Sistema duro, ad alto rischio e alti profitti di Mario Deaglio

Sistema duro, ad alto rischio e alti profitti Nel caso americano le contraddizioni della crescita tumultuosa della nuova economia. Con i guadagni facili precipita il risparmio Sistema duro, ad alto rischio e alti profitti Mario Deaglio UN oggetto misterioso, un sistema che, sotto l'effetto congiunto delle nuove tecnologie e delle nuove rego�le, si comporta in maniera mai pri�ma osservata e ancora largamen�te sconosciuta. Cos�si è trasfor�mata l'economia in questa fase iniziale della globalizzazione. Il «ciclo economico», ossia l'al�ternarsi di fasi espansive, di soli�to piuttosto lunghe, e fasi recessi�ve, di solito brevi, appare sconvol�to. E' come se non ci fossero più le stagioni: sull'economia america�na splende il sole dell'estate espansiva più lunga della storia, e per di più si tratta di un'estate priva di temporali, in cui l'infla�zione miracolosamente non si scalda e della quale non si riesce a intrawedere la fine. Come è possi�bile questo miracolo? Una parte della spiegazione sta sicuramen�te nella mutata natura di quel che si produce: nelle economie indu�striali, buona parte della produ�zione era costituita da beni mate�riali. Prima di essere venduti, questi beni (e le loro parti, duran�te le varie fasi produttive) poteva�no restare in magazzino per tem�pi anche lunghi e, anzi, le fabbri�che per certi periodi «lavoravano per il magazzino» oppure attinge�vano dal magazzino, precedentemente costituito, invece di au�mentare subito la produzione. I cicli traevano origine, in buona misura, da questa sfasatura tra produzione e vendila. Ora, invece, la produzione di un'economia avanzata è costitui�ta, all'incirca per i quattro quinti, da prodotti immateriali e cioè da servizi come trasporto e credito, informazione, prestazioni turisti�che, didattiche, sanitarie, sporti�ve, eccetera. Il risultato di queste attività viene fruito nel momento stesso in cui le attività sono svolte e non è possibile accumula�re alcuna scorta; in questa condi�zione, se l'economia sa aumenta�re le sue capacità di produrre e se le autorità governano bene la quantità di moneta in circolazio�ne, la sfasatura si attenua e, forse (ma non lo sappiamo bene) scom�pare del tutto. Ma come fa l'economia ad aumentare le sue capacità di pro�durre? In buona parte mediante l'aumento della produttività, os�sia della quantità di prodotto che viene ottenuta mediamente da ciascun lavoratore. Ne^li Stati Uniti, e cioè nel Paese in cui il processo di globalizzazione è mag�giormente avanzato, la produtti�vità aumentava normalmente, e abbastanza regolarmente, del�l'I-2 per cento l'anno; questa velociti', di crescita è fortemente aumentata negli ultimi 3-4 anni e si colloca in prossimità del 3 per cento. Un simile aumento spiega gran parte del «miracolo america�no». Perchtj? Nessuno sa spiegare con sicurezza se si tratta di un fatto occasionale, e quindi ripeti�bile, oppure di una modifica strut�turale, a carattere permanente. Secondo gli sludi di Robert Gor�don della Northwestern Universi�ty, uno dei massimi esperti di produttività, questo aumento sa�rebbe concentrato, con tassi pro�digiosi (all'incirca 40 per cento l'anno) nei soli settori informati�ci, mentre negli altri il progresso tecnologico continuerebbe come prima. Ma sono in molti a mette�re in dubbio i dati ufficiali perché misurare la produttività di un'economia di servizi è decisa�mente difficile. In ogni caso, in questi anni, grazie all'aumento di produttivi�tà, la «torta» si allarga e ci sono più redditi per tutti, anche se non equamente distribuiti. Aumenta�no contemporaneamente ricchez�za e disuguaglianza. E' un male? Secondo Richard Posner, che, ol�tre a essere il giudice cui è affida�to il destino della Microsoft, e uno dei più noti scienziati politici degli Stati Uniti, solo dove c'è una disuguaglianza «mobile» c'è vera�mente libertà. Se però la società crea rigide linee di demarcazione che non permettono ai poveri di acquistare professionalità, e quin�di di entrare nella nuova econo�mia, e difendono invece in manie�ra corporativa la posizione privi�legiala dei ricchi, allora le premes�se dell'economia globale rìschiano di essere minate alla base. Se prendiamo per buona que�sta tesi, si deve concludere che la società globale è complessiva�mente abbastanza libera (ma po�trebbe migliorare con investimen�ti molto maggiori nell'islruziono e una grande attenzione a regole eque) ma anche molto dura. La scelta tra «durezza» accompagna�la da sviluppo e «compassione», con sviluppo molto minore e con il rischio di inarginilizzazinne, si pone a ogni Paese v. a ogni forza politica. In definitiva, questo può essere considerato anche il noc�ciolo del dilemma al congresso dei Ds che si aprirà tra poco a Torino, I Paesi più «duri» promettono non sappiamo, per quanto sopra, se per breve o lungo tempo sviluppo, occupazione e profitti. E quindi attirano lavoro, spesso irregolare, e capitali, ormai liberi di recarsi in ojpi parte del mon�do. Non stupisce, quindi, che, negli ultimi anni, i capitali di ogni continente si siano precipitati negli Stati Uniti a finanziare que�sta crescita favolosa. Ogni tre anni, gli Stati Uniti aggiungono alla loro produzione l'equivalen�te della produzione dell'intera Germania; negli anni 90 hanno aggiunto ai loro occupali quasi 20 inilioni di persone, l'equivalente di tutti gli occupati d'Italia. Lo hanno fatto in gran parte con i soldi dei tedeschi, degli italiani, dei giapponesi e di quasi ogni altro Paese del mondo mentre il rispannio delle famiglio america�ne si è ridono ad un'inezia. Per�ché rispamiiaro. so il patrimonio, largamente investito in azioni, aumenta da solo, con il lievitare della Borsa, in maniera straordi�naria? Naturalmente non si tratta dol più slabile degli equilibri. Gli Slati Uniti, anche per l'eccesso di importazioni, accumulano uno squilibrio terrificanle nei loro conti con l'estero quasi 2 mila miliardi por ojjni giorno lavorati�vo e un debito estero pauroso. Basterebbe che i capitali si spa�ventassero davvero perche l'esta�te lunga e dorata dell'economia globale finisse in poche ore conci�tate; non a caso, i banchieri cen�trali stanno cercando di avviare la ripresa anche in Europa e in Giappone per controbilanciare un eventuale crollo americano. Quanto potrà durare un simile squilibrio? E' una delle tante cose che non sappiamo, dal momento che nulla di simile si è mai verifi�cato prima; potrebbe essere que�stione di mesi o di decenni. E intanto l'estate continua, sia pure con qualche brivido come la corre�zione di Borsa che ha inaugurato il nuovo Millennio. deaglioC" econ.unilo.it Navigare su Internet è ormai un grande business. La «new economy» sta cambiando il modo di produrre e commerciare Ma è anche un sistema «duro» ad alto rischio

Persone citate: Richard Posner, Robert Gor

Luoghi citati: Europa, Germania, Giappone, Italia, Stati Uniti, Torino