La mia India

La mia IndiaLE PRIME PAGIN«»I R E STORIA La mia India KHUSHWANT SINGH Protagonista è l'autore che alterna esperienze amorose con donne straniere alla passione per Bhagmati, la sua prostituta ermafrodita, metafora della città cos�amata CCENDO il lume sul comodino, 5.15. Apro la finestra. Le tende svolazzano. Una brezza fresca e profumata di fiori spazza via lo stillante polverio d'aria stagnante di ieri. Sprofondo nella poltrona e guardo fuori. I lampioni si spengono con uno slacco sordo. Attraverso il fogliame del gelso appare l'alba. Silenziosamenle i pipistrelli torna�no ad appollaiarsi ai rami degli imponenti alberi di aijun. La vec�chietta cheabita al piano di sopra struscia le ciabatte sul marciapiedi. Si ferma affianco alla mia siepe di ibisco, guarda intorno se c'è qualcu�no che la vede, strappa via alcuni fiori, li mette in borsa e continua a strusciare verso il tempio. Il suo vecchietto la segue. Anche lui si ferma affianco alla mia siepe, si gira intorno per vedere se c'è qualcuno che ascolla, si preme la pancia, e libera una lunga, dolorosa scorreg�gia. Riparte con un'aria sollevala e ((nello sguardo alla «chi e sialo?». Si accende una luce nell'edificio di fronte. Una donna apre le tende, raccoglie a crocchia i capelli sparsi e slira le braccia in mia direzione. Altre luci si accendono e si spengo�no. La stella del mattino è appena visibile nel cielo rosa. 1 corvi inizia�no a gracchiare gli uni agli altri. I passeri iniziano a litigare sul gelso. Si leva al cielo la voce del muezzin. Le campane del tempio risuonano por svegliare gli dei dal loro sonno, il lattaio fa il giro dell'isolalo in bici con un rumorososferragliamenlodi barattoli di latte, Segue un altro ciclista che suona il campanello urlando: «GiomàlaiOl Taim of In�dia! Uinduslan Taim! Giornalaio!». Sento il fruscio del giornale spinto sotto la porta. Resto in poltrona. La brezza mattutina diffonde la luce dell'alba nella camera. E' fresca, fragrante, pregna di amarezza e malinconia; è la baad-i-saba la brezza mattutina sacra agli innamorati. Sono tornato nella mia ama�ta città. Apro l'ilinduslan Times e mi metto comodo. In prima pagina c'è la foto della (Imma bianca che ieri notte è scesa con me dall'aereo. «Lady Iloiiy-Toity è contenta di essere tornata a Delhi» Kcco chi è! E' venula a raccogliere materiale per un libro di archeologia. 1" ospite del presidente alla Residenza Kashlrapati. Do un'occhiata ai titoli e guardo le foto. Il mio cuoco entra con un ghigno di benvenuto, Gli do l'orolo�gio giapponese che ho comprato per lui. Il suo ghigno diventa un sorriso. Mi passa un tazzone di caffé e mi chiede se sarò di ritorno per pranzo. No, E per cena? Si, ma potrei arriva�re lardi; lasci pure pronto sul lavo lo, Cosa vorrei? Ilo capilo che sta pensando a Bhagmati, Lei mangia solo indiano mentre io angle-india�no: ishtoo oppure sawsel con kaslilar per puteen. Non ho idea di come, dove e quando incontrerò Bhagmati. Ma non ho intenzione di dirglierlo, cosi gli rispondo: «Oualsiasicosa». Esce costipato dalla curio�sità. E' ora di raggiungere Delhi. Una doccia veloce ed esco sulla mia Hinduslani Ambassador. Hanno cambiato i nomi ad altre strade e piazzali, I Windsor, York, Cannino a Harding sono stali rimpiazzati dai Tilak, l'atei, Azad e Nehru. CI sono bandiere rosse dan vali al distributo re di benzina e ire uomini che urlano «Morte al benzinaio». Bandie�re rosse davanti alla casa di riposo del dottor Sen. Sei uomini strepita�no: «Morte ai dottori». Bandiere rosse di fronte al ministero dell'Agri�coltura. Quattro uomini inghirlan�dati siedono a gambe incrociale sul prato. Davanti a loro, un manifesto che dice: «Quarto giorno di Sciopero della Fame a Staffetta». Una proces�sione con bandiere arancione sfila per Parliamont Street urlando: «La nostra religione e il nostro Paese sono una cosa sola. La vacca è nostra madre. Morte ai mangiatori di vacca». Sui prati di Connaught Circus è in corso un raduno politico. Lo speaker urla al microfono: «Urla�te in coro Vittoria all'India», La folla obbedisce: «Vittoria all'India». L'uomo al microfono non è soddi�sfatto. «Non va bene. Non potremo mai combattere quei porci dei cinesi con voci cos�fiacche. Fate sentire la vostra voce fino a Pechino, Urlale in coro: Vittoria all'India». «VI'ITOUIA ALL'INDIA». I porci pechinesi si faranno quattro risale. Con dei nemici come gli indiani non perdi neanche l'umorismo. Parcheggio l'automobile di fronte al banco dei venditori di «antichità» tibetano su Janpath (già Queensway), il solito gruppo di turisti americani contral�ta per la solila cianfrusaglia di rame e pietra. Il solito stuolo d'indovini sikh ripete lo stesso tipo d'idillio e avventura agli stranieri. Un tipo noia la mia t-shirt Mars-atulSparks, «Voi venite dall'estero e tornerete presto all'estero», mi assi�cura. «Datemi un minuto e vi narre�rò le vostre storie d'amore. Una donna ricca e bianca si sta innamo�rando di Voi, Vi dirò il nome. Vi dirò come conquistare la donna e molta fortuna». Gli rispondo in panjabi. «Va' a dire (pjeste cose agli america�ni. Noti ho soldi io». Conosce il suo pollo. «Soldi?» fa una smorfia indi�gnato. «I soldi sono sporcizia. Voi, gran i'uluro. Molle ricchezze. Molte storie d'amore con donne straniere. Ma una stella malvagia vi blocca. Chiudete la mano». Senza pensarci sopra, serro il pugno. «Visto» dice trionfante. «La stella nera! Datemi solo una rupia. Dagli americani ne prendo dieci, vi dirò come sconfigge�re la stella nera». Gli do una rupia e mi istruisce nell'arte della seduzio�ne delle donne straniere. «Signore, il nome della Vostra fiamma inizia per J.H.T, Vero?». Non conosco nes�suna donna con le iniziali J.H.T, Lui prosegue: «Quando acchiapperete la signora bianca con le iniziali J.H.T, ricordatevi di Natha Singh. astrologo indovino di fama mondia�le». Arrivo alla caffetteria della coo�perativa AH India, Altre bandiere rosse. Uno striscione dice: «Rispon�dete alle nostre richiesto». Un uomo passa un ciclostilalo con la lista. Lo avvolgo al dito e glielo restituisco con un gesto osceno. Lui risponde ai miei omaggi. Antipatico! Rivolgo lo sguardo alla calca rumorosa. Non e è nessuno che co�nosca. Compro una copia di Delhi Underworld dal banchetto dei gior�nali, afferro un tavolo non appena si libera e vi inclino contro tre sedie. M'immergo nella mia razione setti�manale di scandali di Delhi. Un ministro del Gabinetto (il nome sarà rivelalo la prossima settimana) ha messo incinta la nuora. Un bel caso di nepotismo! E un servizielto gra�tis per il figlio! «Le rivelazioni di una ragazza di Connaught Circus». La poveretta lamenta il maltratta�mento ad oliera dello staff indiano in un'ambasciata africana. Sostiene che gli africani sono attrezzati me�glio rispetto agli indiani. E pagano anche di più. Un ragazzo del college scrive una lettera lamentandosi di esseri; slato violentato dalla matri�gna durante un'assenza del padre per lavoro. Il direttore aggiunge una nota a pie pagina in corsivo: «Come hai fatto a mettere il tuo strumento nello stesso posto in cui lo ha messo tuo padre che li ha dato la vita? La tua matrigna e la vergogna della femminilità indiana». Promette di dare istruzioni sul come comportar�si con tali donne nel prossimo nume�ro. Inizio a sbavare per i disegni delle camicione. E con un seno che ricorda le sporgenze dei paraurti delle macchine americane. Por il prossimo numero promette anche una divulgazione senza veli dei fatti all'inlemo della prigione Tihar (la sezione femminile), Bha^hmali me ne ha raccontate parecchie. E' finita a Tihar un boi po' di volle. Vedo arrivare due del nostro giro, Uno è fotografo, l'altro giornalista. En�trambi dichiarano di essere i miglio�ri conquistatori di Delhi. Mi scorgo�no e mi vengono incontro a braccia aperte. «Ciao, ciao. Come sta il Piccolino?» chiede il fotografo, dan�domi una pacca sull'inguine. «Ha fatto il suo dovere con le signoro?». Colgo la mosca al volo: «E come se la passa lo stallone di Delhi?», Fa spallucce, «Niente azione da quindi�ci giorni. Io faccio capo al mio motto; quando trovi una donna fornica so non sei celibe. Nessun auto-abuso, nessun ragazzo, nessun ermafrodita», Questo ò un colpo basso per me, E tu, o grande arrivista della penna, come se la spassa il tuo minareto?». E' un ragazzo grande e grosso con una crescila pubica sul volto. Anche lui mi risponde in versi: «Se mi capila di acchiappare una donna copulo. Se non mi capila mi masturbo. Nessun rimpianlo. Il Grande Guru è nell'alto dei cieli e il mashooka è nel mio letto». Strappa via un pelo dalla barba e lo esamina con distacco filosofico. Un terzo amico si unisce a noi. E' un impiega�lo della divisione superiore del ministoro della Difesa. Sta utilizzando il suo congedo per molivi di salute ancora inutilizzato. Disapiirovaque�sto tipo di discorsi. (Cinque milioni di indiani stanno morendo di fame nel Bihar e voi non fate altro che pensare alle donne». Scuole il piede e poi muovo la gamba a strappi come uno schiaccianoci. Appoggia il piede sulla sedia e continua a oiverlirsi. Dal suo grosso culo scappa una scorreggia: poonh. E' imbarazzato. Appoggia il piede a terra e chiedo scusa: «Scusato, ho schioccalo la lingua». Arriva un altro dei nostri amiconi. E' un politicante; è il no�stro esperto di politica. E' diventato famoso nell'ultinia carestia organiz�zando il movimento «rinuncia-adun-chappati(focaccia)-alla-sotlimana». Sta ora progeilando una simile campagna per la pianificazione fa�miliare basata sullo slogan: «Se vuoi avere una buona sorte: una sola alla settimana». Lo slogan non è ancora decollato dal suo letto. Ritorniamo al sesso, corruzione, inefficienza e i 5 milioni che muoiono di fame nel Bihar. Beviamo parecchie tazze di caffè o sgranocchiamo vari piattini di noci cu acagiù. Il mattino passa così. Sono colto da pesante depres�sione. Mi conpedo dai miei amici della caffeltena e guido per Ring Road che gira intomo alla vecchia città. Costeggio il muro della città settecentesca o la moschea di Zeenal Mahal, Rallento al crematorio eleltrico. Nessun cliente, niente fu�mo. Proseguo verso gli archi dei tre ponti sullo Jumna in direzione del campo crematorio Nigambodh Ghat. Parcheggio e poi entro. Che è successo agli abitanti di Doliti? Non muoiono neanche più come una volta! C'è solo una pira che brucia e tre mucchi di cenere ancora accesi. Nessuno che piange. Cammino fino alla sponda del fiume per vedere so li trovo vita. Che scena! Giù per i gradini che scondono al fiume c'è un cadavere avvolto in un lenzuolo rosso. Una dozzina di uomini e donne urlano battendosi il petto. Un sacerdote bramino li spinge da par�lo, intona una cantilena astrusa in sanscrito e spruzza acqua sul corpo. Un uomo di mezza olà ne scopre il volto. Si tratta di una giovano ragaz�za bianca come la cera e in sonno profondo. L'uomo ne fissa il volto, piange e scuote il capo incredulo. Una donna dall'altra parte del corpo le schiocca vari baci sulla fronte afferrando la ragazza con lo braccia. Altre persone allontanano gontilmento la coppia in lutto o coprono il volto del cadavere. Il sacerdote apre il palmo. Qualcuno gli dà una rupia. Egli guarda con disdegno la moneta d'argento e poi sale su per i gradini con i suoi rumorosi sandali di legno. Mentre piangono, gli altri sollevano il feretro e lo seguono. Appoggiano il cadavere a terra e preparano una piattaforma di ceppi. La coppia di mezza età cessa il pianto. La donna si getta la cenere sui capelli e si colpisce la testa con entrambe le mani urlando: «Hai! Hai! Hai!», L'uomo scopre nuovamente il volto della ragazza morta, fissa assorto per un minuto e poi geme: «Hai Rabba!», Non riesce a distogliere lo sguardo dalla figlia morta. Stringe le braccia e le gambe della ragazza, l'accarezza sotto i piedi. La pira è pronta. Il cadavere è sollevato e deposto sulla legna. Sistemano sul corpo altra legna e gambi di pampa e ci versano sopra burro chiarificato da un vassoio di rame. Un uomo accende un bastono con una matas�sa di stracci imbevuta nel kerosene e gira intomo alla pira con la torcia. Un altro prende un palo di bambù appuntilo, ravviva la pira scintillan�te e scoppiettante, cerca il capo della ragazza morta e l'affonda nel teschio, I genitori celano il volto nella polvere, schiaffeggiano il suo�lo e piangono. L'espresso da Calcut�ta sferraglia sul ponte d'acciaio sullo Jumna dirollo verso la stazio�ne di Delhi. Lascio il Ghat Nigambo�dh con il calore delle fiamme sul volto e l'inutile grido doi genitori addolorati che mi rimbomba nelle orecchie. Il vero dolore esiste! Si conficca noi cuore come un ago. Al loro posto, so non fosso per la grazia di Dio, potrei essere io a versarmi polvere sul capo e piangere la morte di mia figlia! Ora, per grazia di Dio, sto guidando la mia Ambassador verso casa! Che cosa sono i miei malumori, invidie e frustrazioni a paragone delle persone che mi sono lasciato dietro! Loro torneranno a casa e sentiranno la mancanza della figlia. Io andrò a casa e berrò il mio Scotch. Budh Singh (il porlierel mi aspetta. Mi saluta con la verga in mano. Mi sforzo di non rimanere imbarazzato. Si avvicina e mi confi�da: «Mi scusi, signore, il suo erma�frodita è venuto per vederla. Gli ho detto che non eravate ancora torna�to dall'estero. Spero non siate arrab�biato con me. Prendetevi una don�na, un ragazzo, ma un ermafrodita». Potrei prendere Budh Singh a ceffo�ni sul volto. Invece chiudo la porta e mi preparo un drink, Delhi è così. Quando la vita ti prende troppo, non devi far nient'altro che passare un'ora al Ghat Nigambodh, guarda�re come mettono nel fuoco i morti e ascoltare le loro famiglie piangere. Allora puoi tornare a casa e giù un paio di sorsate di whisky. A Delhi, la morte e l'alcol rendono la vita degna di essere vissuta. (Traduzione di Pier Paolo Piciuc�co) «Quando acchiapperete la dama bianca con le iniziali J.H.T ricordatevi di Natha Singh indovino di fama mondiale» «Se la vita ti prende troppo, passa un'ora al Ghat, guarda come mettono nel fuoco i morti esenti il pianto delle famiglie»...

Luoghi citati: Delhi, Ghat Nigambodh, India, Pechino