Camerata DE CHIRICO: bocciato!

Camerata DE CHIRICO: bocciato! Una ventata «revisionistica» scuote la storiografia di destra: i libri di Adalberto Baldoni e Nicola Rao Camerata DE CHIRICO: bocciato! Pierluigi Battista ERA il maggio 1950, cin�que anni dopo la Libera�zione, tre anni dopo la fondazione del Movimento Sociale Italiano. Gli «esuli in Patria», i vinti, gli sconfitti del fascismo che ave�vano deciso di giocare un ruolo politico nella (e contro) la demo�crazia repubblicana cercavano di rimettere radici in un Paese che li aveva messi ai margini. I neo-fascisti scelsero in quel�l'anno di aprire il Fronte uni�versitario di azione nazionale (Fuan). Un dirigente della neo�nata organizzazione, Walter Gentili De Schmidt, «dopo ripe�tute insistenze, convinse il no�to pittore Giorgio De Chirico, con il quale intrattiene un buon rapporto personale, a rea�lizzare un bozzetto per il mani�festo che annuncia la manife�stazione naziona�le degli universi�tari missini». De Chirico accetta l'incarico e rea�lizza un bozzetto in cui sono raffi�gurati Dante, Pe�trarca e Virgilio: «ma al bozzetto di De Chirico (fir�mato dall'auto�re), giudicato da qualche dirigen�te del Fuan "troppo classi�co", ne viene pre�ferito uno più "moderno". Sim�bolo del Fronte universitario di azione nazionale diviene un ber�retto universita�rio sovrapposto ad un libro aper�to». L'episodio, inedito, del boz�zetto di De Chirico inopinata�mente rifiutato dai giovani mis�sini, viene raccontato da un libro uscito in questi giorni di Adalberto Baldoni, La Destra in Italia (1945-1969) dell'Edito�riale Pantheon, ed è interessan�te per almeno tre ragioni. Pri�ma di tutto perché non era conosciuto lo stretto rapporto di De Chirico con i giovani neo-fascisti ancora agli inizi degli anni Cinqanta. Poi perché dimostra il grado di cupo isola�mento di un ambiente cosi diffidente nei confronti delle manifestazioni di cultura «indi�pendente» e cos�autisticamente incapsulato in una disperata sindrome reducistica da non saper cogliere l'importanza di un rapporto con un pittore di fama mondiale come De Chiri�co (basti pensare che di intellet�tuali di un certo prestigio pre�senti nei raduni e nei convegni missini dell'epoca si possono citare soltanto Ardengo Soffici e Gioacchino Volpe). In terzo luogo perché dimostra che si sta finalmente squarciando il velo di silenzio sulla storia della destra neo-fascista italia�na anche con l'uso di documen�ti sinora seppelliti nel chiuso di cassetti inviolabili. Se poi si pensa che contemporaneamen�te al libro decisamente «di par�te» ma documentalmente meti�coloso di Baldoni ne è uscito un altro, Neofascisti. La Destra italiana da Salò a Fiuggi nel ricordo dei protagonisti (edizio�ni Settimo Sigillo) di Nicola Rao, altrettanto denso di testi�monianze inedite e di documen�ti sinora sconosciuti al grande pubblico, si può legittimamen�te dire che l'era del disgelo storiografico si è finalmente aperta anche per la destra ita�liana, la cui storia è stala sinora raccontata o dalla memo�rialistica non di rado autoapologetica dei protagonisti oppure da studiosi «indipendenti» co�me Piero Ignazi i cui studi pionieristici non hanno tutta�via potuto avvalersi di fonti archivistiche purtroppo sottrat�te al lavoro degli storici non di «area». I libri di Baldoni e di Rao dimostrano insomma che una salubre ventata di aria «revisio�nistica» sta scuotendo la storio�grafia di destra. Quello di Rao appare più attento alle irrequie�tezze dell'estremismo di destra orgogliosamente antidemocra�tico e nemico giurato del «liberal-capitalismo» oltreché del co�munismo che ha trovato in Pino Rauti il suo punto di riferimento politico-ideologico (e in Julius Evola il suo guru carismatico). Un libro che non manca di riferire percorsi bio�grafici curiosi, come quello del�l'attuale sottosegretario diessi�no agli Interni Massimo Brutti che negli anni Sessanta fondò un raggruppamento universita�rio neo-fascista denominato «Ordine Umano» e misteri sto�riografici come quello solleva�to dalla testimonianza di fino Rauti secondo cui l'archivio dell'antisemita Giovanni Pre�ziosi fu avventurosamente con�segnato a un sacerdote fasci�sta, ma con un finale sconcer�tante: «il sacerdote si innamorò di una bellissima donna, espo�nente del Pei, e per lei lasciò sia la tonaca che l'ambiente fasci�sta, portandosi però dietro l'ar�chivio di Preziosi, chi! conse�gnò al Pei nei cui archivi credo si trovi tuttora». Il libro di Baldoni ricostrui�sce invece dettagliatamente gli anni che vanno dalla nascita del Msi all'assunzione della se�greteria da parte di Almirante dopo la morte di Arturo Micheli�ni. Ne esce il quadro di un partito tutt'altro che unitario in cui, come ammette Gianfranco Fini nella prefazione, si scontra�vano ferocemente «"gentiliani" ed "evoliani", "cattolici integra�listi" e "cattolici moderali", fau�tori della "sinistra nazionale" e "conservatori", "corporalivisti" e "socializzatori", "duttili" e "intransigenti" nonché i giovani che si battevano per un "movimento d'avanguardia e non di massa" tala da divenire "epicentro dell'opposizione ri�voluzionaria del Paese"». Que�sto conflitto tra moderali ed estremisti, tra rivoluzionari e fautori dell'inserimento nel si�stema troverà in almeno due circostanze occasioni di conflit�ti durissimi. La prima risale al '49 (piando il parlilo si spacca sul volo favorevole al Patto Atlantico, caldeggiato dai mode�rati di Michelini e De Marsani�ch e osteggialo dallo schiera�mento di chi professava un antiamericanismo non meno fervido dell'antisovietismo. Ma le divisioni pili radicali affiorano nella seconda metà degli anni Cinquanta, alla vigi�lia del congresso di Genova del luglio '60, Nella ricostruzione di Baldoni, il tentativo micheliniano si configura (piasi come un'eoperazione Alleanza nazio�nale» anle-lilleram di radicale defascistizzazione missina. Mi�chelini incoraggia la scissione dei rauliani di «Ordine Nuovo», portatori di un radicalismo ideo�logico incompatibile con un par�tito che cerca accordi con la Do addirittura per la costruzione di un centro-destra con i libera�li di Malagodi (ferocemente con�trari) e i monarchici. Impone a un partito recalcitrante e nutri�to di umori anti-sistema la di�chiarazione che il «Msi accetta lealmente la Costituzione», ac�coglie «fino in fondo il metodo democratico» e «non ha mai patrocinalo violenza e vendet�ta». Il tentativo di Michelini, co�me è noto, abortirà con gli scontri del '60 e la fine precipito�sa dell'esperimento del governo Tambrom e inaugurerà negli anni Sessanta una lunga stagio�ne di isolamento rancoroso non immune da tentazioni paragolpisle. Resta la percezione, basa�ta sui documenti esibiti da Bal�doni, di un ruolo decisamente «frenante» di Giorgio Almiran�te, sospeso per lungo tempo tra la fedeltà al rivoluzionarismo anti-sistema del neo-fascismo e la prospettiva di un inserimen�to definitivo nella democrazia repubblicana. Altri libri e altri documenti potrebbero chiarire passaggi ancora oscuri e percor�si politici ancora non racconta�ti. Al padre della pittura metafisica fu commissionato nel '50 un manifesto per il Fuan ma i dirigenti neofascisti lo trovarono troppo «classico» HMsi era un partito tutt'altro che unito, vi si scontravano ferocemente anime diverse: «evoliani» e «gentiliani», cattolici moderati e «integralisti» Qui accanto Gianfranco Fini ai funerali del giovane «camerata» Cecchin, ne! '79. Nella foto a destra il pittore Giorgio De Chirico, primo da sinistra, a una cena del Movimento Sociale Italiano. Il terzo da sinistra è Franco Servello, dirigente storico del partito. Le simpatie del padre della pittura metafisica per la destra erano note, ma inedito è l'episodio del bozzetto rifiutato dal Fuan (il Fronte Universitario di Azione Nazionale) che racconta Adalberto Baldoni nel suo nuovo libro ^ Qui sotto Arturo Michelini, primo segretario del Msi (in piedi) e Giulio Caradonna. A centro pagina il giovane a sinistra è Giulio Maceratine attuale senatore di Alleanza Nazionale In basso a sinistra Giorgio Almirante. Il libro di Baldoni ricostruisce gli anni che vanno dalla nascita del Msi all'assunzione della segreteria da parte di Almirante. dopo la morte di Nichelini. Nel partito in cui confluivano più anime ci furono spaccature profonde in due occasioni: nel '49 quando sul voto favorevole alla Natogli «atlantici'. Michelini e De Marsanich si scontrarono con i fautori di un antiamericanismo non meno forte dell'antisovietismo. Nella seconda meta degli Ami 501 moderati di Nichelini saranno favorevoli alla collaborazione con i liberali e la De, mentre gli estremisti continueranno a coltivare umori «anti-sistema».

Luoghi citati: Fiuggi, Genova, Italia, Salò