Quei ragazzi di via della Vite di Filippo Ceccarelli

Quei ragazzi di via della Vite LA RIMPATRIATA AL LINGOTTO DEL GRUPPO DI GIOVANI COMUNISTI Quei ragazzi di via della Vite Tutto cominciò con la segreteria D'Alema in Fgci la memoria Filippo Ceccarelli ROMA IN tutti i cìis�congresso noio�so o dilettevole, congresso paci�fico o bellicoso sarà una rimpatriata figicina, o figiociotta che sia. Anche a questo, in fondo, servono i congressi: a ricordare altri congressi. D'Alema fu eletto segretario della Fgd a Genova, nel dicembre del 1975. Fu una gelida assem�blea: l'avevano paracadutato li come una specie di commissario. Due alberi di Natale ai bordi del palco, lui pallido come un lenzuo�lo, con una specie di maglione dolcevita e una folta, e riccia, e nerissima capigliatura. Ci sono foto che lo ritraggono mentre batte le mani non si capisco a chi con gravità tutta sovietica. A quel tempo, Walter Veltroni e i compagni «romani» orano an�cora in lutto por la morte di Pier Paolo Pasolini. Insieme con Gian�ni Borgna, oggi assessore alla cultura della giunta Rutelli, ieri detto «Profumetto» per l'abbon�danza di acqua di colonia che si versava addosso, e a una promes�sa del giornalismo e del calcio giovanile, Nando Adomato, ave�vano stabilito un rapporto con il più eretico degli scrittori. Un'in�tervista, firmata anche da Lucio Caracciolo (oggi direttore di Li�mes) e Fabrizio Barca (fino al mese scorso strategico direttore generale del Tesoro) era apparsa sul periodico Rornagiovam. Paso�lini era rimasto colpito dai giova�ni della Fgci: «Voi siete sulla strada giusta» gli aveva detto. Li escludeva dall'incombente geno�cidio culturale. Partecipò alle «Giornate della Gioventù» al Pincio: «Siete rimasti solo voi, giova�ni comunisti». Nel mondo un po' idealizzato da Pasolini c'erano molti di quelli che, dopo un quarto di secolo, saranno protagonisti al congres�so che comincia oggi pomeriggio. Veltroni, tutto sommato, restò poco negli uffici dell'ex psiujj a via della Vito, adocchiato dal sin�daco di Roma Petroselli che gli foce lezioni individuali. Restò di più il suo amico Gregorio Paolini, ora dirigente della televisione. Al posto cu Walter, in segreteria, arrivò da Torino Livia Turco, molto cattolica e un po' sgobbo�na; poi c'era Claudio Velardi, l'ombra del presidente del Consi�glio, parecchio sveglio anche allo�ra; c'era l'amendoliano sempre di Napoli Umberto Minopoli (oggi sta con Bersani); c'era il coordina�tore dello staff di Palazzo Chigi, Massimo Micucci, che senza alcu�na colpa figurava, anche un po' scalmanato alla testa di un cor�teo, sulla copertina del libro di Renzo Del Cnrria Proletari senza rivoluzione. Presto arrivarono da Milano e poi si fidanzarono anche due fra gli attuali leader della Sini�stra, Gloria Buffo e Marco Fuma�galli. Da Bologna venne il futuro sindaco Walter Vitali, anche allo�ra cos�dolce e cortese da indurre alcune canaglie di compagni a far credere a una delegazione di co�munisti giapponesi in visita a Roma che era un inserviente, e allora Vitali su e giù per gli alberghi con le valigie... Questo per dire i vincoli gene�razionali, talvolta inesplicabili o dimenticati, e le esperienze co�munque vissute in comproprietà dal nocciolo duro del partito di oggi, e del congresso. Un po' allegro vivaio, la Fgci della secon�da metà degli Anni Settanta, un po' scherzosa palestra («Viva la FÌ...I Viva la Fi...! viva la Fi-ggicci!»), con gite di gruppo a Cuba e corteggiamenti dalemiani a splen�dide interpreti cinesi. Ma anche luogo di cruda disillusione, perdi�ta d'innocenza, paura e smarri�mento. Nell'estate del 1976, l'attuale sindaco di Firenze, Leonardo Do�menici, arrivò al festival giovani�le di Ravenna per vendere biscot�tini e vin santo e fin�a organizza�re ronde e perlustrazioni contro gli autonomi che volevano sfonda�re. L'esplosione del Settantasette invest�l'organizzazione dei giova�ni comunisti cos�in pieno da trasfigurarla negli slogan come «la nuova polizia» e non era un omaggio. Adornato diede vita a un eroi�co settimanale. La città Jiitura, che cercò di barcamenarsi tra Franco Rodano, che tesseva l'elo�gio di Lucia Mondella, e il resocon�to di una qualche manifestazione delle «Brigate del lavoro» sotto il titolo, invero un po' sospetto per il partito che finanziava: «Rollan�do e rockando sotto le stelle». D'Alema, oltre tutto, era stato scelto da Chiaromonte per mette�re ordine. Anche allora ascoltava la gente un po' accigliato, a brac�cia conserte, con un certo sussie�go, e si prendeva molto sul serio. Aveva anche ragione, poveraccio: «Devo andare alle Botteghe Oscu�re a chiedere spiegava con aria di uno spedito al patibolo la liberalizzazione della marijua�na». Nelle riunioni di direzione interveniva più del dovuto, e più a lungo del dovuto: «Bene: abbia�mo capito che sei bravo gli disse un giorno Tortorella -. Adesso però concludi». Scelse la linea di «stare nel Movimento». Non era facile. Pa�recchi, nel Movimento, volevano dare un sacco di botte a quelli della Fgci; mentre il sor Paolo Bufalim, comunista d'ordine, ac�cusò l'organizzazione di «galleg�giare sul movimento». Così, un'al�tra storica foto ritrae sadicamen�te D'Alema alla Stampa estera, con una faccia che tentava di essere imperturbabile, e a fianco un indiano metropolitano, a no�me «Gandalf il Viola», con un lungo cilindro in testa e la faccia infarinata. D'Alema fece il suo fervorino aperturista, quindi prese la paro�la quell'altro, «a dtolo strettamen�te personale e quindi a nome degli elfi del bosco di Pangom, dei Nuclei Colorati Risate Rosse, del Mpfa (Movimento Politico Fanto�matico Assente), delle Cellule Dadaedoniste, di Godere Operaio, della Tribù di Cicorio e qui D'Alema alzò gli occhi al cielo dell'Intemazionale Schizofreni�ca...». Era lui, in realtà, e tutto quel mondo a rischiare la schizofre�nia, tra l'incudine dei vari Gan�dalf anche più nocivi, se è per questo e il martello non solo dei padri, ma anche dei coriacei non�netti del Bottegone. Ciò nonostan�te, o forse proprio per questo la Fgci fu per tutti mini burocrati, creativi, scapestrati, goliardi ros�si e integrahsti in erba una prova che un tempo avrebbe ri�chiamato il più classico «Addio giovinezza». Forse anche l'ultima vera scuola politica in Italia. An�che se sugli ex e tra gli ex ragazzi di via della Vite i conti restano pericolosamente in sospeso. Massimo D'Alema, ora presidente del Consiglio, in una foto scattata ai tempi in cui era uno dei leader della Federazione Giovanile Comunista Italiana: fu eletto segretario al congresso di Genova del 1975