E il «caro Max» sconfisse Walter di Pierluigi Battista

E il «caro Max» sconfisse Walter DA RIMINI AL LINGOTTO ISSANDO PER IL GOVERhJO DEL POLO E L^ E il «caro Max» sconfisse Walter La sfida interna dopo il tracollo di Occhetto lastoria-2 Pierluigi Battista La (gioiosa macchina da gnor ni» s'inceppò e perse In parlila decisiva del 27 marzo 1994. Non solo veniva rinviata sine die la prima volta dei pidiessini al governo, già rimandata un anno prima quando, con decisio�ne controversa e destinata ad alimentare interminabili pole�miche interne, venne «ritirala» la delegazione di 3 ministri del Pds dal governo di Ciampi, ma sotto la Quercia gelata si arido vicinissimi ni collasso psicopoli�tico. Era arrivato Berlusconi, i post-fasc'sti al governo. Bossi nel cuore di «Roma Inclnma». La carovana dei «progressisti» era .•.!!,, sbando e quando art ivo la bolla micidiale dello (•lozioni europei! con Forza Italia veleg�giarne sul 30 per cento, il l'ds precipitò noi baratro di una crisi di nervi, i uiornal�si scate�narono noi sabba del «toto-lendor». Occorreva il capro espiatorio e ad immolarsi viene chiama�lo proprio lui, Occhetto, che si dimette nel giugno del 1994. «Bicordo elio già dopo le eie /.ioni politiche era venuto da ino un deputato di Gallipoli», racconterà Occhetto in un libro scritto assiomi! a Teresa Bartoli, il sentimento e lu ragione, elio sombra la cronaca minuzio�sa di una congiura ordita dal l'ex numero duo del parlilo liquidato sprezzantemente da Occhetto con una definizione al vetriolo: «Ligaciov», come il fedifrago numero due di Gorbaciov. Sentimenti, risentimenti e diagnosi politiche si mescolano in una requisitoria che trasmet�te fedelmente il senso di una lacerazione umana e politica irrimediabile: «Ciò che ronde conio poltiglia malata la mia esistenza, la mia coscienza e si, diciamolo, la mia anima, fe la sensazione di inspiegabili abbandoni, di sofferti intrighi», scrive a un certo punto Occhet�to. L' il referto di una frattura, l'eco di un trauma che coincido con t'uscita di scena del leader che si era identificato con la svolta della Bolognìna, della line del Pei e della nascita del Pds e che ora apre un capitolo tutto nuovo nella storia del parlilo, un nuovo dualismo de�stinalo ad attraversare l'intera seconda metà del decennio: quello tra Massimo D'Alema e Walter Veltroni. Con procedura inusuale vie�ne indetto un referendum tra dirigenti e amministratori loca�li del partito per decidere chi dovrà assumere la leadership del partito, se il «caro Massi�mo», comi; dico con diplomatico affollo Veltroni di D'Alema, 0 il «caro Walter», come dice con affetto diplomatico D'Alema di Veltroni. Il referendum dice: primo Veltroni con 0.000 voti, secondo D'Alema con 5.000 vo�ti. Ma la partita finale del consiglio nazionale del Pds con�vocalo nel luglio del '94 dice il contrario: segretario ò D'Alema con 249 voli contro i 173 conqui�stati da Veltroni. Recriminazio�ni, scio polemiche, anche rottu�re. «Noi miglioristi ci spaccam�mo», racconta Macaluso, «Bufalini e Umberto Ranieri volaro�no per D'Alema, Napolitano si astenni!, in e Luciano Lama votammo por Veltroni. Scelsi cos�perché ero convinto che con Veltroni ci sarebbe sialo maggioro apertura perii dibatti�lo nel partilo. Temevo che con D'Alema lutto si sarebbe chiu�so: e cos�è slato». Lo figuro di Veltroni e D'Ale�ma sembrano incarnare alla perfezione un dualismo che nel mondo dei media diventerà ben presto uno stereotipo: da una parte il Veltroni «buonista», kennodian clintoniano, amante di figurine e nutelte, cinofilo, ulivisla, «yankee-democrati�co», dall'altra il D'Alema figlio del Partito, uomo d'apparato, erede del realismo tugliutliano, catti vista, manovriero, «social�democratico: . Stereotipi, ap�punto, fatto sia che mentre Veltroni darà il meglio di sé nella campagna all'americana sul piillinan dell'Ulivo assieme a Prodi, D'Alema darà fondo alla sua capacità nella manovra politica cimentandosi nel dise�gno del «ribaltone» del governo Berlusconi, nell'appoggio al go�verno di Lamberto Dini, nel tenlalivo, poi abortito, di forma�re in extremis un governo Maccanteo e poi, dopo la vittoria dell'Ulivo del 1996, riaprendo il canale che i detrattori definiran�no (loir«inciucin» con Silvio Ber�lusconi, con il «patto della cro�stata» e l'accordo, poi deflagra�to, della Bicamerale. Nell'estate del 1995, mentre si procede a uno strappo nello coreografie del partito creando come sfon�do un cielo blu con due bambini paffutelli, D'Alema invita al congresso «tematico» alla Fiera di Roma il nemico Berlusconi. Ma nel partilo affiorano malu�mori, proteste, sordi rancori. «Divenne subilo chiaro che avevano preso la direzione del partilo quelli che avevano subi�lo la svolta della Bolognina non come un modo per sbloccare il sistema politico ma come una dolorosa necessità per non la�sciarsi seppellire dalla caduta del muro di Berlino», osserva Claudio Petruccioli. Si scelse la via del «compromesso istituzio�nale», denuncia in un libro appe�na pubblicalo da Marsilio, Im casa brucia, l'ex portavoce di Occhetto Iginio Ariemma. Men�tre Veltroni è al governo con Prodi, i «veltroniani» accusano D'Alema di aver creato con il suo staff un partito nel partito. Veltroni punta al partito «demo�cratico», ma D'Alema procede a passi forzati nell'acquisizione accelerata di un'identità social�democratica. Nasce il progetto della «Cosa 2» che nelle intenzio�ni dovrebbe sancire la conclu�sione pacifica della «questione socialista», ma a parte Valdo Spini e pochi dirigenti di prove�nienza Psi il grosso dei sociali�sti non entra nella casa comune dalemiana, men che meno Giu�liano Amalo. A Roma, nel feb�braio del 1997, in un congresso in cui campeggia un po' leziosa�mente una massima di Rainer Maria Kilke, «Il futuro entra in noi prima che accada», al termi�ne di un'accesa discussione sul,^ lo Stalo sociale tra D'Alema e il leader della Cgil Sergio Cofferali viene cambiata anche la ragio�ne sociale del partito, che da Pds diventa, abbandonando la P di partilo, semplicemente Ds: Democratici di sinistra. Solo che il cambiamento la�scia intani malumori e dissen�si. i'I Ds o come si chiamano adesso», dico nel corso di un'in�tervista Walter Veltroni. E' un dettaglio, ma un dettaglio che esprime eloquentomonte il gra�do del distacco che una parte della Quercia (sotto la quale è sparito del tutto il richiamo alla falce e martello) nutre oramai per il partito che ha ancora sede, malgrado i ripetuti annun�ci di vendita dello storico palaz�zo, in via delle Boltogho Qscure. Ma il destino ha in serbo per Veltroni la leadership proprio dei Ds «o come si chiamano adesso». Quando nell'ottobre del 1998 cade il governo di Romano Prodi, grazie ai voti dei cossighiani a Palazzo Chigi en�tra D'Alema e a Botteghe Oscu�re rientra Veltroni il quale, tanto per sancire la radicalità di uno strappo, insedia nel cuore della direzione organizzativa del partito, solitamente appan�naggio degli apparati, un «ester�no» cattolico come Franco Passuello. Il resto è dissenso politi�co tra Palazzo Chigi e Botteghe Oscure che si accende e si spegne, si attizza e si placa fino a quando il «caro Walter» e il «caro Massimo» fanno conflui�re le loro preferenze nella mo�zione di maggioranza per il congresso che si aprirà al Lin�gotto. Ma questa è una storia ancora da scrivere. [2-Fine] 1994, il consiglio nazionale rovescia il referendum nelle sezioni E con D'Alema leader nasce lo «staff» Periveltronianiè «un partito nel partito» Il dissenso politico tra Botteghe Oscure e Palazzo Chigi emerge da subito, ma a Torino sarà mozione unica Qui sopra un'immagine simbolo del passaggio di consegne al timone del Partito democratico della sinistra: è il 4 luglio del o il neoelttto segretario Massimo D'Alema stringe la mano al suo predecessore Achille Occhetto 994 E" la primavera del 1996: il governo di Silvio Berlusconi è alle spalle Walter Veltroni e Romano Prodi si candidano a guidare il Paese con l'Ulivo, una coalizione di centrosinistra. Fanno la campagna elettorale da Sud a Nord, a bordo del pullman Vinceranno, e governeranno fino all'autunno del 1998 quando D'Alema sostituirà Prodi E' Il 21 ottobre del 1998: Massimo D'Alema ha appena giurato nelle mani del Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalf aro Nasce il primo governo D'Alema, dopo la clamorosa sconfitta (battuto alla Camera per un solo voto) del governo guidato da Romano Prodi

Luoghi citati: Berlino, Gallipoli, Rimini, Roma, Torino