«Adoravo i videogiochi, mi ritrovai hacker» di Anna Masera

«Adoravo i videogiochi, mi ritrovai hacker» CANDIDO E IMPRENDIBILE CONVINSE I GIUDICI DELLA SUA BUONAFEDE -——— ' ; 1 ~—-r— ; «Adoravo i videogiochi, mi ritrovai hacker» La storia del ragazzo che ha bucato i sistemi di mezzo mondo retroscena Anna Masera EM notte l'onda. I compu•ter sono lutti spenti. Tutti, tranne uno: da lì, qualcuno si intrufola via Inter�net nel sistema informatico aziendale. Lascia un messag�gio di sfida: «Questa rete non e sicura». Si mobilitano gli addotti alla sicurezza e la polizia. E prima o poi i colpe�voli vengono arrestati e i loro attrezzi da lavoro Icompulor, memorie, modem, telefoni, di�schetti) sequestrati. L'operazione internaziona�le più eclatante nota in Italia è ancora quella di quattro anni fa nota come "Icetrap'itrappola di ghiaccio, per�ché partita chili.i divisione surgelati della Unilever), dove era stata scoperta un'incursio�ne nella custoditi rete in cui erano i progetti per un nuovo gelato), che ha coinvol�to perfino la Ranca d'Italia: puntava a un'organizzazione di spionaggio industriale, e invece ha scoperto un gruppo di ragazzi appassionati di com�puter, sbattuti in prima pagi�na per una bravata di troppo. Dopo Ice-trap, ci sono state altre operazioni di polizia si�mili. Ma quella e rimasta emblematica, perché ha fatto emergere il fenomeno degli «hacker». «Da allora sono successe tante cose, ma ancora c'è tanta confusione in materia" commenta Stefano Chiccarelli, esperto di telematica e co-aulore del libro Spaghetti Hacker (ed. Apogeo) con il giurista Andrea Monti. «Non esistono hacker buoni e hac�ker cattivi, ma esistono gli hacker e quelli che non lo sono e si spacciano per tali (soprannominali in ger^o spre�giativo "lamer"). Poi ci sono i delinquenti, ma quelli stanno ovunciue, non solo in Rote». Gli hacker «bucano» i siste�mi informatici come stile di vita, da quando questi hanno incominciato a esistere. E nel farlo, si sentono eroici. Il loro «gioco» è dimostrare la loro bravura, mettendo a nudo l'inaffidabilità della Rete allo stato attuale. Così, di fatto, si vantano di contribuire a migliorarla di giorno in giorno: infatti sono ^li stessi hacker che trovano i cosiddetti «ba�chi», por scoprire poi anche i rimedi. Le aziende lo sanno, tanto è vero che i sistemi di sicurezza aziendali migliori sono affidati a hacker: ragazzi smanettoni che sono riusciti a mettersi in luce per la loro bravura e a farsi assumere. Fare «hacking» significa acce�dere abusivamente vale a dire in modo non autorizzato a sistemi informatici connessi a reti pubbliche (come Inter�net) e private (come le reti Intranet aziendali). Oggi l'hacker e leader di Ice-trap, Raoul Chiesa, 26 an. ni, di Torino (il suo «alias», cioè nome in codice, di allora era «Nobody», Nessuno), libe�ro grazie al patteggiamento con la Giustìzia, è titolare di un'azienda che si chiama Mediaservice (www.mediaservice.net) e si occupa proprio di sicurezza informatica. Per i suoi coetanei, è un eroe: ha bucato i massimi sistemi, è stato arrestato dopo mesi di indagini a livello internaziona�le, scomodando la polizia di mezzo mondo. Ed è riuscito a cavarsela, perché i giudici han�no creduto alla sua buona fede. Da allora, si è rifatto una vita: ha trovato un lavoro che lo soddisfa ed è uscito allo scoperto: è tra i rari hacker di cui si conoscano nome e cogno�me. Ci racconta la sua storia, e cosa vuol diro essere hacker. «Ho cominciato a smanettare sui computer più di dieci anni fa, da adolescente, con i video�giochi, e poi via modem sulla rete Itapac, molto prima che scoppiasse la moda di Inter�net», racconta Raoul. Sostiene di aver hackerato tra le mag�giori aziende italiane e stranie�re, molte informatiche e di telecomunicazioni. «D'altra parte era facile, in alcune di queste aziende le password (parole chiave) erano "prova", "Pippo" oppure "Maria", un vero scandalo», denuncia. Quando faceva l'hacker, gli piaceva citare The Mentor («Il mio unico crimine è la curiosi�tà»), autore del manifesto de�gli hacker negli anni Ottanta. Ma tuttora condivide il motto di uno scienziato illustre, nien�temeno che Albert Einstein: «Io non ho particolari talen�ti...sono solo appassionata�mente curioso». Continua a sentirsi hacker dentro, perché «hacking per me vuol dire libertà, sfida, essere più bravi. Solo che adesso per me l'hacking è lavoro. Lo faccio per rendere i sistemi sicuri, non per dimostrare che non lo sono». Che fine hanno fatto i suoi ex compagni di hacking? «Il mio "maestro" lavora per un governo straniero, un altro per le multinazionali che fan�no spionaggio elettronico: lo pagano per fare quello per cui prima lo condannavano». Già: perché se è vero, come dimo�strano i dati raccolti dalla squadra di emergenza non a scopo di lucro Cert.it, che solo il 5 per cento delle azioni di hacking si vengono a sapere perché alle aziende «brucia» ammettere di esser state colte in fallo, è anche vero che tutte hanno finalmente incomincia�to ad attrezzarsi per difender�si dalla pirateria. Ormai, con la diffusione di Internet, gli hacker hanno fatto proseliti. Sono diverse centinaia in tut�to il mondo. Per sfatare il mito di pirati fuori legge, sono usci�ti allo scoperto, organizzando incontri e addirittura corsi aperti al pubblico sulle tecno�logie. Ma la polizia partecipa con agenti in borghese. Perché fidarsi è bene. Ma non fidarsi è meglio. Il bombardamento di messaggi che ha mandato in tilt anche se solo per un paio d'ore Yahoo!, ne è una prova. anna.maserq@lastampa.lt «Lo facevo solo per passione Ora aiuto le società a difendersi» «Curiosare era facile Le parole-chiave all'inizio erano Pippo o Maria...»

Persone citate: Albert Einstein, Andrea Monti, Hacker, Mentor, Raoul Chiesa

Luoghi citati: Italia, Torino