«Trapianti di mani, è pronta anche L'Italia»

«Trapianti di mani, è pronta anche L'Italia» Il chirurgo italiano che ha operato a Lione: «Siamo coscienti dei rischi, ma non sono maggiori che per altri organi» «Trapianti di mani, è pronta anche L'Italia» Ci sono già 14pazienti in lista d'attesa Maria Giulia Mìnetti inviata a MONZA «Siamopronti anche noi. Abbia�mo già selezionato l ■l pazienti. Aspettiamo solo l'autorizzazio�ne del ministero». L'equipe di chirurgia ortopedica dell'ospe�dale San Gerardo di Monza, che con tre medici, i chirurghi Mar�co Lanzetta, Roberta Nolii e Carlo Trevisan, ha partecipalo all'eccezionale doppio trapian�to di inani e avambracci al�l'ospedali.' «Edouard Herriot» di Lione, all'indomani dell'opera�zione annuncia che anche in Italia saia presto possibile un'operazione giudicala fino a ieri fantascientifica. "Cade la barriera dei trapianti salvavi�ta", dice il dottor Lanzetta. Ma forse sarebbe meglio dire che il concotto di «salvavita)) si allar�ga. "Avete idea chiede il dotto�ro di che razza di esistenza sia quella d'un uomo senza mani?» Per la legge non avere entrambe lo inani significa un'invalidità del cento per cento, come la cecità, l'or chi le mani le ha perse, significa la perdita pressocché assoluta dell'autono�mia: «Non c'è protesi, anche la più sofisticata, che consenta di recuperare una minima funzio�nalità. Tulio il contrario delle gambe, dovi.le protesi sono davvero efficaci e sopperiscono ali funzione fondamentale; la deambulazione)). Né fra i futuri pazienti del professor Jean-Mi�chel Dubernard, che ha diretto l'equipe lionese in quest'ultimo intervento e in quello di 15 mesi fa sul canadese Glint Hallara (cui era sialo irapinlal.o un solo arto) né fra i M italiani selezio�nali dall'equipe monzese, infat�ti, vi sono casi di amputai i degli arti inferiori. Si lavora sul limi�le di ciò che è tollerabile dall'uo�mo, si lavora davvero per «rida�re la vita), con questi impianti di mani. Eppure le perplessità non mancano. La prima riguar da le condizioni di sopravviven�za del paziente, meglio: le stes�se sue possibilità di sopravvive�re. L'enorme (piantila di farma�ci immunodepressori necessari a impedire il rigetto non metto�no a repentaglio gravissimo chi ha subito il trapianto? La bioeli�ca non dovrebbe anche preoccu�parsi, prima di acconsentire a interventi di questo tipo, di questo aspetto del problema? Prima di rispondere dtreltamen te alla domanda, il dottor Lan/ella tiene a lare una precisazio�ne: «La scelta è del paziente, lui si assume il rischio. Tutti faccia�mo continuamente scelle ri�schiose, anche rischiosissime, per la nostra salute. Chi sceglie di fumare sa dovrebbe sapore che le sue aspettative di vita sono di vent'anni inferiori a ((nelle di chi non fuma. Però non senio campane bioetiche su questo...» Ciò detto, il dottore assicura che «i rischi sono gli stessi che si corrono con i trapianti salvavita». Nonostante la compresenza, in una mano, di molli lessilii diversi (mentre il tessuto d'un cuore o d'un fegato è unico)il dosaggio degli immunodepressori non è più alto. Il dottor Lanzetta animel�le che il tessuto cutaneo è quello che ha dato le preoccupa�zioni maggiori: «Clini Hallam ha avuto dui! episodi di rigetto della pelle, subilo arginali pe�rò». Smentita dall'esperienza, dunque, l'ipotesi avanzata in diversi convegni che sarebbe sialo necessario, per garantire la riuscita d'un trapianto, la previa scorticazione totale del�la mano (o delle mani) del donatore, che avrebbe poi dovu�to essere ricoperta col tessuto cutaneo del ricevente. E se la scorticazione, per il profano, è addirittura inimmaginabile, ter�rifica già a sufficienza l'idea della donazione e degli effetti devastanti che può avere sui congiunti del morto. Un conto è un organo intemo, invisibile, asportato da un torace poi ricu�cito, un altro l'effetto degli arti mozzati. «No informa il dotto�re questo non avviene. Il donatore viene restituito ai fa�miliari con due prolesi esletiche». Gira la testa, in questo teatro macabro, ma è bene inve�ce tenerla puntata sui risultali, ricordarsi che: «La funzionalità della mano può essere recupera�ta anche quasi completamente, come accade con i reimpianti». La dottoressa Nolli racconta di un operaio egiziano cui, qui a Monza, è stata reimpiantala una mano tagliala di netto in un incidente sul lavoro «che quasi oggi non ricorda quale sia la mano riattaccata». Certo, è un esilo eccezionale, e soprattutto il reimpiantato non ha bisogno di farmaci antirigetto, ma è difficile, davanti a simili pro�spettive, non condividere l'entu�siasmo dei chirurghi. L'ortopedico: «Per chi ha perso gli arti anteriori le protesi non garantiscono la funzionalità e la qualità della vita» Nel centro di Monza manca soltanto il via libera del ministero «Il rigetto? Lo sconfiggeremo» Marco Lanzetta uno dei chirurghi dell'equipe di Ortopedia dell'ospedale «San Gerardodi Monza

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