Per il Migliore la «damnatio memoriae» di Pierluigi Battista

Per il Migliore la «damnatio memoriae» Nel gran festival delle citazioni, da Granisci a Wojtyla, per la prima volta è criticato Togliatti Per il Migliore la «damnatio memoriae» Pierluigi Battista TOGLIATTI no, lui non c'è. E quando c'è, è per dirne molto male: per esempio che svillaneggiò grossolanamen�te Carlo Rosselli e il socialismo liberale. E se vuole nominare i Padri della Patria che hanno vissuto e operato a Torino, Wal�ter Veltroni ha una buona parola per «Gramsci e Gobetti, Einaudi e Frassati, Bobbio e Foa», per il cardinale Pellegrino, don Luigi Ciotti e Emesto Olivero, portanti e tanto diversi ma non per il Palmiro Togliatti che a Torino pure forgiò il proprio carattere politico. Togliatti non lo nomi.ia nessu�no, nemmeno Valdo Spini che aveva parlato prima di Veltroni e che, anche lui, aveva salutato la citta di «Gramsci e di Gobetti», ma senza menzionare che è stata anche la città del Migliore. In un congresso che appare affetto da un rapporto ingordo e quasi bulimico con la citazione di autori e progenitori che possano costrui�re il pedigree della sinistra del futuro, viene decretata la «dam�natio nieinoriae» nei confronti del leader che più di ogni altro ha personificato la parte maggiorita�ria e storicamente decisiva del fu Partito comunista italiano. Al Lingotto culluralniente quel Pei viene platealmente ignorato. Si rende omaggio a Nilde lotti, che di Togliatti fu compagna. Si men�ziona Arrigo Boldrini, quasi a rintuzzare l'accusa solitamente rivolta alla Ouercia di aver perdu�to la percezione delle proprie radici. Ma nel delicatissimo e fragile equilibrio di «vecchio» e di «nuovo» che dovrebbe dare identità al nuovo partito, ogni materiale eterogeneo viene accol�to, ogni frammento viene richia�mato, ogni scheggia viene recupe�rata. Ma, a parte un'erratica allusione al «Togliatti della Costi�tuzione», non la presenza ingom�brante di una storia, quella incar�nata dalla figura rimossa di To�gliatti, che in qualche modo smentisce l'aura di innocenza angelìcata che aleggia nel partito ispirato al Veltroni-p-jncioro. Che poi, più che una linea politica tradizionalmente intesa, è soprattutto uno stilo e un'estetiCB che hanno trovato nel mollo «I care», la citazione-regina in lingua inglese destinata a stabili�re una frattura con il simbolismo del passato, il punto di frizione con le tradizioni tramandate. Tanto è vero che il congresso è stalo preceduto e annunciato dal�la pubblicazione sull'nUniià» di una vignetta di Elle Kappa in cui, parafrasando l'orinai celeberri�ma invocazione di Nanni Moret�ti, si chiede a Veltroni di «dire qualcosa d'italiano» e poi sul «Manifesto» addirittura da un editoriale di Guido Molledo cos�sarcastico sull'anglomania veltroniana da essere scritto in ingle�se e da un commento di Alessan�dro Portelli in cui si richiama, a proposito di citazioni del terzo Millennio il Renato Carosone che diceva: «ina quando fai l'amore sotto la luna, come ti viene in capo di dire "1 love you"?». L'inglese come contrassegno della modernità globalizzata, cer�to. Lennon e Sting come inni più «trendy» di quanto non fossero qualli antichi del movimento 0|X!raio italiano. Ma poi a Lennon si affianca l'Internazionale, e a Sting fa da contraltare l'inno di Mameli Come dire che ce n'è per tutti, E cosi nella relazione di Veltroni, farcita di citazioni co�me un insaccato gigante, c'è la dichiarata eslerufilia e la delibe�rata valenza «cosmopolitica» del�le citazioni ili Max Weber, ili John Rawls, di Edgar Morin, persino di Mobammud Yunus. E poi Karol Wojtyla, citalo addirit�tura come alternativa al «giova�ne Marx». E anche, nascosta tra le pieghe di una relazione fluvia�le, la citazione subliminale, quan�do Veltroni si chiede «dove diavo�lo è la sinistra, cosa diavolo è la sinistra», riprendendo un interca�lare tipico (dove diavolo, cosa diavolo, chi diavolo) del protago�nista del «Giovane Holden» rac�contato da Salinger, personaggiochiave dell'immaginario veltroniano. Citazioni insistite ma bi�lanciale per par condicio da cita�zioni italiane, da Rosselli a Cala�mandrei, da Primo Levi a Calvi�no, da Bobbio a, of course, don Lorenzo Milani, da Foa, da Non�ni a Pani. E senza fogliatti, naturalmente. Dove diavolo sarà finito? ìl inanifeslo je ' •...4 I' . ^ , . . . , y.7 '.ì^nì.'^.^? fi È La prima pagina del manifesto e. sotto, la vignetta di Ellekappa sull'Unità di ieri I 4 vut'-uw 0:' a'-iALCOSA DI l-TAtlANU M\ ■ft *M^E*è** .■.■-'■■

Luoghi citati: Torino