«Così fan tutte, Abbado esalta la vivacià della commedia

«Cos�fan tutte, Abbado esalta la vivacià della commedia A Ferrara l'opera di Mozart con la regia di Martone, molto attenta agli effetti teatrali: ma perché rinunciare al mascheramento? «Cos�fan tutte, Abbado esalta la vivacià della commedia Meravigliosa la Mahler Camber Orchestra, che freme di viranteivertimento Paolo Gallatali FERRARA Fedele al suo appuntamento ferrare�se con l'opera lirica, Claudio Abbado ha diretto l'altra sera una brillantissima esecuzione di «Cosi fan tutte» che entra nel suo repertorio dopo quelle delle «Nozze di Figaro» e ilei «Don GiovannU. Delle tre opere su testi di Da Ponte, «Cosi fan tutte» e la più ambigua e sfuggente: la vicenda dei due ufficiali napoletani che si trave�stono da nobili albanesi per mettere alla prova la fedeltà delle rispettivo ragazze e conquistano l'uno la fidan�zata dell'altro, non è solo una farsa. La musica di Mozart vi instaura un gioco sottilissimo tra menzogna e verità, tanto da rappresentare una condizione perenne dell'esistenza umana; scoprire il volto dietro la maschera, la verità dei sentimenti dietro l'esteriorità dei comportamen�ti. Più che le intermittenze del cuore, l'esecuzione, rigorosamente integra�le, di Claudio Abbado punta essenzial�mente a sottolineare la vivacità della commedia organizzata dal filosofo Don Alfonso, con la complicità della servetta Despina, per dimostrare ai due ingenui giovanotti la tesi che «cosi lan tutte». Il gioco scenico acquista cosi un mordente esplosivo. Basti sentire con tinaie chiarezza vengono cantali i recitativi, tanto che quasi nulla del testo di Da l'onte va perduto. Dal canto suo, la meravigliosa Mahler Chamber Orchestra, dal suo�no piuttosto socco e nervoso, é tutto un iremito vibrante sotlopelle, pazzo divertimento per la messinscena del�la burla che non è comicità gratuita bens�maliziosa trasgressione, eccita�zione, prurito, gusto vorace per l'avventnni. Siamo duni ne nel Settecen�to sensista e materia isla di Condillac o del Barone d'Holbach, più che in quello sontiniontale di Rousseau, rap�presentato dalla benevola tolleranza di Don Alfonso verso la «necessità del coro»: ma la musica di Mozart sop�porta benissimo anche questa visio�ne che va d'accordo con la regia di Mario Martone, ricca di trovate ma un po' debordante nei movimenti degli attori che entrano in platea, saltano, si ruzzolano sul palco e sui due letti sempre presenti in scena insieme a sedie, poltrone, paraventi, specchi, comodini. Persino Don Al�fonso, per attenersi a questa imposta�zione, deve ringiovanire: Martone non si preoccupa del fatto che nei «crini già grigi» del «vecchio filosofo» Da Ponte e Mozart ironizzino sulla saccenteria del «secolo filosofico», mostrandone insieme la saggezza. Trasforma invece Don Alfonso in un ragazzo che contribuisce in modo essenziale alla vivacità, molto napo�letana, dell'assieme ma perde di con�trasto rispetto a Guglierao e Ferran�do. I eguali dovrebbero essere irricono�scibili dallo due ragazze per quasi tutta la vicenda, e invece non si travestono, se non con due baffetti disegnati colla matita: non riesco a capire perché, in una regia cos�atten�ta agli effetti teatrali, Martone rinun�ci alla naturale efficacia comunicati�va che possiede il gesto di mascherar�si in scena, e alla fine smascherarsi tra lo stupore generale. Questo fatto non ha compromes�so, comunque, la riuscita dello spetta�colo, accolto con applausi grandiosi per Abbado, il regista e gli ottimi cantanti: Daniela Mazzucato, splen�dida Despina, Melania Diener e Anna Caterina Antonacci che intrecciano voluttuosamente le voci di Dorabella e Fiordiligi, Nicola Ulivieri, brillante Guglielmo, Andrea Concetto, molto dinamico nella parte di Don Alfonso e Charles Workmann, tenore dalla voce non bellissima ma dotato di gusto e di stile. Un momento dell'opera lirica andata in scena a Ferrara con la regia di Martone

Luoghi citati: Ferrara, Martone