Clinton strappa il primo colloquio ai due nemici di Franco Pantarelli

Clinton strappa il primo colloquio ai due nemici Dopo un debutto pieno di silenzi e veti incrociati parte la trattativa a Shepherdstown, in West Virginia Clinton strappa il primo colloquio ai due nemici Per la pace con Damasco Barak chiede agli Usa un gigantesco arsenale Franco Pantarelli NEW YORK La notizia di ieri sui negoziati fra Israele e Siria, è che le due parti hanno cominciato a parlare. Sem�bra una cosa ovvia ma non lo è. L'altro ieri, cioè la prima giornata trascorsa insieme a a Shepherdstown, isolata località fuori Washington, le due parti non ave�vano praticamente aperto bocca. «Ci sono alcuni ostacoli procedu�rali», aveva detto pudicamente James Rubin, il portavoce del dipartimento di Stato, senza scen�dere in dettagli. Ma Ehud Barak e Farouk al-Shara si ignoravano completamente, tanto che il nego�ziato era stato definito «non co�minciato». Perfino nella passeg�giata che l'altro ieri avevano avu�to assieme a Bill Clinton una passeggiata fatta presumibilmen�te a uso dei media, nella speranza che la scena potesse ottimistica�mente richiamare alla memoria la famosa stretta di mano fra Rabin e Arafat con CUnton nel mezzo i due avevano parlato a turno con Clinton ma mai l'uno con l'altro. Gli ostacoli procedurali riguar�davano quali problemi bisognas�se affrontare prima e quali dopo. Secondo i siriani bisognava parti�re dal proposito israeliano di ab�bandonare completamente le altu�re del Golan; gli israeliani negava�no che quel proposito fosse mai stato espresso e ribattevano che nei colloqui preliminari i siriani avevano accettato di parlare in�nanzi tutto dei problemi della sicurezza reciproca. Soltanto do�po avere chiarito quel punto si potrà parlare del ritiro dal Golan, dicevano gli israeliani secondo cui era ancora da decidere se debba essere totale o parziale. Clinton, mentre si accingeva a tornare ieri pomeriggio nella isola�ta località del West Virginia, ave�va ancora una volta manifestato il suo ottimismo. «Credo che le due parti facciano sul serio. Sono sicuro che ambedue vogliono un accordo», aveva detto. E aveva ragione. A un certo punto lo sco�glio è stato superato. Non si sa di cosa si sia parlato prima e di cosa dopo, ma si sa che 0 silenzio è finito. Del resto i funzionari anonimi del dipartimento di Stato, che stanno li apposta per dire ciò che non può essere detto ufficialmen�te, erano stati abbastanza chiari: «E' normale che l'inizio sia cosi. Lo davamo per scontato. Ma non durerà. A un certo punto lo sca�denzario degli argomenti sarà fis�sato». I temi essenziali, ricordia�molo, sono: la vastità della porzio�ne di Golan da cui le truppe israeliane dovranno essere ritira�te (secondo Tel Aviv è da negozia�re; secondo Damasco no, il Golan deve essere abbandonato intera�mente); la possibilità di allacciare fra i due Paesi normali relazioni diplomatiche (cosa su cui la Siria potrebbe avere dei seri problemi intemi); i tennini precisi in cui il ritiro israeliano dovrà avvenire, senza malintesi che poi provoca�no ritardi; come organizzare la sicurezza dei due Paesi dopo il passaggio di mano delle strategi�che colline; come organizzare i diritti sulle acque, che in tutta la zona scarseggiano. Piuttosto, a latere ma non tanto delle discus�sioni, si prospetta un problema fra Israele e Stati Uniti. Il primo ministro Barak ha in serbo per Wahington la presentazione dei suoi «desiderata» per compensare la perdita del Golan, che dal pun�to di vista israeliano costituisce una garanzia di sicurezza. Per conservare la forza attuale nella nuova situazione, dice Barak, Israele ha bisogno di una batteria di elicotteri Apache; di una stazio�ne capace di captare regolarmen�te le informazioni dei satelliti americani; di un numero impreci�sato di missiìi Tomahawk per colpire anche a distanza. In termi�ni di costo, lutto ciò fa 17 miliardi di dollari, cioè oltre 30.000 miliar�di di lire, perché oltre a tutte quelle armi bosogna anche consi�derare la spesa per risarcire i tanti coloni israeliani che in questi trenta anni di occupazione si sono insediati nel Golan e che dovran�no abbandonarlo. Washington non ha ancora risposto a queste richieste (che comunque già c[ualcuno, mormorando, definisce «in�credibilmente esose»), ma certo questo problema rischia di aleg�giare sulla cittadina di Shepherdslown. In pratica, si tratta di lavorare sodo per un accordo il cui costo, poi, rischia di sollevare una disputa durissima. Sembra alquanto probabUe, infatti, che la maggioranza repubblicana, tutta tesa alla riduzione delle tasse, possa accettare di far pagare al contribuente una tale somma.