Nell'aula rivive un'altra tragedia: quella di Moro di Luigi La Spina

Nell'aula rivive un'altra tragedia: quella di Moro Nell'aula rivive un'altra tragedia: quella di Moro Stesso «funerale» senza bara, stessa spaccatura politica Luigi La Spina ROMA Come appariva davvero «sorda e grigia» quell'aula di Monteci�torio, ieri mattina. La luce verde e fredda impiombava le facce bianche dei deputati, compunti a recitare la loro parte in quello strano funera�le, senza bara, di un latitante a cui si rendono i massimi onori di Stalo. Come era difficile spiegare l�alla Camera e come sarà difficile spiegare ai nostri figli quella terribile contraddi�zione: una classe politica che commemora un pluricondannato dalla legge e celebra la vita di un eminente statista e la sua tragica morte in esilio. E tutto ciò, pretendendo di non commemorare insieme se sles�sa o, almeno, una grossa parte di se stessa. Ci sarebbe forse voluto il senso del dramma in quell'aula e la forza di parole forti e appassionate. C'era, in�vece solo la sensazione di un doveroso imbarazzo, di una doverosa ipocrisia, di un dove�roso rispetto. C'era una tristezza'xhe non era la coltivazione di un vero dolore, ma quella che,nasce dalla-sensazione di una sconfitta collettiva, quella che sorge dal timore di non riuscire a seppellire un passa�to scomodo e di dover fronteg�giare un futuro inquieto e insidioso. Eppure, davanti a quella invisibile e tanto ingombrante bara, la tetra cerimonia aveva trovato tutti, protagonisti e comprimari, pronti. Nel Trans�atlantico ricomparivano le vec�chie facce, nascoste da anni, segnate inesorabilmente dal tempo e dalle ferite: De Miche�lis, con i capelli corti e soffici, dimagrito ma pugnace nell'ac�cusa, come sempre; Intini, ma�gro e alto, fedele e dignitoso, come sempre; Cicchino, inge�nuo per troppa furbizia, giova�nile, come sempre. Ma anche gli amici e i consiglieri, tra gli altri l'inossidabile Nino Neri, prodigo di confidenze e di retroscena, col sigaro mastica�to in bocca, come sempre. Arrivava Berlusconi, meno ab�bronzalo del solito, ma, come al solito, seguito da un codazzo di microfoni e si infilava in aula dove, in attesa dui campa�nello di Violante, faceva croc�chio tra i suoi fedeli con in mano poche cartelle scritte a macchina, misteriosi appunti di un discorso che non farà. Sul banco del governo, al posto dove quindici anni fa sedeva Craxi, Massimo D'Ale�ma, nella sua versione ministe�riale, accigliato e severo. Ac�canto, come quindici anni fa. Amalo, che ogni tanto, scam�biava col premier qualche ava�ra parola. Poi, cupi e solenni, gli altri ministri, Mattarella, Rosy Bindi, Fassino. Il discor�so del presidente Violante, let�to, come fa abitualmente, a velocità supersonica, ammette�va la sconfitta di non sapere, di non potere dare un senso compiuto alla tragedia di Cra�xi, ma anche alla tragedia di questo Paese. Quello di D'Ale�ma, attentissimo a un equili�brio sapiente di chiari e di scuri, auspicava, senza dare l'impressione di crederci più di tanto, la definitiva sepol�tura, accanto alla bara di Cra�xi, di quella del Pei e del Psi. Il presidente del Consiglio ritene�va «indispensabile» che la poli�tica facesse un passo indietro rispetto al giudizio della sto�ria. Pensava, forse, ai pericoli futuri per i lavori della com�missione su Tangentopoli. Non pensava, forse, alla passa�ta abdicazione della politica, davanti ai suoi doveri, come magari in Francia si e fallo o in Germania si farà. Al triste silenzio seguilo ai due discorsi dei presidenti, rotto da un grido solitario, ancora più triste, che evocava il nome di Borrelli, si accodava la commemorazione del com�pagno di partilo, Boselli. An�che lui, dignitoso e responsabi�le, calibrava le parole, rinun�ciando a quelle di vendetta, ma rivendicando le spoglie di Craxi. In pochi minuti la ceri�monia era finita, con educali applausi, in una piccola gara d'intensità ira i banchi della destra e quelli della sinistra. Com'era stalo davvero pic�colo, tutto, là dentro. Come sarebbe stato bello se in quel�l'aula in cui Craxi imputo, nel luglio '92, con orgoglio rabbio�so e luciferino, la collotliva responsabilità per le tangenti della Prima Repubblica, si fos�sero ascoltalo parole meno ipo�crite, meno attento, più vere e più generose. So qualcuno aves�se avuto il coraggio di rivendi�care una battaglia politica con�tro di lui, cosi come l'umiltà di riconoscere che, politicamen�te, lui aveva ragiono e loro torto. Se qualcuno avesse avu�to la generosità di affrontale quella bara invisibile in mezzo all'emiciclo, per scuotere le coscienze misere e ignave e non fare a Craxi un torto nutile, un torto che non si fa neanche ai peggiori criminali: ineilo di rispondere alla sua brutale franchezza, alla violen�za, anche, della sua politica, al suo carattere cattivo, con l'estrema ingiuria del farisei�smo, della simulazione, del�'imbarazzo. Se qualcuno si 'osse ricordalo che quella non era una Chiesa e neanche un camposanto, ma il teatro dello sue battaglie, magari sbaglia�te, ma combattute a viso aper o. nominava, invere, in quel l'aula della Camera dei Deputa�ti italiani, insieme, il fastidio di una pratica da archivia:'' e il timore di non riuscire a farlo. Solo D'Alema, quando ha ricordato che il posto da lui occupato era quello ili Craxi una volta, è sembralo confessa�re l'oscuro inc.uho di un futuro che il destino cela minacciosa mente. Quando le parole del premier si sono diffuse, con un brivido, nell'aula, conio ò sem�bralo vicino quell'altro funera�le di Stato senza bara, quello di un giorno di maggio dei 1978 iiuollo di Alilo Moro. Quante analogie e quante suggestioni per chi con l'ingra io privilegio ili una età ohe l'ha visto testimone della prima tragedia politica della sua vita, ha ieri avuto la ventura di vederne l'epilogo di un'altra, ventidue anni dopo, Anche allo�ra una morto eccellente senza cadavere, strappato furiosa mente dai familiari e dagli amici, invero pochi, por un funerale privato. Anche allora arrivavano le lettere, come fino a ieri arrivavano i fax di Craxi. Anche allora, accolte da fastidii), imbarazzi, sdegni o consensi privati e pubblici si lonzi. Senza naturalmente isti�tuire paragoni impossibili, fon�dati su assurde equivalenze storiche, politiche e anche mo�rali, com'è poro impossibile non ricordare quei giorni del «caso Moro». I funerali nel pomeriggio pieno ili pioggia e di nuvole in quei paese, a pochi chilometri da Homa, che lo statista democrisl iano ama va. Moro era citttidino onora rio di Turrita riberina e li aveva fatto costruire una viiln che si chiamava «Le tre ochette», Vicino, c'era una panchina ih pietra dalla quale si vedeva tutta la vali i del Tevere. L�era solilo sedersi ila solo, per ore, a meditare. E' difficile non ricordare la stessa ostinata resistenza dei familiari, anche allora obbedienti agli ultimi desideri del loro ( ani, ili fronte alla richiesta ili restituire quel corpo all'omaggio dei potenti, lui che era stato polente fra i potenti, come Craxi del resto. L'imbarazzo delle facce cupe dei suoi successori, anche allo�ra «ossequienti» e «rispettosi» dello scelle familiari, in cuor loro sollevati dai contrasti in una corimunia che avrebbe visto una uosl drammatica spaccatura nella classe politi�ca, ma anelli) nel Paese. La tragedia Moro annuncio una profezia del grande leader pugliese: avrebbero dovuto passare oltre dieci anni, ma si avverò la fine del suo parlilo e la fine della Prima Kopubblica. La sua morte, per chi allora aveva davvero capito il senso della storia italiana, chiudeva sostanzialmente l'egemonia della De. Un dominio sul quale si ora retto il primo cinquan�tennio repubblicano dell'Ita�lia. L'altra traodi;1 della vita politica italiana, quoli i di Cra�xi, ha coinvolto subitu la sorte del suo parlilo, quello sociali�sta. 11 tempo ha sempre più fretta: chissà che essa non chiuda anche la transizione verso la Seconda Repùbblica. Alla commemorazione di ieri la tristezza non nasceva da vero dolore ma dalla sensazione di una sconfìtta collettiva Un deputato azzurro: colpa di Borrelli Con il delitto Moro finiva in sostanza l'egemonia della de La morte di Craxi chiuderà il periodo di transizione verso la Seconda Repubblica?

Luoghi citati: Francia, Germania, Roma