CRAXI di Enzo Bettiza

CRAXI Negli Anni 70 la riscoperta del liberalsocialismo soffocato da marxisti e cattolici CRAXI quando Bettino fece la rìvoluzli ìdih-lab testimonianza Enzo Bettiza SOLTANTO Spartaco Vannoni, l'acuto ex comunista proprietario e animatore dell'Hotel Raphael, pareva si�curo dei futuri destini del suo scorbutico ospite, amico e qua�si allievo che con docce violen�te e cantate sonore gli allaga�va e frastornava l'ultimo pia�no dell'albergo. Eravamo alla fine degli Anni 60. L'estate del 1976, che verrà solcala dallo spartiacque dirimente del Midas, era ancora lontana. Il nome Craxi non diceva nien�te agli altri ospi�ti del Raphael. Nessuno allora poteva immagi�nare che quel�l'orco in jeans e maglietta, quell'omone ruvido e anonimo, un po' zoologico, che camminava sempre con la testa voltata per scoprire l'om�bra di qualche segugio immagi�nario alle spal�le, avrebbe un giorno collezio�nato una serie di strepitose e folgoranti cam�pagne politiche. Nessuno pote�va scorgere in lui il futuro castigamatti dei comunisti, il fastidioso ricattatore dei de�mocristiani, il principe eletto�re del primo socialista al Quiri�nale, il conquistatore corsaro del governo più duraturo d'Ita�lia. Nessuno, tranne l'intuitivo Vannoni che ogni tanto, scru�tandomi pacato e convinto di sottecchi, mi tirava in dispar�te e sussurrava: «Teniamolo d'occhio, Bettino. Ne vedremo delle belle. Sarà lui a prendere in pugno, prima o poi, lo redini del Paese. Sarà lui che spezzerà la schiena ai comuni�sti e limerà le unghie ai demo�cristiani. Vedrai, la sua impre�sa non avrà eguali, cos�come non avrà fondo l'odio che tale impresa attizzerà nei comuni�sti e nei cattolici». Vannoni lasciava fuori dal conto l'astio allora imprevedibile di certi atrabiliari gentiluomini bor�ghesi, specializzati in solenni catilinarie a difesa della buo�na coscienza nazionale, che dopo la svolta del Midas avreb�bero preso a inveire nei salotti chic: «Questo piccolo Benito bisogna fermarlo e schiacciar�lo nell'uovo prima che sia troppo tardi!». Io, che non ero socialista, penso di essere stato fra i pochi che in quegli anni lonta�ni diedero un qualche credilo alla profezia del proprietario del Raphael. Anzi, tramite Vannoni, ero destinato a entra�re poco per volta nella cerchia vicina a Craxi. Perché Bettino riponeva tanta fiducia nel�l'amico Spartaco? Uomo di sinistra anticomunista, inti�mamente socialdemocratico, egli era affascinalo da quella che dal suo punto di vista turaliano considerava l'eresia comunista. Tutto ciò che con�cerneva i comunisti, gli ex comunisti, gli antesignani del postcomunismo, fra i quali avrebbe trovato diversi segua�ci duri e fedeli, attraeva la sua attenzione e la sua sensibilità di artista della politica interes�sato a conoscere dal profondo la natura del grande avversa�rio storico: gli sciiti del sociali�smo, i fondamentalisti del marxleninismo. In merito, avrebbe conside�rato anche me come un interlo�cutore competente e credibile. Dovevo diventare cos�prima suo amico personale, poi suo disinteressato sostenitore gior�nalistico, disinteressalo ma fermo al punto di abbandona�re la condirezione del «Giorna�le» il cui direttore. Montanel�li, non poteva soffrire né i modi né le parole né i silenzi arroganti di Craxi. Divenni infine, nella veste di parlamen�tare liberale, allealo esterno dei craxiani nel varo della strategia «lib-lab» in un'Italia egemonizzala dal clericalismo rosso dei Rodano e dei Berlin�guer. Da dove veniva, quale signi�ficalo aveva la curiosa sigla politica, che aveva quel suono labiale e tronco, poco italiano, e pareva desunta dallo spot televisivo di qualche misterio�so prodotto farmaceutico? Il «lib-lab», infatti, era una for�mula cifrata di matrice britan�nica che risaliva all'epoca del�le audaci riforme sociali for�giate da Lord Beveridge nel�l'incontro ravvicinato fra libe�rali e laburisti. La cultura politica europea aveva spesso crealo dei liberali carismatici, come Beveridge per l'appunlo, mollo vicini ai socialisti e viceversa. Lo slesso Bernslein definiva il socialismo come un «liberalismo organizzatore». Il liberalismo organizzativo diventerà un fallo concreto in Inghilterra nei primi del Nove�cento, quando quel partilo liberale cesserà di essere un partilo di massa e passerà, per cos�dire, il testimone ai fabia�ni del Labour ormai gratifica�lo dalla maggioranza del volo operaio: Beveridge darà vita allora all'ufficio progetti del partilo laburista. Nascerà di qui. per paradossale impulso liberale, un famoso piano vol�to alla redislribuzione della ricchezza nazionale che reste�rà uno dei pilastri delle politi�che sociali e perfino egualita�rie dei laburisti. La prestigio�sa London School of Economics avrà come presidi il sociali�sta Harold Lasky, poi il libera�le Ralf Dahrendorf il quale, a sua volta, era stalo socialista e segretario di Stalo di Brandt, al ministero degli Esteri. Un Keynes lo si poteva definire criplosocialisla, oppure libera�le dimezzato? Ma non si traila soltanto di una nobile tradizio�ne straniera. Il «lib-lab» ha anche in Italia, solio altri nomi, un suo robusto retroter�ra culturale: da Gobetti attra�verso Rosselli esso si prolunga�va fino a Bobbio e a Calogero, il teorico deir«ircocervo» libe�ralsocialista deriso da Croce. Nasce con Gobetti, per la pri�ma volta in Italia, il neolibera�le sensibile non solo ai conno�tali economici ma anche socia�li e proletari del capitalismo moderno. Più del buon gover�no, il momento sociale sembra prevalere nella complessa per�sonalità culturale di Gobetti, slimolalo dalla nascente real�tà industriale torinese e dai problemi agitali dalIVOrdine Nuovo». Va nota�lo che pure quel fitto dialogo di Gobetti con Gramsci è, in qualche modo, un dialogo «liblab»: suo interlo�cutore infatti non è il Gramsci delle Lettere dal carcere, che sembrava già an�ticipare il com�promesso stori�co di Berlin�guer, bens�il Gramsci ancora socialista, consi�liare, pedagogo della democra�zia di fabbrica. Quello insomma con cui Gobet�ti scambia pensieri e giudizi è un Gramsci gobettiano, attrai�lo dall'idea della «rivoluzione liberale». Vedremo in seguilo, per tutti gli Anni Venti e Trenta, il liberalismo di pun�ta, il radicalismo di Giustizia e Libertà, l'avanguardismo azio�nista e il socialismo democrati�co confluire in un'eclettica tradizione del pensiero politi�co nazionale. Il filone si spegnerà dopo il 1945, soffocato dal predomi�nio marxista e cattolico, men�tre l'autonomia socialista nau�fragherà nel frontismo egemoCon un disulle pdeir«Atentdi romil monoculcattocom nizzalodal Pei loglialliano. La possibilità di una rinasci�la liberalsocialista si profilerà appena nella seconda metà degli Anni Settanta, con la spinta autonomista impressa da Craxi, dopo il congresso del Midas, al parlilo non più ag�giogalo al carro comunista. Il giovane gruppo dirigente e intellettuale del Psi raccolto attorno al nuovo segretario, Ugo Iniini, Massimo Pini, Claudio Martelli, Luciano Pel�licani, Francesco Forte, per citarne solo alcuni, capisce che un rilancio del socialismo democratico può trovare un sostegno più che legittimo nel�l'alleanza politica e culturale con gli epigoni della sommer�sa tradizione liberale. Un azio�nista storico quale Leo Valiani, padre costituente della Pri�ma Repubblica, capta imme�diatamente il timbro laico del socialismo craxiano inseren�dolo nell'alveo rosselliano con le seguenti parole: «Rosselli a suo tempo sembrava un inge�nuo utopista, e venne respinto dalla sinistra e dileggialo da Togliatti. Craxi l'ha rivalutalo nel momento in cui l'opinione pubblica era disposta a pren�dere in riesame tale riabilita�zione, nonché quella ili Proudhor cu; Rosselli consigliava sempre di rileggerei). La riabili�tazione esplicita di Rosselli, e implicita ili Proudhon sarebbe arrivata fra i postcomunisti riuniti al Lingotto una trenti�na d'anni dopo. Innovativa e tradizionale nello stesso momento, la linea «lib-lab» voleva conseguire ciò che in parte consegu�a cavallo fra i Settanta e gli ottanta: la fuoriuscita dei libe�rali dal ghetto malagodiano ormai privo d'ossigeno, il ritor�no del Pli nell'area di governo, l'appoggio per l'wiuìa lunga» craxiana di una sponda laica centrista, aril melicamente modesta ma non priva ili signi�ficato simbolico e storico sul piano italiano ed europeo. Il «lib-lab», anche se molti finse�ro ili non accorgersene, dove�va cosi it uire per diversi aspet�ti una sorla di mastice ideale ilei primo penta�partito a condu�zione socialista varata da Cra�xi. Mastice im�portante, poi�ché assicura agli italiani il governo più lun�go della storia della Repubbli�ca. Dall'agosto 1983 al giugno 1986: 1058 gior�ni di gloria, di tensioni, di scontri violenti e risolutivi. Il presidente so�cialista della co�alizione penlapartila firma la revisione del Concordato con la Santa Sede, vince il referen�dum sulla scala mobile contro la feroce opposizione del Pei, affronta e sbanca gli america�ni nella crisi di Sigonella, abballi; l'inflazione, fa velare la Borsa, fa inghiottire addirit�tura alla Thalcher l'allarga�mento della Comunità Euro�pea. Gli Anni Ottanta mutano l'Italia. La fanno uscire dal terrorismo e dal consociativi* sino, la rendono più libera e più rispettata nel mondo, la melloni) all'avanguardia dei costumi, della moda e dei fatturali d'impre�sa. C'è anche la cor�ruzione, inseparabi�le dalla complessa vitalità democrati�ca, come lo dimostra�no tanto fatti giudizia�ri già occorsi nella ter�ra di Saint-Just e quelli in pieno corso nella ter�ra di Lutero. Ma c'è, al tempo slesso, il traguardo raggiunto di una stabilità politica e di un'espansione economica che a quell'epoca avvicina l'Italia alle maggiori nazioni dell'Europa occidenta�le. Nel sostrato di tutto questo c'è anche la formula del «liblab» che io. dalla sponda libe�rale, avevo inizialo a divulga�re con alcuni amici socialisti, in particolare con Ugo Iniini. Subito dopo le prime elezioni europee a suffragio diretto nel 1979, che videro premiale le liste del Psi e del Pli, avviam�mo insieme un vivace dibatti�lo sulle pagine dell'«Avanti!». Fu soprattutto un tentativo di rompere il monopolio cultura�le cattocomunista. Dal dibatti�to, emergeva la volontà di marcare le differenze di fondo che dividevano le «forzo con�fessionali» dalle «forze laiche»; inclini le prime a ragio�nare e operare per compromes�si forzosi, blocchi, fronti, con�sociazioni coatte, plebisciti as�sembleari, e le seconde invece per coalizioni libere, alternan�ze, conflittualità. In sostanza, contrariamente al dialogo rodaniano fra comunisti e catto�lici, quello rosselliano fra so�cialisti e liberali avrebbe dovu�to svolgersi entro un quadro per l'appunto laico, flessibile, pragmatico, scevro di pulsioni provvidenziali e palingenetiche. «Lib-lab» significava es�senzialmente questo: uscire dagli ideologismi di maniera, evitare le facili demonizzazio�ni del capitalismo, riunire nel capitalismo umanizzato i van�taggi delle liberta l'ormali da un lato e quelli delle garanzie sociali dall'altro. Ecco perché il tentativo di restituire digni�tà culturale e dar corpo politi�co ad un «lib-lab» nazionale, riattualizzando i testi dei Ros�selli e dei Gobetti significava compiere un gesto di sfida contro il blocco diarchico di due subculture intolleranti e dogmatiche, Craxi, uomo d'in�tuizioni e riflessi veloci, ne colse subilo il significato di rottura e di provocazione, Al�lri, invece, non perdettero l'oc�casione di snobbare «la nuova ricetta magica». Lo stile aspro, la cattiveria politica, insomma l'unghiata dell'orco Craxi indispettivano anche di�versi sinceri liberali e antico�munisti. Quel dispetlo, che doveva farsi sempre più visce�rale col tempo, impediva loro di scorgere la statura dell'orco e il cuneo dirompente che egli slava conficcando nel grigioribloccato della politica italia�na. Diceva bene Ronchey i uantlo asseriva che, per impei ire ai due battenti del com�promesso storico di chiudersi, bisognava aspellare che Craxi infilasse nella connessura il suo «scarpone chiodalo». Uno dei chiodi, forse non il meno puntuto, è stalo fra gli allri il «lib-lab». La bella paro�la «liberalsocialismo» evoca certamente paradisi armonio�si, mete alle, giustizie ecume�niche. Ma in un Paese come l'Italia, dove il peggio non finisce mai, dove la guerriglia civile è permanente, sarebbe stalo possibile porgere un «liblab» lullo in guanti bianchi ai clericali organici della solida�rietà nazionale? «Lib-lab» significava uscire dagli ideologismi e riunire nel capitalismo umanizzato sia i vantaggi delle libertà formali sia quelli delle garanzie sociali Negli Anni 80 si conseguirono stabilità ed espansione economica; l'Italia usc�dal terrorismo e da consociativismo, diventò più libera e più rispettata I precursori italiani di questa formula erano stati Gobetti e quel Rosselli definitivamente riabilitato solo pochi giorni fa al congresso diessino del Lingotto Con un vivace dibattito sulle pagine deir«Avanti!» tentammo di rompere il monopolio culturale cattocomunista Ma lo stesso Gramsci negli anni del dialogo con Gobetti fu attratto dall'idea della «rivoluzione liberale» scoperta del liberalsocialismo RAXI ettino fece soffocato da marxistiBettino Craiii visto da Ettore Viola A sinistra l'hotel Raphael In basso Piero Gobetti e Carlo Rosselli ìdih-lab precursori italiani di questa formula erano stati Gobetti e quel Rosselli definitivamente riabilitato solo pochi giorni fa ongresso diessino del Lingotto Domenica 23 «Lib-lab» siuscire dagle riunire numanizzati vantaggi dformali siadelle garanNegli Anni 80stabilità ed eeconomdal tcodevcnori gra din pra ditemporaggiupolitica economicavvicina lnazioni dele. 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