Dal dirigibile non si vedevano i gulag

Dal dirigibile non si vedevano i gulag Dal dirigibile non si vedevano i gulag Quando la propaganda rende ciechi: una stupefacente testimonianza sull'Urss staliniana di Umberto Nobile, il trasvolatore del Polo Nord CHISSÀ so i loro passi quelli dell'operaio Guamaschelli e del colonnello Nobile, venuti entrambi dall'Italia si sono mai intrecciali nella Mosca dei pri�mi Anni Trenta. Capitale affamata e miserabile, piena di disperala vitali�tà e già assediata dal silenzioso terrore delle epurazioni staliniane. L'operaio Guamaschelli appro�dalo a Mosca è un militante comuni�sta sfuggito alle carceri fasciste e deciso ad apportare la sua piccola «pietra» alla costruzione del sociali�smo. Dopo i primi entusiasmi finirà processalo per attivila «irozkisle» e condannalo a cinque anni di confi�no a Pinega, oltre il circolo polare artico, (lui viene raggiunto da Nella Masutti, la sua compagna diciasset�tenne. Durante il durissimo soggior�no a Pinega ricostruito nelle lette�re al fratello raccolte nel volume «La piccola pietra» Guamaschelli è colpito da una nuova condanna e scaglialo in un gulag siberiano. Men�tre Nella riesce a lasciare l'Urss, battendosi in mille modi por corca�re di salvarlo, Guamaschelli è strito�lato dall'implacabile macchina re�pressiva sovietica. Di lui anni più lardi, si conoscerà solamente la data della morto, avvenuta nell'apri�le del 1939. Procura uno strano effetto acco�stare le descrizioni di vila sovietica di Guamaschelli a quello che emer�gono dal libro di Umberto Nobile «Quello che ho visto nell'Unione Sovietica» pubblicato a Roma nel 1945 presso le edizioni Atlantica nella collana di saggi curala da tale Umberto Ortolani. Nobile come si sa è l'ufficiale dell'aeronautica italiana che nel 1926 progetta e comanda il dirigibile Norge elio, su iniziativa dell'esploratore norvege�se Roald Amundson e con un equi�paggio di 16 persone (cinque di questi sono italiani), por la prima volta l.rasvola il Polo Nord. Duo anni dopo c'è la tragica epopea del dirigibile «Italia» che, sulla via del ritorno dalla rotta polare, precipita sulla banchina. Si mobilitjino imme(lialamenle i soccorsi. Duo rompi�ghiaccio sovietici recuperano selle dirigibilisti, mentre un aereo svede�se salva tempestivamente l'ufficia�le italiano. Per gli altri uomini del�l'equipaggio (quelli rifugiati nella famosa «tenda rossa» ) e per la pattuglia che Amundsen guida in un generoso tentativo di soccorso non c'è niente da fare. Nelle polemi�che che seguono Nobile ritenuto responsabile non solo del disastro ma, soprattutto, di aver abbandona�to i suoi compagni finisce col dimettersi dall'aviazione e con l'ac�cettare l'offerta giuntagli dall'Urss di dirigere una fabbrica di dirigibili. Sulla base di questo impegno professionale che lo porta a vivere in Urss per diversi anni, sino al 1936, Nobile pubblica nel 1945 appena prima di avviarsi a una breve; carriera politica che lo vedrà deputato nelle file del partito comu�nista questo suo libro sulla realtà sovietica. Quando il testo di Nobili; viene pubblicato la Guerra Fredda non divide ancora il mondo in duo blocchi. Di certo, tuttavia, stanno prendendo progressivo vigore an�che in Italia le polemiche tra oppo�ste parti politiche sulla realtà sovie�tica. Il libro presentato come veridico fruito della diretta espe�rienza di un personaggio notisssiiTio come Nobile non solo non passa inosservato ma concorro alla propa�ganda del «paradiso sovietico». Tanto per cominciare Nobile con�testa, sin dalle prime pagine, l'idea del «terrore staliniano», ovvero del�la Russia come Paese «dove regnas�se il più assoluto terrore, dove la gente non osasse dire la minima cosa non dico in pubblico ma nem�meno nel segreto della propria ca�sa». E a documentazione porta l'epi�sodio di una conladina che sotto i suoi occhi, nel bel mezzo della Piazza Rossa, si mette ad inveire contro Stalin. «Lo può fare impunentemenle?» chiede Nobile all'inter�prete. «Ma non vedete che è una conladina? replica questa ridendo chi volete che lo d a fastidio per quello che dice?». Se si pensa che sono i mesi della liquidazione forza�ta dei kulaki c'è da farsi venire i brividi davanti alla serafica fiducia dimostrala da Nobile. Atteggiamen�to, quello dell'ufficiale italiano che, come documenta ampiamente Mar�cello Flores nel suo bel libro «In terra non c'è il paradiso», contagia in quello stesso periodo fior di intellettuali e di sperimentati corri�spondenti intemazionali che transi�tano in terra sovietica: tutti decisi a non parlare di quello che vedono e, se possibile, a non vederlo neppure. Un vero pezzo di finezza del libro di Nobile è dedicato alle pur�ghe {ovviamente mai definite cosi) che in quegli anni decimano le file del Pcus. Il dirigibilista scruta mol�lo dall'alto l'immane tragedia che scuote l'Urss e poi arriva a sostene�re che, ad avere eventualmente guai, non sono certo i cittadini comuni: «Ch; voleva vivere senza grattacapi, ed in santa pace, doveva rinunziare ad entrare nei partito. Del resto nessuno lo sollecitava a farlo». Per chi entra nel partito è tutta un'altra storia poiché è «una vera e propria élite di persone, alle quali, se pure erano concessi piccoli privilegi, come a soldati, d'altra parte veniva imposta una ben dura disciplina». E commenta, quasi a trasmettere una vulgata che proba�bilmente altri autorevoli italiani ospiti in quella metà degli Anni Trenta dell'Urss avrebbero condivi�so: «Non si entra volontariamente in una milizia, in tempo di guerra, se non si ha voglia di combattere e rischiare la vita: né si diventa sacer�doti, se non si ha fede. Questo non vuol dire, però che non vi siano talvolta soldati traditori da punire o sacerdoti indegni da espellere». Guamaschelli, come altri mili�tanti comunisti italiani colpiti dalle epurazioni staliniane, avrebbe for�se qualcosa da dire in proposito se non fosse stato ingoiato dai gulag, assieme ad altri milioni di persone. Ma Nobile anche su questo tema sparge un roseo ottimismo: di que�sti esseri umani ridotti a schiavi racconta che vengono «impiegati a lavorare in grandi imprese, come ad esempio la costruzione del canale da Leningrado al Mar Bianco o da Mosca al Volga, sotto la direzione della Gpu». Quindi, con inconsape�vole umorismo, conclude: «Molli di quei condannati, liberati alla fine dei lavori e decorati per le beneme�renze acquistate, finirono col conse�guire posizioni importanti». Non è stato il caso di Guamaschelli né di molli altri suoi compagni di sventu�ra. Tutti destinali a morire in quelle lande artiche che Nobile, trasvolato�re polare, ha conosciuto solo dall'al�to del suo dirigibile. Umberto Nobile, al centro, con alcuni ufficiali sovietici, in un hangar russo. Sullo sfondo il dirigibile «Norge». Nobile visse in Urss fino ali 936 e pubblicò le sue memorie nel '45 DA LEGGERE Emilio Guamaschelli Una piccola pietra Garzanti. Milano 1982 Umberto Nobile Quello che ho visto nella Russia Sovietica Atlantica, Roma 1945 Marcello Flores In terra non c'è il paradiso Baldini a Castoldi, Milano 1998