AL VOTO CON IL SILENZIATORE
AL VOTO CON IL SILENZIATORE AL VOTO CON IL SILENZIATORE Massimo Luciani SETTE su ventuno. Questo, dunque, il risultato del giudi�zio della Corte Costituzionale sui quesiti referendari. Non sappia�mo ancora nulla, però, sulle motiva�zioni delle sentenze e sugli ostacoli incontrali dai quesiti non ammessi. In queste condizioni, non c'è molto da dire sui profili strettamente giuri�dici di questa vicenda, visto che è buona regola commentare le senten�ze solo dopo che sono state emesse e solo dopo averle studiate. Le polemiche, però, sono già cominciate, ed è facile prevedere che làlettura delle decisioni non le placherà. Il giudizio di ammissibili�tà sulle richieste di referendum abrogativo non era previsto dalla Costituzione, ed è un dono avvelena�to che il legislatore ha fatto alla Corte Costituzionale, costretta a uscire dalla discrezione e dalla pe�nombra che in genere ne circonda�no le attività, per finire nel bel mezzo della ribalta pohtica. Vedre�mo fra qualche giorno se la Corte avrà saputo essere convincente. Quel che conta nell'immediato, comunque, è che questo risultato cambia in modo significativo il sen�so politico della prossima consulta�zione referendaria rispetto a quello che avrebbe avuto se tutti �quesiti fossero stati ammessi. I temi sul tappeto erano soprattutto quattro: politiche dell'immigrazione; giusti�zia; regole della politica; Stato sodale. Di questi, il primo è sparito del tutto con la bocciatura del referen�dum proposto dalla Lega, mentre l'ultimo si è drasticamente ridotto di ampiezza, visto che dei dieci Quesiti proposti ne sono passati solo due. Promozione completa, invece, per i quesiti sulle regole della politi�ca, e quasi integrale per quelli in materia di giustizia. Le conseguenze non sono di poco conto. I referendum «sociali» avreb�bero potuto avere un impatto defla�grante solo se fossero stati ammessi m gran numero, perché il loro suc�cesso o la loro sconfitta avrebbe dato un'indicazione molto chiara sul modello di sviluppo e di relazio�ni sociali preferito dalla maggioran�za dei cittadini. Essi, in altri termi�ni, pur nei limiti di uno strumento come il referendum, confinato alla sola abrogazione delle leggi esisten�ti, indicavano una precisa strategia, un disegno complessivo di rovescia�mento di alcune regole consolidate dello Stato sociale e delle relazioni nel mondo del lavoro. I due che sono rimasti, per quanto importan�ti possano essere, non potranno mai avere lo stesso significato. Il referendum sul sistema eletto�rale e quello sul finanziamento dei )artiti hanno perso gran parte della oro capacità ai attrazione, per l'evi�dente saturazione e il (giustificato) disincanto degli italiani nei confron�ti delle promesse di palingenesi politiche attraverso le sole riforme istituzionali. I referendum in materia di giusti�zia arrivano in un momento delica�to per la magistratura, che per la prima volta da molti anni registra un appannamento della sua immagi�ne pubblica in ogni caso, non sem�bra che l'opinione comune dedichi alla giustizia e all'organizzazione della magistratura un'attenzione paragonabile a quella degli anni di Mam pulite. Morale: la battaglia referenda�ria, che si annunciava all'ultimo sangue, ha perso molta della sua drammaticità, perché le punte più acuminate del pacchetto di quesiti sono state tagliate. Ora, 11 significa�to del voto sarà assai diverso da quello che si era ipotizzato, anche nella prospettiva della ridefiniziòne complessiva degli equilibri politici del Paese. La partita, insomma, è ancora aperta ma la posta in gioco non è più la stessa. MATEMATia COSTITUZIONALETelevisione ed elezioni la questione dell'uguaglianzaMichele Alni» ^PAGINA 25
Persone citate: Massimo Luciani
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