Woodman Fotografie di un angelo caduto di Rocco Moliterni

Woodman Fotografie di un angelo caduto Woodman Fotografie di un angelo caduto TU lo sapevi che le fanciullezze sulla terra/sono un passaggio di barbari divini/col marchio carcerario della fine già segna�ta»: questi versi che Elsa Morante scrisse per un giovane amico suicida, nel «Mondo salvato dai ragazzi�ni», sembrano adattarsi a Fran�cesca Woodman, la fotografa americana cui il Palazzo delle Esposizioni di Roma dedica un'ampia retrospettiva ( 150 im�magini in bianco e nerol, curata da Achille Bonito Oliva e Giusep�pe Casetti. Nata nel '58 a Denver in Colorado, da un padre pittore e da una madre ceramista (sono venuti tutti e due all'inaugura�zione, lui alto con una macchina fotografica, lei con i capelli bian�chi e lo sguardo un po' smarrito) Francesca fu un talento geniale e precoce, di cui la mostra riper�corre l'evoluzione, dai primi laLA MODESETTIRocco M vori a Providence, alla felice permanenza romana, a cavallo tra 77 e 78, agli ultimi mesi a New York: il 19 gennaio deir81, a soli ventitre anni, la Woodman decide di «abbandonare volonta�riamente la vita». Nelle sue fotografie si avverte quasi la fretta di bruciare l'esi�stenza, una sorta di ebbrezza che fu quella di un'intera genera�zione. Non a caso la breve stagio�ne romana di Francesca coinci�de con la fiammata creativa di quel Movimento del '77, che sarà spento dal piombo del terro�rismo e dal grigiore del «riflus�so». Inutile però cercare nel lavoro della Woodman immagi�ni documentaristiche di quei giorni. «Io sono interessata ai rapporti che la gente ha con lo spazio...» scrive a un'amica e i suoi lavori sembrano spesso STRA LA MANA oliterni esprimere gli sforzi di uscire da ambien�ti-prigione che lei stessa ha costruito. «Alcune disordina�te geometrie interio�ri» chiama un libro di fotografie applica�te sulle pagine d'un sussidiario di matematica per le scuole elementari. Usa l'auto�scatto per fuggire da se stessa e/o per ritrovarsi. Cosi il suo corpo nudo e talora martoriato, camuffato, sporcato compare in molti dei suoi lavori. Ora ha una maschera di leprotto, ora è im�merso nel fango, ora sembra aggrovigliato a la radici di un albero in uno stagno, ora è rannicchiato e rattrappito sullo zolle di una «terra desolata». Ma più spesso è all'interno di stanze vuote e dai muri scrostati, s'ac�quatta lungo le pareti o si muove in una sorta di danza ossessiva (si respira aria da «Café Muller» di Pina Bausch in una foto del periodo newyorchese: una se�dia, la Woodman a torso nudo contro uno spigolo, per terra polvere e calcinacci), a volte è abbandonato in armadi o teche insieme con animali imbalsama�li, a volte e chiuso in un angolo come qualcuno che la vita abbia deciso di punire. C'è in un'occa�sione un gioco inquietante: tre ragazze nude si coprono il viso con una fotocopia del volto della Woodman che sembra tirata fuo�ri dagli archivi della polizia (l'af�fascinavano i manuali di crimi�nologia). Il padre racconta che a undici anni Francesca amava i dada e i surrealisti e non a caso a Roma frequenta la libreria Maldoror, dove i testi delle avanguardie storiche sono di casa. Man Ray diceva «non sono un fotografo della natura, ma della fantasia. dei miei desideri, dei miei so�gni», per la Woodman forse biso�gnerebbe aggiungere anche gli incubi. Ma sono incubi con un fondo di dolcezza, fanno pensa�re a Donano Michals. Ci sono infatti persone che guardano aluvdormire, persone che osser�vano corpi distesi e coperti da lenzuola, quasi immaginassero se stessi dopo la morto. Ci sono anche figure sfocate, scaraboc�chi e commenti sotto lo l'ologra�fie (peccato che la mostra le abbia in taluni casi «pulite», sterilizzandole in bianchi passe�partout). E ci sono anche se{[iienze come quelle di «Fish Calondar», sei «nature vive» con aguglie (le comprava al mercato romano di piazza Vittorio, cosi le anguille delle «Eel Series») e degli ultimi lavori (Mac Dowell Company) con lo felci e il deside�rio di trasformarsi in foglie, alberi o piante. Rimane, uscendo dalla mo�stra, la sensazione di una grande urgenza di esprimersi, quasi la fotografia fosse un urlo o un lamento o magari servisse come lo ali di un angelo por volar via. «Essere un angelo» è il titolo del lavoro che chiude il periodo di Providence; a Roma «L'angelo per Cristiano» ha già sullo stoli�do pareti insanguinalo, a New York non riuscirà più a spiccare il volo. Oltre allo fotografie si posso�no vedere appunti e taccuini della Woodman, i libri che legge�va a Roma (da Celino a Rataillo, da Nielscho a Rimbaudl, lo carto�line della prima esposizione, nel 77, proprio alla libreria Maldo�ror. Nel catalogo Castelvecchi saggi e testimonianze di chi la conobbe («La chiamavo nuvo�la...lei aggiungeva sempre l'ag�gettivo mediocre» ricorda Giu�seppe Casetti, che all'epoca si faceva chiamare Cristiano ed era una delle animo di Maldoror) oltre ad alcuno note del padre sulla tecnica degli ultimi lavori. CORPI NUDI, STANZE VUOTE, SOGNI E OSSESSIONI: IN 150 IMMAGINI IN BIANCO E NERO RIVIVE A ROMA IL TALENTO GENIALE E PRECOCE DELL'ARTISTA AMERICANA «Self-portrait, Easter 78, Roma» è una delle immagini della Woodman al Palazzo delle Esposizioni Francesca Woodman. Providence, Roma, New York Roma, Palazzo delle Esposizioni Orario 10-21. Chiuso marted�Fino al 27 marzo LA MOSTRA DELLA SETTIMANA Rocco Moliterni