Tra favola e orrore l'America della Lagorio
Tra favola e orrore l'America della Lagorio Tra favola e orrore l'America della Lagorio PIÙ' racconto lungo che ro�manzo breve quello che Gina Lagorio ha appena pubblica�to da Rizzoli con il titolo «L'arcadia americana», vale a dire la sorpresa di un capriolo che saltella ai bordi della strada di Newark, un leprotto che sfreccia in un parco del New Jersey, l'atmo�sfera ovattata del campus universi�tario di una cittadina come New Brunswick, degna di «Piccole don�ne», il «selvaggio naturale» del�l'Oregon, l'eden di un giardino padronale strepitoso (come un «Monet vivente»! in un posto della California, L'America, insomma, che conti�nua a spiazzare e a illudere, la stessa che non smette di vivere a contatto con la soglia non tracciata dell'or�rore metropolitano. Gina Lagorio mette a frutto i suoi viaggi americani in una storia in cui l'esperienza vissuta non fa che depositarsi sull'alter ego del prota�gonista inventato: un fotoreporter torinese di quaranl'anni, reduce dalla guerra in Kosovo e dalla RECENGio. Te delusione di un amore tradito, trasvolato per un provvidenziale servizio nei campus di alcune Uni�versità americane, da Princeton a Rutgers, appunto, da Rochester a Berkeley, con degli intermezzi più turistici a New York, alle Niagara Falls, a Eugene, a San Francisco. A New York per un itinerario breve che va dalla Quinta Strada al tempio «nuovo nuovo» dedicato a Walt Disney, dal tempio altrimenIONE nni \ o ti spettacolare di St. Patrick alla Grand Central Station. Alle Niagara Falls in atte�sa di Cecilia, una gio�vane assistente italia�na conosciuta a Rutgers, con la quale in�tessere un nuovo per�corso sentimentale. A Eugene per incontrare l'epica ma�rinara del Pacifico. A San Franci�sco per incontrare l'amico Joe conosciuto vent'anni prima duran�te il pri.no viaggio americano, ma anche per assistere ad un party di sottile e non del tutto prevedibile promiscuità fizgeraldiana oppure per avvolgersi nella carezza mattu�tina di una città «disponibile alla vita», cercando nella Columbus Avenue il paperback bookstore «dove Ferlinghelti dialogava con il suo maestro editore Ginsberg». In un percorso di contraddizio�ni stridenti e di confronti detti e sottintesi Gina Lagorio dipana la piccola storia sinteticamente «on the road). di una fonnazione, di una crescita, che non è meno sua che del fotoreporter in cui cala le emozioni più segrete. Nei percorsi del personaggio che dice io, nei suoi andirivieni mentali ed emozio�nali sul «politically correct», dalla questione del Kosovo lontano, di cui quasi nessuno ha vera consape�volezza, alla nostalgia di un'ora di vita che semplicemente avvenga, senza lacerazioni e senza dilemmi, si disegna come una lieve sinopia il filo di un destino che l'autrice contempla nel marasma del nostro «finimondo» come un invito uni�versale: «Accetta quello che c'è, guarda e non prosumere». Un dettato certamente ispiralo a Primi Levi, se è vero che subito dopo si parla di «salvati» e della più terribile delle tentazioni: quel�la di dimenticare chi siamo stati e chi siamo, «ogni giomo un po' di più, ogni giomo un po' più in fretta». E' un caso che nella scena finale dell'abbraccio di Cecilia al�l'amico che riparte sia proprio «cuore» l'ultima parola? UN UNIVERSO CHE CONTINUA A SPIAZZARE E A ILLUDERE LA PICCOLA STORIA «ON THE ROAD» DI UNA FORMAZIONE, IL FILO DI UN DESTINO CONTEMPLATO NEL NOSTRO FINIMONDO Gina Lagorio L'arcadia americana Rizzoli, pp. 108. L. 20.000 ROMANZO Gina Lagorio RECENSIONE Giovanni \ . Tesio
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