la guèrra di aggressione del Nord cominciò proprio qui, all'alba del 15 aprile del 1861. Sembrerà assurdo, ma in fondo questa gente ancora non si rasse�gna a quella sconfitta, ancora si chiede perché ha perso contro gli odiati yankee. E la bandiera confe�derata che sventola dal 1964 in cima al pennone del palazzo del govematore a Colombia, sta l�a sfidare la storia, assolutamente incurante delle polemiche e delle manifestazioni della gente di colo�re. In realtà anch'essa fu issata lassù come un grido di protesta dell'America profonda contro l'al�tra America, quella che riconosce�va i diritti civili dei neri. Da allora, dopo quarant'anni, il South Carolina nella sua essenza non è cambiato per nulla. Gli stabi�limenti della Bmw hanno sostitui�to le piantagioni ma il veleno raz�ziale è rimasto: sui muri sopravvi�vono le scritte che inneggiano al Ku-Klux-Klan, ci sono ancora uni�versità dove bianchi e neri non possono darsi appuntamento e, neppure cinque anni fa, un negro è stato legato ad un'automobile e trascinato sulle strade di Charle�ston dai soliti in�cappucciati finché non si è rotto l'os�so del collo. E' il Sud di que�sto paese, che incu�rante delle sue con�traddizioni mi�schia nuove liber�tà e vecchi odi razziah. A Charleston, come a Colombia, ci sono i locali per gay e per lesbiche e, a qualche blocco di distanza, i tentativi di linciag�gio, le zuffe tra bianchi e neri. Eppure, scherzo del destino, sarà questa terra qui, con i suoi rancori, a decidere il duello tra il comandan�te John McCain e il figlio di papà George Bush. Se perde 0 South Carolina dopo il New Hampshire, infatti, la sconfitta del rampollo dell'ex presidente si trasformerà in rotta, non fosse altroperché per aiutarlo a distruggere l'outsider ♦•■^SL del Vietnam incontrollabile e indesiderato questa volta è sceso in campo pesantemente l'intero apparato del partito repubblicano. Contro' McCain è stato usato di tutto e di più. Da giorni i media vicini a Bush, in mancanza di scandali, scrivono addirittura che i vietcong lo sottoposero al lavaggio del cervello. Lui, la vittima, ha risposto ridendo, citando la battu�ta di un famoso thriller John Frankenheimer del '62, «The manchiuriam candidate», in cui Frank Sinatra fa la parte del candidato che è sotto il controllo mentale di una donna sinistra, al soldo di una potenza straniera: «La mia candi�datura ha ironizzato McCain descrivendo una scena del film è nata cosi: io ero seduto in una stanza e Angela Landsbury ha sco�perto la donna di quadri». Dopo il sorriso, però, al comandante è scop�piata la rabbia: «Bush deve solo darmi del fascista, poi le offeso le ha usate tutte. Ha detto pure che ho abbandonalo i veterani del Viet�nam, lui che non sa neppure dov'è, il Vietnam. Si vergogni». Ora il duello si è fatto davvero serio. I due si sono conlesi non solo gli elettori repubblicani, ma anche gli indipendenti e i democratici di destra. Gli ultimi sondaggi li vedono appaiali e in fondo una ragione c'è: entrambi possono contare su un rapporto forte con questa terra. McCain ha con la gente di qui, il legame dello sconfitto che non si è rassegnato: lui pensa al Vietnam come loro alla guerra civile. Insom�ma, è quello strano sentimento che motte insieme orgoglio e onoro delle armi. Uno strano connubio che ha spinto il comandante a non condannare l'idea di mantenere la bandiera confederata sul palazzo del govematore («E' un'eredità del passato») al costo di inimicarsi l'elettorato nero. Bush, invece, è conservatore quanto lo spirito di questa terra. Piace ai cristiani fondamentalisti, che qui non sono pochi; non si è risparmiato neppure ima visita all'università di Bob Jones, quella che non ammette incontri tra stu�denti bianchi e neri (McCain si è rifiutalo). E per farsi perdonare da buon bigotto conservatore non ha trovalo di meglio che dire: «Io non sono razzista, mio fratello ha sposa�to una messicana». Ahimé. Questo bisogna fare per piacere ai repubblicani del South Carolina. Anche McCain per dialogare con questo mondo è stato costretto ad arruolare sul suo carro Gary Bauer, il candidalo dei cristiani conservatori del partilo che due settimane fa ha mollalo la corsa per la Casa Bianca. Anche lui, infatti, per vincere le primarie dell'elefantino, ha bisogno dei re�pubblicani di destra, non gli basta�no solo i moderati, gli elettori indipendenti e magari i transfughi democratici. Per vincere una battaglia che potrebbe decidere una guerra in questo caso il candidalo repubbli�cano alla Casa Bianca so non lo stesso presidente -, bisogna prende�re lutto. Lo sa bene chi, come McCain, la sconfitta l'ha già prova�ta in Vietnam e chi, come la gente di qui, ricorda ancora i morti delle battaglie di 150 anni fa. Quelle di Rivers Bridge o di Benionville. Nella conservatrice South Carolina i due repubblicani potrebbero giocarsi la nomination ♦•■^SL Qui accanto. Il senatore dell'Arizona John McCain saluta �suoi sostenitori alla nomination repubblicana A sinistra. Vivien Leigh. Rossella O'Hara in «Via col vento»