Una famiglia ebrea tra aguzzini ed eroi di Maurizio Molinari

Una famiglia ebrea tra aguzzini ed eroi Una famiglia ebrea tra aguzzini ed eroi Nella Viterbo di 55 anni fa: tre deportati e uccisi, due salvati la storia Maurizio Molinari ROMA LA determinazione di un bibliote�cario di Viterbo e i racconti dell'ultrasettantenne Rita Or�landi Corbucci consentono di rico�struire per la prima volta, a 55 anni dalla fine della guerra, la vicenda della famiglia Anticoli, che riassu�me in maniera esemplare gli opposti risvolti della persecuzione degli ebrei in Italia: gli aiuti ricevuti da parte di chi sfidò i nazifascisti e le spiate di chi collaborò alla realizza-, zione dello sterminio. Siamo nella Viterbo di fine 1943 occupata dai tedeschi, affiancati dalle milizie repubblichine fedeli a Salò. Ai primi di dicembre i tedeschi effettuano una retata in città e in tutta la. provincia alla ricerca di ebrei nascosti, alcuni dei quali giun�ti da Roma, dove il 16 ottobre c'era stata la grande razzia' a Portico d'Ottavia. In ventisei vengono rinchiusi nel carcere di Santa Maria in Gradi. Fra questi c'è anche la famiglia Antico�li: il papà, Vittorio Emanuele, 58 anni, la figlia. Letizia, 29 anni, e il genero Angelo Di Porto, 34 anni. Manca però la mamma. Reale di Veroli, e il piccolo Silvano, 5 anni, figlio eli Angelo e Letizia. Il bambi�no, quando i tedeschi bussano alla porla, si trova a casa della famiglia Orlandi, che lo nasconderà fino alla fine della guerra. La signora Reale invece, in un primo momento non riesce a sfuggi�re alla «caccia all'ebreo», ma poi il caso la salva. Quando i tedeschi arrivano nella casa dove gli Anticoli si sono rifugiati, lei è a fianco del marito Emanuele e della figlia Leti�zia. Co.n loro scende le scale sospin�ta dai tedeschi ma, mentre sta per salire sul camion militare, cade rovinosamente e si rompe il femore. Per gli stessi militari che' sono andati a casa sua per catturarla, la signora inferma si trasforma in un ingombro. Cosi la inviano in fretta e furia all'Ospedale Grande degli In�fermi di Viterbo, dove sperano che guarisca rapidamente per poterla deportare come gli altri. Invece, dal momento in cui arri�va sul lello d'ospedale, la «sora» Reale svanisce letteralmente. Alcu�ni coraggiosi medici o infermieri (il loro nome non si è mai sapulo) la curano e poi la nascondono fino all'arrivo degli alleali. La rovinosa e causale caduta dal camion della deportazione si rivelò cosi la «fortuna» della signora Reale che però, a guerra finita, si ritrovò sola con il nipotino: nessuno dei suoi famigliari ò ritornato dai campi di sterminio di Auschwitz e Mauthausen. Ricostruendo la vicenda, il diret�tore della Biblioteca viterbese Gio�vanni Battista Sguario ha costretto gli anziani della città a confrontarsi con un'ombra tragica, un terrìbile tabù: la famiglia Anticoli fu scoper�ta dai tedeschi perché qualche cono�scente, qualche vicino di casa, ne aveva indicalo il nascondiglio. La ricompensa fu qualche chilo di fari�na, di zucchero e di latte. Un feroce, terribile, baratto fra la vita di (jualtro ebrei e il cibo per una famiglia il cui nome resta sconosciuto, proprio come quello di chi salvò la signora Reale. In questa altalena di atti ignobili e nobili rientra anche la sorte che toccò all'abitazione di Angelo Di Porto e di sua moglie Letizia Alitice�li, in Via della Verità. Pochi giorni dopo il loro arresto, mentre ancora erano rinchiusi nel carcere di S. Maria in Gradi, la loro casa venne saccheggiala: scomparvero tutte le masserizie, numerosi oggetti e tulli i loro risparmi, quattrocento lire in contanti (che all'epoca non erano poco). Ma in questo caso le slesse forze dell'ordine che avevano colla�boralo alla relata si mossero per tutelare la proprietà depredata. Ra�pide indagini e una perquisizione domiciliare permisero di identifica�re i responsabili. Segui il processo che si concluse con una condanna per furto aggravato e duo denunce a piede libero per ricettazione. La legge del Regno che confiscava i beni dogli ebrei impediva che le loro proprietà fossero derubale da volga�ri ladri di paese. La storia della famiglia Anticoli è uria storia di ferite ancora aperte, come dimostra il fatto che il bibliote�cario, da quando ha indagato e ricostruito la vicenda, è stato ogget�to di telefonate minatorie e minacce personali. Ma lui è deciso ad andare avanti nella solitaria battaglia per far s�che Viterbo, all'inizio del nuovo secolo, ricordi i nomi dei suoi ebrei vittimo delle persecuzioni de�dicando loro almeno una larga alla memoria.

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