Hollywood fa la parte del leone

Hollywood fa la parte del leone Hollywood fa la parte del leone Però al FilmFest non ha nessun giurato Alessandra Levantesl BERLINO Con «Magnolia» di Paul Thomas Anderson siamo a circa metà del FilmFest. Una selezione sinora di buon livello, in cui gli hollywooditi si ritagliano la parte del leone, non solo per la quantità di titoli, ma anche perché (vogliamo ammetterlo?) al momento sono i più bravi. Accade però un fatto strano: dopo aver messo ben selle film Usa in competizione, il direttore Moritz Do Hadeln ha formato una giuria, presieduta dalla cinese Gong Li, in cui non c'è nessun rappresentante americano e abbondano invece i giurati del Vecchio conlinenlo (sei su nove, Italia assente, ma è uno sgarbo cui siamo abiluali). Come interpretare il dato? E' un modo per equilibrare la scelta sbilanciata? Certo se De Hadeln conta su una vittoria a stelle e a strisce, con una giuria cosi rischia : e tuttavia quale giuria potrebbe trascurare a cuor leggero un film dell'importanza di «Magnolia»? Magnolia è il nome di un boulevard della San Femardo Valley, Los Angeles, dove il regista/sceneggiatore ambienta il suo mosaico di alienato scenette di vita metropolitana, un po' sul modello di ((America oggi» di Allman: però solo nella struttura, non nello spirito che qui è malinconico piuttosto che cinico e graffianle. Nel corso di una giornata i destini di una serie di personaggi s'incrociano secondo il gioco del fato sinché non sopraggiunge un'improvvisa e surreale pioggia di ranocchi che porta a compimento ogni singola stona. C'è il magnate tivù Jason Robards che sta morendo di cancro assistito con afTettuosa partecipazione dall'infermiere Philip Seymour Hoffman, mentre la moglie Julianne Moore che l'ha sposato per interesse scopre di amarlo e isterizzata medita il suicidio. Robards vorrebbe rappacificarsi con il figlio Tom Cruise, che è diventato un popolarissimo guru del sesso: ma in realtà l'atteggiamento aggressivo di Tom deriva dal trauma subito quando il padre abbandonò lui e la mamma malata terminale. Un terzo personaggio del film è affetto da cancro: Philip Baker Hall, conduttore tivù di un quiz per bambini superdotati, che ha perso l'amore della figlia cocainomane Meloni Winters. Nonostante l'eccessiva lunghezza di 3 ore e 10, quest'opera terza di Anderson, rivelatosi con «Boogie Nights» è straordinaria. La macchina da presa introduce, lascia e riprende in continuazione i personaggi coinvolgen�doli tramite un raffinato lavoro di montaggio visivo e musicale, senza che venga mai a decadere l'interesse verso di loro. E gli interpreti, uno meglio dell'altro, contribuisco�no a rendere avvincente l'affresco.

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