Bourgeois

Bourgeois Bourgeois Architetture della memoria LA MOSTRA DELLA SETTIMANA Marco Vallerà ALBERGATRICE d'incubi af�fabili e taglien�ti, domatrice scettica di sogni ingo�vernabili, Louise Bourgeois, finalmen�te gratificata da una mostra degna e intel�ligente (rispetto a quelle pastic�cione e corrive viste per esempio da noi) si candida davvero, alla soglia dei suoi allegri novant'anni, a divenire uno dei massimi artisti viventi, certo uno tra i più intriganti (altro che quei microbi di minimal-video-geometri o i loro cloni kitsch-nipponici!) Que�st'ampia mostra, affascinante an�che per tutte le opere poco cono�sciute che raccoglie, è dedicata ad un tema strisciante e apparen�temente pedante come «Memo�ria e Architettura»; che però ha una sua sottile ragion d'essere. Strisciante, perchè apparenteLA MDESETTMarco mente non diresti che in realtà quelle suo collo claustrofobiche e le formo molli e i concetti pelosi, appesi come punching-ball allo frangibili pareti dello sguardo, siano a prima vista delle «archiletture», essendo la sua un'arte della sottrazione, della distruzio�ne angosciata e sarcastica, della decostruzione scenografica ed al�larmante. Ma è vero che pur sempre di grotte si tratta, di rifugi ambigui e respingenti, di hangar provocatori ed instabili. Architetture sfilaccialo dell'invi�vibilità, sganciati alloglotti del�l'inospitale. Ma ricettacoli, co�munque: pei i pendenti, bavosi liquidi urticanti della memoria forila. «La memoria è una forma di architettura» ha del resto, imprevedibilmente teorizzato questa soave nemica della i agione, che si dice però devota .a Descartes. «Quando evochiamo qualcosa, quando congiuriamo la memoria perchè si faccia più STRA A ANA allerà chi ira, impiliamo as�sociazioni mentali con la slessa tecnica con cui sovrapponia�mo i mattoni por co�struire un edificio». Lei che è cresciuta in un nido insieme dol�ciastro ed ostilo, tra�ditrice placenta, in cui tutti, dal�la nonna agli zii restauravano gotici arazzi d Anversa, ricaman�do fili d'oro, con il padre-despota che s'ora portalo in casa come un canarino l'amante, poco più in età della giovane figlia. La quale cercava di diventare una mate�matica alla Sorbona, deglutendo ragni e ragnatele d'amarezza (che ora ci restituisco, lentamen�te metabolizzandole in sculture). Nò ha mai smesso di filare incubi domestici e risentimenti umora�li, prendendosi le sue nobili, crea�tive rivincite (Distruzione del padre, s'intitola rivolatricomonte un'opera del '74). Almanaccan�do percorsi e speranze di fuga, appaltando ambienti immagina�ri, in cui noi siamo sposso convo�cati come voyeur Iporchè difficil�mente in certe Celle ci è dato di entrare, e dobbiamo approfittare di alcune sapienti fessuro, di certe strategiche fallo per sbircia�re dentro il sipario di quelle marmificate sequenze hitchockiane o di quei teatrini charcottiani di tensioni isteri�che). E cos�scopriamo che l'osses�sione primaria dell'architettura, della casa-doppia e antropomor�fa, scrigno bifronte di umidi fan�tasmi perversi e di pallide prote�zioni familiari, era già viva nella sua originaria, rada produzione di pittrice «alla surrealista» (in stile più Leonora Carrington che non Merot Oppenheim): quelle Feimnes Maison anfibie, che po�polano una sua interiore metro�poli ostile e sterile, con dei bloc�chi condominiali che agitano braccia umane oppure gambe procaci d'acrobata che ciondola�no posanti teste in mattoni. Un passato cementato di laterizi. Opera «giratoria», nel senso ili ciclica, calendariale, rotante, ha definito la Bourgois questa sua ultima produzione, stregonesca�mente giovanile e sanguinante�mente fresca. Perchè lo ha am�messo da sempre: «Il passalo mi fa paura (...) Ma so non riesci a deciderli di abbandonarlo, allora dovi ricrearlo. E' quello che ho fatto sino ad oggi». E cioè: malerie molli che fioriscono dallo pareli come dinosauri tenuti sot�to il vuoto spinto o lo spirito della paura, sotto lo concentrazionali campane di vetro di una Nonna Speranza fuggita in Ame�rica con Joseph Cornell. Autun�nali alberi del lavoro, con rocchelti di filo al posto dei kaki. Lunghi abili femminili che pen�dono dal soffitto conio preservati�vi alla Poe, inslagionahili salumi d'un erotismo vendicativo. Stra�ni sacchi rosa e plurimammelluli, compattati come in una pasta da dentiere, che simulano am�plessi reificali, quasi in una fan�tasia bunueliana sbarcata a BrooIdyn. Non ha fino tu vitalità di questa vecchia signora che ci la pensare a una Compton Bumett del marmo e che continua ad offrire totem al nulla del suo immaginario ferito, ad acchiap�pare per aria lo sue idées più mes, pinzate come insetti: «per�chè tutte lo ideo che vengono bisogna catturarle, come dello mosche che passano», «lo com�batto contro il padre» con l'arma soave a terribile d'un bricolage ironico ed estremo. Como Picas�so: basta che si trovi tra lo mani un colletto inamidalo alla Ber�trand Russell e quello diventa subilo la vertebra d'un suo sche�letro appendi-spettri. Una seggio�la gestatoria ed ecco un lembo di polio per creare subito un'atmo�sfera ili tortura. Cui subito noi ci sottoponiamo, martiri deliziati. TRA INCUBI DOMESTICI E OSSESSIONI VOYERISTICHE UNA RETROSPETTIVA CELEBRA A MADRID LA «GRANDE VECCHIA» DELL'ARTE CONTEMPORANEA «Celi», un'installazione di legno, vetro, stoffa e gomma, di Louise Bourgeois del 1996 Louise Bourgeois. Memoria y Arquitectura. Madrid Centro Reina Sofia. Aperto dalle 10 alle 21 Chiuso marted�Fino al 17 febbraio

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